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Cronaca

Gioco d'azzardo: 'Dipendenza patologica, ma curabile'. Ecco come riconoscerla e vincerla

Mentre 11 Comuni bolognesi dichiarano guerra al vizio del gioco, con un 'coprifuoco' per l'uso delle macchinette, l'Ordine degli psicologi della Regione dà il suo contributo per favorire l'aumento della consapevolezza sul tema

Dura la lotta al gioco d'azzardo. Nella provincia di Bologna 11 Comuni hanno approvato un'ordinanza per applicare una sorta di 'coprifuoco' per l'uso delle macchinette da gioco. In prima linea il giovane sindaco di Argelato, Claudia Muzic, che aveva ribadito: 'Così miriamo a tutelare soprattutto i soggetti più deboli.  Anche l'intera Regione Emilia Romagna ha da tempo sposato la battaglia, attraverso mirate campagne di comunicazione e un piano integrato "per il contrasto, la prevenzione e la riduzione del rischio della dipendenza dal gioco patologico“, che contempla, tra le altre cose, l'attivazione nelle Ausl di punti di accoglienza e valutazione delle persone con problemi di gioco patologico.

Sulla problematica si esprime oggi anche l'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna. Lo fanno partendo dai dati allarmanti. Secondo i dati della Regione Emilia-Romagna, nel 2014 sono stati 1.277 i soggetti con patologie collegate alla dipendenza dal gioco in trattamento presso il Servizio sanitario regionale, il 15% in più del 2013. E se si prende in considerazione il periodo 2010-2013, l'incremento dell'utenza Sert per gioco d'azzardo è stato del 116,8%. Si stima, inoltre, che siano oltre 10.000 i giocatori d'azzardo sul territorio regionale. 

E' UNA VERA E PROPRIA PATOLOGIA, COME RICONOSCERLA. I giochi d’azzardo - sottolineano gli psicologi - sono quei giochi il cui scopo "è vincere denaro e nei quali il risultato dipende, del tutto o in parte, dalla fortuna piuttosto che dall’abilità del giocatore. Vi sono persone che sono in grado di giocare in modo responsabile e saltuario, liberamente, senza diventare dipendenti. Il gioco d'azzardo rappresenta un problema quando da passatempo diventa dipendenza, configurandosi come un disturbo psicopatologico". Questo tipo di dipendenza si pone lungo un continuum che va dal gioco occasionale, al gioco abituale, fino al gioco compulsivo, cioè dominato da un impulso irrefrenabile al gioco con manifestazioni molto simili a quelle che si evidenziano nella dipendenza da sostanze stupefacenti. 

Il gioco d’azzardo patologico, dunque aggiunge l'Ordine, si configura come "un disturbo caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita.  Il gioco d’azzardo, offrendo una speranza di guadagno economico immediato, può anche essere avvertito come una “soluzione-scorciatoia” alla crisi economica.
I giochi più diffusi sono: videolottery, videopoker, i gratta e vinci, il lotto e il superenalotto, i giochi al casinò, le scommesse sportive o ippiche, il bingo, i giochi on-line con vincite in denaro".

Oggi chiunque sia in possesso di un collegamento a internet e di una carta di credito può, potenzialmente, diventare un giocatore dipendente. Il gioco on-line è estremamente pericoloso da questo punto di vista perché, nel possibile isolamento della propria casa, il giocatore ha l’opportunità continua di accedere al gioco, che diventa in questo modo un rituale solitario e compulsivo.

Ma da che cosa si riconosce il passaggio dal normale svago alla dipendenza? L’insorgenza di quest'ultima - spiegano ancora gli psicologi - "è segnalata da persistente bisogno di giocare, aumento progressivo del tempo e del denaro impegnati nel gioco, investimento al di sopra delle proprie possibilità economiche, abbandono degli impegni quotidiani e compromissione progressiva di tutti gli ambiti della propria vita (la famiglia, il lavoro, il tempo libero…)". In sostanza, l’intera esistenza della persona finisce per ruotare attorno al gioco d’azzardo. 
Spesso si gioca per alleviare stati di malessere psicologico, "preesistenti alla nascita del disturbo, come sentimenti di impotenza, disistima, ansia, depressione derivanti da problematiche personali o relazionali. Un giocatore dipendente è una persona in cui l’impulso per il gioco è incontrollabile, impulso al quale si accompagna una forte tensione emotiva e una incapacità, parziale o totale, di pensiero riflessivo e logico. Il ricorso a ragionamenti apparentemente razionali ha la funzione, in parte, di lenire il senso di colpa e le angosce derivanti. Si può innestare e alimentare un circolo autodistruttivo in cui il giocatore dipendente, quando perde, giustifica il suo gioco ripetitivo col tentativo di recuperare le somme perdute e, quando vince, ripete il gioco affermando di dover approfittare della fortuna".
Il suo stato psicopatologico è accompagnato da una "percezione temporale distorta", caratterizzata da un rallentamento o perfino un blocco del tempo e da una tendenza a percepire in modo distorto le sue sensazioni: tutto viene assorbito dal gioco. Talvolta questa condizione della mente è favorita da un consumo di alcolici o di altre sostanze che, associato al gioco, alimenta la perdita di percezione della propria condotta e della realtà.  

COME VINCERE LA PATOLOGIA. Come tutte le dipendenze, il gioco d'azzardo patologico è curabile, assicura l'ordine degli psicologi, aggiungendo che l’esperienza clinica ha dimostrato che il trattamento dello stadio acuto e la prevenzione delle ricadute sono più efficaci quando si sommano due o più tipologie di intervento, come i gruppi terapeutici, la psicoterapia, l’uso di farmaci e inserimenti in comunità terapeutiche. Ognuno di questi interventi lavora, infatti, su un diverso aspetto del fenomeno complesso che è la dipendenza.
Lo psicologo che prende in carico un paziente dipendente spesso lavora in collaborazione con altre figure di cura. In genere, la psicoterapia si concentra su uno o più di questi focus: aiutare il paziente a riconoscere il suo stato e a condividerlo con le persone a lui più vicine, perché possano costituire una rete di protezione; ricercare insieme al paziente il senso della dipendenza all’interno della sua storia personale e familiare; affrontare gli aspetti della sua personalità che lo mettono maggiormente a rischio di ricaduta, aiutandolo a sviluppare processi che contrastino la dipendenza.

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