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64 "colpi" in tutta Italia: smantellate tre batterie di truffatori di anziani|VIDEO

10 misure cautelari e 16 indagati, tra i quali due donne. E' l'esito di un'indagine dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Bologna che ha preso il via dopo la denuncia di una 95enne di Marzabotto

64 gli episodi contestati a tre batterie di esperti truffatori di anziani, 10 misure cautelari e 16 indagati, tra i quali due donne. E' l'esito di un'indagine dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Bologna che ha ha avuto inizio dalla denuncia di una donna 95enne a Marzabotto, derubata di 3.880 euro a gennaio del 2021. 

Gli arrestati, tra i 20 e i 46 anni, dovranno rispondere di associazione a delinquere, ricettazione, truffa, auto riciclaggio e anche, in un caso, di traffico di stupefacenti. 4 misure sono state già eseguite, mentre altri sei soggetti sono ricercati. 

Un risultato possibile "grazie a due elementi: la capillarità dell'Arma e la tempestività dell'autorità giudiziaria bolognese che ha accolto le nostre richieste", ha sottolineato in conferenza stampa il tenente colonnello Giovanni Russo, che guida il nucleo operativo bolognese, anche se in fase di giudizio la competenza sarà demandata al tribunale di Napoli, città di origine di indagati e arrestati. 

I "colpi" messi a segno 

Anche se potrebbero essere molti di più per un acclarata reticenza delle vittime a denunciare, sono stati contestati 64 episodi di truffa in quasi tutte le regioni italiane: 17 in Emilia-Romagna, 9 a Bologna e provincia, 3 a Modena, 2 a Ferrara, 2 a Parma e 1 a Ravenna. E poi 6 in Toscana, 11 in Lombardia, 2 in Umbria, 2 in Basilicata, 1 in Campania, 5 in Piemonte, 1 in Sardegna, 9 in Veneto, 5 in Abruzzo, 3 nelle Marche e 1 in Friuli Venezia Giulia. 

"Le vittime spesso non raccontano i fatti per vergogna - ha detto ai cronisti il maggiore Giuseppe Nardò, capo del nucleo investigativo - spesso siamo noi a chiamarle per convincerle a sporgere denuncia, ascoltare una persona anziana derubata degli ori di famiglia, tocca profondamente, senza contare che il valore dell'oro è spesso più altro della cifra richiesta". 

Le organizzazioni

Tre batterie di napoletani con tre capi: due avevano la sede logistica a Napoli e una a Barcellona. Una struttura ben organizzata, come hanno rilevato i militari, che si serviva di esperti "telefonisti" e di "emissari", ovvero di trasfertisti che intervenivano immediatamente nel caso il raggiro fosse andato a buon fine. Per individuare la vittima: "In una mattinata, prendendo i numeri telefonici delle utenze fisse da internet, facevano oltre 100 telefonate" ha sottolineato il maggiore Nardò.

Il modus operandi: un vero e proprio "call center"

La tecnica è ormai nota: si tratta del raggiro della "cauzione" che, come ribadiscono ancora una volta i carabinieri "in Italia non è prevista".

Le bande avevano messo in piedi veri e propri "call center". I truffatori, che utilizzavano schede telefoniche intestate a prestanome, noleggiavano o prenotavano i mezzi per raggiungere la città-obiettivo e prenotavano un B&B. 

Quindi la telefonata sulla linea fissa alla vittima da parte di un sedicente avvocato per comunicare che un parente era stato arrestato e quindi la richiesta di una somma in contanti o in oro - 3-4 mila euro - per poterlo rimettere in libertà: "Per verificare può chiamare il 112", dicevano ai malcapitati. Non interrompendo la comunicazione, infatti, alla chiamata rispondeva l'ennesimo truffatore che si fingeva maresciallo. 

"Pesare l'oro"

Quando le vittime non riuscivano a reperire i contanti, i malviventi si "accontentavano" anche di ori e preziosi che chiedevano di pesare per due motivi, fa notare l'Arma: "Per raggiungere la somma richiesta, ma anche perché i capi dell'organizzazione non venissero, a loro volta, ingannati dall'emissario".

La refurtiva veniva in primo momento riportata nel capoluogo campano, ma a seguito di due controlli avvenuti in Toscana, l'oro veniva venduto immediatamente e il valore versato su diverse prepagate, sempre intestate a prestanome. 

Le indagini

Se i numeri delle schede con utilizzavano per telefonare alle vittime erano intestate a prestanome, i contatti con i capi erano effettuati con i telefoni personali, come pure il noleggio dei mezzi e la prenotazione degli alberghi: in quel caso dovevano necessariamente presentare documenti, ed è così che, con l'esame dei traffici telefonici, è stato possibile per i carabinieri risalire agli autori. 

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