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Cronaca

Vaccino agli informatori scientifici del farmaco: "In Emilia-Romagna ci lasciano fuori anche se a rischio"

Il presidente dell'associazione Fedaiisf Alberto Bonomo: "Qualcuno ritiene che siano privilegiati perché 15 regioni hanno considerato questa professione a rischio di contagio e quindi l’hanno inserita nella fase uno delle categorie prioritarie per la vaccinazione"

Il piano vaccinale dell'Emilia-Romagna al momento tiene fuori gli informatori scientifici del farmaco: si tratta di quei professionisti che vediamo spesso negli studi dei nostri medici di base e che hanno il compito di tenerli aggiornati sulle uscite di nuovi medicinali e sulle notizie relative all'uso di quelli già in commercio, qualora l'esperienza avesse portato nuovi studi e ricerche su di essi.

L'associazione che ne raccoglie a Bologna almeno 250, la Fedaiisf, segnala un'anomalia che riguarda la nostra regione (oltre ad altre quattro) e il presidente Alberto Bonomo spiega che: "L’Emilia Romagna è una delle 5 regioni che negano la vaccinazione agli informatori scientifici del farmaco e parafarmaco in quanto tali. Qualcuno ritiene che siano privilegiati perché 15 regioni hanno considerato questa professione a rischio di contagio e quindi l’hanno inserita nella fase uno delle categorie prioritarie per la vaccinazione. Il nostro ruolo è stato confuso con altre professioni ed è stato vittima di una cattiva stampa, che ha indotto taluni a identificarlo come uno dei mali della sanità, contribuendo a creare un clima che ha prodotto nell’immaginario collettivo una pessima reputazione".

Quale ruolo hanno gli informatori scientifici del farmaco? "Come specifica AIFA siamo gli unici esclusivamente legittimati a fornire al medico l’informazione sui medicinali. Non siamo venditori, dobbiamo essere laureati e il nostro compito specifico è quello di illustrare ai medici le caratteristiche tecnico-scientifiche dei farmaci che l’azienda per cui lavoriamo produce. Tale conoscenza ci permette di scegliere il farmaco più adatto alle esigenze terapeutiche di ogni singolo paziente. Allo stesso tempo raccogliamo dai medici di famiglia le loro esperienze sugli effetti dei medicinali. Facciamo quella che si può definire farmacovigilanza".  

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Continuate a frequentare gli studi dei medici di base e quindi siete esposti al rischio contagio? "Ci muoviamo innegabilmente in ambienti a rischio visto che i nostri luoghi di lavoro sono ambulatori, ospedali e strutture sanitarie. A causa della pandemia abbiamo introdotto l'opzione di incontro virtuale, ma in alcuni casi non viene presa in considerazione dai medici, che preferiscono riceverci in presenza. Naturalmente fissiamo degli appuntamenti al di fuori delle visite per non intralciare il lavoro con i pazienti". 

Avete a che fare anche con i vaccini in generale e in particolare con quelli anti-Covid? "Sì. Il nostro lavoro implica anche le interazioni tra i farmaci e i vaccini. Quindi anche sul fronte Coronavirus. Fra l'altro ci siamo offerti volontari per aiutare i dipartimenti di salute pubblica a smaltire alcune pratiche e alleggerire così il lavoro. A Modena abbiamo già cominciato". 

Torniamo a quella che ha definito 'anomalia' dell'Emilia-Romagna: quale la situazione vaccini per quello che riguarda la vostra categoria? "In sostanza ad oggi 15 regioni hanno riconosciuto l’attività a rischio degli ISF, mentre l’Emilia Romagna, no. Con questa segnalazione però non intendiamo prevaricare su categorie fragili, ma vorremmo solo essere riconosciuti professionalmente. Vorremmo semplicemente  ci venisse comunicato quando potrà essere il nostro turno di vaccinazione". 

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