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Giovedì, 25 Aprile 2024
Economia

Bar, pub ed effetto covid: "Spaventano i debiti e che le piccole e medie realtà possano sparire lasciando spazio ai colossi del food e drink"

L'INTERVISTA. Deludente per il settore il DL Sostegni: anche considerando le tranche di contributi a fondo perduto arrivati lo scorso anno si copre meno del 7% del fatturato perso nel 2020. Zucchini, Confesercenti Bologna : "Vedremo chi resterà aperto e chi non ce la farà"

Un anno di chiusure e riaperture a intermittenza, con regole e limitazioni sempre diversi. Nel 2020 la pandemia avrebbe causato la perdita di oltre 300 miliardi di fatturato per gli esercizi pubblici, così come accertato dall’Agenzia delle Entrate e comunicato da Confesercenti a commento del DL Sostegni. Sommando le risorse stanziate dal Decreto Sostegni a quelle distribuite precedentemente, si arriva appena 22 miliardi. Una cifra insufficiente a coprire pure i costi fissi: secondo le stime servirebbero ancora altri 18 miliardi di euro anche solo per recuperare una soglia minima del 10% delle spese. Quale la situazione locale?  Lo spiega Massimo Zucchini, presidente Confesercenti Bologna e gestore del Celtic Druid Irish Pub, che si dice fra l'altro "Favorevole a un lockdown vero,  che come dimostrato serve, piuttosto che a chiusure solo di alcuni settori con il mondo che continua a uscire". 

Zucchini, è possibile dare un'idea della perdita effettiva del settore nell'ultimo, terribile anno? Possiamo quantificare anche i ristori e le agevolazioni varie per capire alla fine dei conti che tipo di recupero avete avuto? Differenze sostanziali fra i sostegni del governo Conte e di quello Draghi?

"La premessa è che il nostro settore è molto ampio e al suo interno ci sono delle differenze, anche sostanziali. Pensiamo per esempio ai bar diurni, che essendo già chiusi normalmente la sera, hanno perso un po' di meno, anche confidando sull'asporto, che comunque non risolve di certo il problema. Chi era aperto a pranzo e a cena con la chiusura alle 18 ha visto una riduzione degli incassi dal 30 al 50%, mentre le attività serali attivano a un -49% di fatturato. Ed è per esempio il caso della mia attività, che posso tranquillamente utilizzare come esempio concreto: nel 2020, rispetto all'anno precedente, ho calcolato una perdita di 510 mila euro. Come ristori mi sono stati riconosciuti 8 mila euro per tre tranches e alla fine ho avuto 31 mila euro sui 510 mila persi. Non abbiamo capito perchè nel calcolo siano stati inseriti anche i mesi di gennaio e febbraio, che erano stati per altro mesi di ottima normalità. E' successo poi che a dicembre i soldini del Bilancio che spettavano al nostro settore sono stati messi nel 'cassetto' e noi li abbiamo aspettati. Poi si viene a sapere che invece che destinarli agli esercenti e basta, serviranno anche per sostenere le partite iva: così, quello che poteva essere un buon ristoro torna ad essere ben poca cosa. Arriveremo a prendere circa l'8-9% delle perdite". 

C'è un particolae che vi ha fatti arrabbiare. Quale?

"La cosa che ci ha fatti letteralmente imbestialire è che nel decreto c'è scritto che verrà calcolato il 60& del fatturato. Poi, scritto subito dopo, dice che tale fatturato va diviso per 12 mesi. 60 diviso 12 fa 5%. Le promesse si sono rivelate una truffa insomma".  

Siete dovuti ricorrere a licenziamenti? Quanti?

"I licenziamenti sono al momento difficilli da valutare. Le attività sono chiuse e non è possibile licenziare: è ancora tutto congelato, con le casse integrazioni che vanno a sostegno dei dipendenti. Il problema arriverà quando si riaprirà il mercato (certamente con delle limitazioni) perchè è evidente che tutto il personale che prima era necessario, sarà poi in esubero. C'è da pensare poi a tutto quello che sarà cambiato: la gente avrà modificato le sue abitudini, forse non disporrà più di tanto denaro, ci sarà una forte crisi nel mondo del lavoro...". 

Locali chiusi a Bologna, le risultano?

"Lo vedremo poi chi non ce la farà a riaprire. Adesso siamo tutti chiusi. Sono stati fatti dei tentativi con asporto delivery, ma è stato subito evidente che era più la perdita che il guadagno e adesso molte attività non fanno neppure più quello". 

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Come è cambiato il modo di lavorare suo e dei suoi colleghi nell'ultimo anno? Cosa cambierà in futuro? 

"La cosa davvero dell'ultimo anno è stato questo tira e molla fra chiusure e aperture a metà. Non siamo riusciti a programmare nulla e ci siamo ridotti a lavorare organizzandoci in tempi brevissimi e buttando via un sacco di roba. Abbiamo dovuto lavorare sprecando cibo e bevande per mesi. Sarà nuovo anche tornare a lavorare ogni giorno. Sulle modalità delle aperture che saranno, non abbiamo nessunissima idea e questo non ci fa vedere certo il bicchiere mezzo pieno". 

Se il governo ha sbagliato, come potrebbe rimediare? A livello locale vi siete sentiti sostenuti dall'amministrazione? 

"Chiediamo che ci diano più soldi per coprire le perdite perchè oltre tutto ci siamo anche indebitati. Per il futuro si potrebbe pensare a delle formule di defiscalizzazione totale, stessa cosa per i rapporti lavorativi. Bisognerebbe ripensare un po' a tutto, tasse comprese. La convinzione è che le condizioni non ci permetteranno di guadagnare e le prospettive del settore sono scarse. Speriamo tutti nei vaccini. A livello locale abbiamo ottenuto il suolo pubblico e lo sconto della Tari, un buon aiuto. Ma siamo tutti sulla stessa barca, la situazione economica è sempre più pesante. Sembravamo così ricchi e invece non è così". 

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Tornerà la Bologna delle serate al pub, dei biassanot, degli studenti e dei turisti? Quali sono i timori?

"Non prima dell'anno prossimo, ma questa è una speranza legata al piano vaccinale. Quello che spaventa è l'aumento dei debiti e la paura che le piccole e medie imprese che caratterizzano il nostro paese e il nostro modo di vivere possano sparire per lasciare spazio ai colossi un po' come succede negli altri Paesi. Per intenderci: invece che baretti e ristorantini a conduzione familiare, solo grandi brand del food e del drink". 

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Cosa potrebbe cambiare rispetto alle abitudini dei bolognesi?

"Potrebbe rinascere la periferia. Si tende a stare nei pressi della propria abitazione per ragioni adesso ovvie, ma la tendenza potrebbe poi restare questa". 

Un'ultima considerazione?

"Abbiamo perso una buona occasione per limitare il nero. Si è scoperto che non siamo degli evasori visto che tutti i calcoli sono fatti sul battuto. E l'amarezza sta anche nel fatto che se volessimo vendere le nostre attività, oggi non varrebbero nulla". 

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