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Economia

Calo degli acquisti e negozi che chiudono: "Per recuperare questa crisi ci vorrà una decina di anni"

Il presidente di Ascom non riesce a lanciare messaggi positivi. "Saremmo rimasti aperti, anche a fronte di regole più rigide", mette in chiaro e evidenzia: "Penalizzati proprio i migliori clienti dello Stato"

"La nostra categoria è moralmente abbattuta perchè considerata e ricordata come non essenziale. Siamo però aziende e realtà che danno molto lavoro e contribuiscono al gettito fiscale italiano. Versiamo le tasse e non prendiamo nulla dallo Stato. Questo deve essere necessariamente un periodo che ci lasciamo alle spalle": queste sono le parole del Presidente di Confcommercio Ascom di Bologna Enrico Postacchini, che va oltre l'elenco delle attività commerciali che un po' per motivi economici un poì per ragioni generazionali non riapriranno più la loro serranda. 

L'aria che tira non è delle migliori insomma. Quali errori sono stati commessi dalle istituzioni? Con quali conseguenze?

"Di sbagliato ci sono state tutta una serie di scelte che hanno creato confusione: i protocoli erano chiari, ma poi sono stati smentiti dai Dpcm. - continua Postacchini - A chi ha la fortuna di stare bene di salute è stato impedito di lavorare (e di farlo anche nell'interesse di chi sta male). Ricordo che le risorse si generano se le persone lavorano e si pagano tasse. La disattenzione maggiore è stata quella di non considerare che siamo i migliori clienti che lo Stato possa avere e adesso siamo stati dimenticati e mortificati. Abbiamo avvertito incapacità e risorse inesistenti o insufficienti, pari in alcuni casi a una sola giornata di incasso". 

 Ricordo che le risorse si generano se le persone lavorano e si pagano tasse. La disattenzione maggiore è stata quella di non considerare che siamo i migliori clienti che lo Stato possa avere

Cosa si poteva fare? Quali le categorie più colpite da questa crisi da Covid-19? 

"Abbiamo sempre chiesto di poter stare aperti, anche a fronte di regole più severe. Ma a questo punto ci mettiamo una pietra sopra. Il nostro campione è costituito da aziende seguite, con assistenza dalla cassa integrazione alle moratorie, ma ci sono tante realtà rimaste sole. Le categorie più colpite sono quelle legate al mondo dell'accoglienza e del turismo, dei movimenti delle persone e del commercio al dettaglio, abbigliamento e beni durevoli visto che non c'è socialità e ormai pochissime occasioni per sfoggiare abiti e scarpe nuove". 

Quanto tempo ci vorrà per recuparare questa situazione? Riesce a vedere almeno un aspetto positivo rispetto a quello che abbiamo passato?  Come sarà il futuro?

"Ci vorranno una decina di anni e non sarà facile. Non abbiamo la sfera di cristallo, ma è una previsione verosimile da quello che vediamo. Le consegne a domicilio vanno bene, ma non è applicabile a tutti i comparti. Forse una nota positiva potrebbe essere che si vive più slow. Ma se non siamo più stressati dai ritmi intensi della vita, lo siamo per la mancanza di lavoro. A noi il modello globale con fazzoletti di lusso e periferie orribili non piace anche se grazie al cielo in Italia non abbiamo situazioni così, ma i negozi fisici devono riaprire su strada perchè sono determinanti per la qualità della vita ed è per questo che si vive nelle città e non in un borgo isolato per esempio". 

I negozi fisici devono riaprire su strada perchè sono determinanti per la qualità della vita ed è per questo che si vive nelle città e non in un borgo isolato per esempio

Che messaggio vorrebbe rivolgere ai consumatori?

"Comprando nei negozi sotto casa si sotiene chi ha portato ricchezza al nostro territorio. Sulle varie piattaforme c'è un vuoto normativo che resta irrisolto visto che non pagano le tasse in Italia, nè l'Iva. Questo sistema non è competitivo. Il messaggio che vorrei lanciare ricalca quello che abbiamo divulgato per Natale, ovvero l'esortazione ad arricchire la comunità nella quale si vive perchè rappresenta un'importante ricchezza".  

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