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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Crisi agroalimentare. Confagricoltura: "Pacchetto insufficiente, la crisi climatica aggrava la situazione"

INTERVISTA - Le parole di Guglielmo Garagnani, imprenditore agricolo e presidente di Confagricoltura di Bologna dal 2017

L'ultima novità per fronteggiare l'aumento dei prezzi di energia, mangimi e fertilizzanti, conseguenza della guerra in Ucraina, è un mega pacchetto della Commissione europea che concede quattro milioni di ettari in più da coltivare (per l'Italia 200mila ettari) e 500 milioni di euro agli agricoltori europei. In totale tre tipi di aiuti che saranno applicati fino al 31 dicembre 2022.

I Paesi dell'Unione potranno triplicare i sostegni previsti dai fondi Ue (48,1 mln per l'Italia, che diventerebbero circa 145 in totale). Una boccata d'ossigeno per le associazioni di categoria che soffrono anche nel bolognese, viste le gravi ripercussioni economiche del conflitto su produzione ed export di prodotti agroalimentari. Ma che potrebbe non bastare.

Un insieme di fattori, non ultimo quello della crisi climatica, pesa infatti terribilmente sulle scelte degli agricoltori: i prezzi dell’energia e del gasolio, le commodity necessarie per la zootecnia come il mais prodotto in Ucraina, la mancanza e il costo esorbitante di fertilizzanti e concimi. Ne abbiamo parlato con Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura di Bologna dal 2017.

Qual è la situazione nel nostro territorio?

"Le preoccupazioni che avevamo nelle scorse settimane purtroppo si sono consolidate anche se, in realtà, certe cose potrebbero cambiare abbastanza in fretta nel momento in cui, come tutti ci auspichiamo, si riesca a trovare un accordo che metta fine alla guerra. Diciamo che ad oggi l’agricoltura bolognese è molto sotto pressione dal punto di vista dell’aumento dei costi, che sono fuori controllo, di molti degli input necessari come i concimi, l’urea e i fosfati a lunga tenuta e ovviamente il costo dell'energia per le aziende produttrici di grani vari, orzi e mais e per le aziende zootecniche che producono latte, parmigiano e carne". 

"È una situazione complicata da decifrare perché, mentre da una parte si potrebbe pensare che acquistare oggi concimi ad un prezzo molto alto sarà poi compensato da un prezzo maggiorato quando si venderà il prodotto, in realtà ad esempio produrre l’urea (concime tipico ed essenziale per i grani bolognesi) è talmente costoso, a causa del rincaro dell'energia, che non conviene produrla in loco. In Emilia-Romagna lo sappiamo bene visto lo stop alla produzione da parte dello stabilimento Yara di Ferrara. Insomma, regna l'incertezza e il rischio  per un agricoltore è che poi, per esempio, finita la guerra, il prezzo del grano tenero crolli di nuovo e l'impresa fallisca".

"Idem per le semine primaverili come mais, soia e girasoli: da una parte ci dovrebbe essere l'interesse per seminare più mais italiano perché carente, ma dall’altra il mercato indica di seminare soia o girasole perché sono più premiati dal mercato. Queste improvvise oscillazioni mettono in difficoltà le scelte, al netto del fatto che un imprenditore ha sempre come obiettivo quello di non andare in perdita e mantenere attiva la sua azienda".

Le conseguenze sul locale quali sono?

"Nell'immediato le vediamo sugli allevamenti che già stanno acquistando e vivendo sulla cassa l’enorme aumento dei prezzi. Cosa sta succedendo? Gli allevatori o sono costretti a 'riformare' gli animali che rendono meno, (una sorta di stand-by), ovvero il bestiame che rende meno si mette a riposare in recinti dedicati perché il costo alto impone una produzione minima non raggiungibile. Ad esempio una vacca da latte che fa meno di 25 kg non ripaga quello che mangia: viene in gergo asciugata con fieno e paglia e messa in box all’aperto; lei sta benissimo ma il risultato è che la produzione di latte è ridotta, quindi di conseguenza anche il valore commerciale dei prodotti export come il nostro parmigiano. L'effetto in generale è che il valore dell'export agroalimentare è ridotto". 

A questo si somma una crisi climatica, quali sono gli scenari?

"Sì, l'assurdità è che è quasi più preoccupante il clima viste le gelate che minacciano i raccolti e la drammatica siccità. Diciamo che quello che abbiamo visto nei provvedimenti va in una direzione positiva con la possibilità di coltivare più terreno. Proprio in funzione del cambiamento climatico abbiamo bisogno di varietà di grano, mais e orzo italiani che siano maggiormente tolleranti a questo trend legato all' innalzamento delle temperature e alla siccità. Per contrastarlo non si può far altro che avere colture più varie e resistenti".

"Poi c’è tutto il tema del rincario dell'energia, usando il gasolio per i trattori o l'energia elettrica per gli apparecchi e per gli impianti, anche questo minaccia la produzione agricola visto che attualmente la diminuzione delle accise è minima e non cambierà di molto la situazione".

Il maggior timore qual è?

"La paura è di interrompere la crescita di un settore; il timore di fermarsi o di tornare indietro e poi non ripartire. Soprattutto in settori specifici come la zootecnia oppure per le aziende di essiccazione di foraggi che con i prezzi del metano alle stelle rischiano tutte di chiudere. Parliamo di prodotti spediti in tutto il mondo, se si va avanti così rischiamo perdere impianti interi che danno lavoro a centinaia di persone".

"Sintetizzando: qui c’è un rischio gigantesco per chi sta in mezzo alla filiera, ovvero l'agricoltore, perché si è spinti a produrre ma oggi si fa a costi talmente elevati che non siamo sicuri che saranno coperti nel momento del raccolto. Per evitare che tutti falliscano, bisogna riuscire a coprire il mercato evitando che questo accada".

Via libera Ue alla coltivazione: "Non bastano"

"Il pacchetto di misure per l’agricoltura formalmente varato oggi dalla Commissione europea è una prima risposta per limitare le conseguenze economiche della guerra in Ucraina”, dichiara il presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

"Sarà possibile contenere in qualche misura l’aumento senza precedenti dei costi di produzione ed aumentare i raccolti di cereali e colture proteiche. Saranno, però, necessari nuovi interventi per contribuire ad evitare situazioni di crisi alimentare a livello internazionale", sottolinea Giansanti.

Secondo le stime della Commissione europea, le esportazioni di grano dall’Ucraina potrebbero ridursi di circa 20 milioni di tonnellate nella campagna di commercializzazione 2022-2023. L’export ucraino incide per il 10% sul mercato mondiale del grano. Per il mais si sale al 15%. I Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono particolarmente dipendenti dai raccolti dell’Ucraina per soddisfare il fabbisogno alimentare interno.

"In questo quadro decisamente critico – evidenzia il presidente di Confagricoltura – l’Unione europea è chiamata a salvaguardare tutto il potenziale produttivo dell’agricoltura. La flessibilità autorizzata quest’anno dovrà essere estesa al 2023".

"A livello internazionale – conclude Giansanti – sarebbe opportuno limitare il ruolo che i ‘futures’ sui prodotti agricoli di base stanno avendo sull’andamento delle quotazioni reali. Quelli relativi al grano hanno fatto registrare un aumento del 70% dal 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina".

Il tema della riduzione delle dipendenze strategiche della UE in settori sensibili, tra cui i prodotti alimentari, sarà trattato nel corso della sessione del Consiglio europeo che si apre il 24 marzo".

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