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Economia

Crisi cooperazione edile: 'A rischio oltre 6.500 posti e migliaia di lavoratori dell'indotto"

L'allarme arriva dalle sigle sindacali - Feneal-UIL, Filca-CISL e Fillea-CGIL - che hanno chiesto ed ottenuto la creazione presso la Regione del tavolo di crisi per il comparto: 'Indispensabile trattare la crisi del settore come un'unica grande riorganizzazione d'impresa'

"La crisi della cooperazione edile in Emilia-Romagna ha assunto dimensioni ed effetti che non possono più essere gestiti affrontando le singole vertenze aziendali senza una visione strategica di insieme". Per questa ragione ora si auspica un "confronto di sistema che tracci in maniera chiara cosa debba essere nel futuro l'insieme della filiera, come si ristruttura, quali strumenti utilizza per riorganizzarsi, come gestisce gli effetti sull'occupazione".

La richiesta arriva dalle sigle sindacali Feneal-UIL, Filca-CISL e Fillea-CGIL che ha chiesto ed ottenuto la creazione presso la Regione Emilia-Romagna del tavolo regionale di crisi della cooperazione edile. Con lo stesso obiettivo si è svolto un primo incontro al MiSE che ha istituito un tavolo tecnico per entrare nel merito delle proposte per affrontare in termini strutturali la crisi.
Fillea – Filca – Feneal e Confederazioni ER promettono di affrontare i prossimi appuntamenti (tavolo regionale e tavolo tecnico al MiSE) con una propria proposta organica rispetto alla quale chiedono a tutti i soggetti coinvolti un chiaro sostegno all'iniziativa; a partire dal movimento cooperativo nel suo complesso ed in particolare alle singole cooperative edili (gruppi dirigenti e basi associative) dei territori dell'emilia romagna.

"La riorganizzazione della cooperazione edile emilianoromagnola - sottolineano in una nota i sindacati -  deve intendersi come un unico processo che coinvolga l'insieme delle cooperative del settore della regione. E' necessario pertanto un progetto industriale organico che preveda la concentrazione nel numero dei soggetti economici, producendo percorsi di accorpamento e nel contempo di specializzazione: tra le specializzazioni di filiera e di settore è prioritario partire da quelle già presenti in regione (ad esempio le imprese produttrici di infissi)".

Per le sigle sindacali, il piano industriale dovrebbe essere supportato da un Accordo Quadro sottoscritto tra OO.SS., Associazioni della Cooperazione, Regione Emilia-Romagna, Ministeri coinvolti. Il progetto di riorganizzazione "si basa sulla necessità di accorpare e ridurre a filiera corta regionale il sistema cooperativo edile dell'Emilia Romagna. L'accorpamento può avvenire per fusioni o attraverso la costituzione di nuovo soggetto che, attraverso le norme che regolano le procedure concorsuali e le cessioni (che non possono essere derogate), funge da “coordinatore” del sistema cooperativo edile".
Questo progetto - rimarcano le OO.SS. - necessita di essere accompagnato da un sistema di tutele sociali per gestire gli esuberi, la ricollocazione e la riqualificazione delle lavoratrici e dei lavoratori interessati.

"Poichè riteniamo -che sia indispensabile trattare la crisi della cooperazione edile dell'Emilia Romagna come un'unica grande riorganizzazione d'impresa - chiosano Fillea, Filca e Feneal  - riteniamo che possano essere utilizzati gli strumenti applicabili a questa fattispecie. Pertanto le cooperative che aderiscono alla riorganizzazione entrano nell'ambito dell'applicazione dell'accordo quadro ed accedono agli strumenti in questi casi applicabili: ossia attivare la cassa integrazione straordinaria (ex 223/91) per  per ristrutturazione/riorganizzazione “complessa” che prevede un periodo iniziale di 24 mesi, prorogabili di 12 mesi in 12 mesi per altri 24 mesi; prevedere inoltre che la stessa possa avvenire anche attraverso la fusione in una newco che rileva le attività nell'ambito delle procedure concorsuali eventualmente attive".

Questa, in sintesi, la proposta che sarà dettagliata sul tavolo regionale in previsione dell'avvio del tavolo tecnico ministeriale. Questa, "l'unica alternativa realistica che oggi i sindacati vedono è che "si continui ad affrontare il problema caso per caso, attraverso una selezione darwiniana delle imprese che rischia di far perdere definitivamente un pezzo importantissimo della struttura economica di questa regione mettendo a serio rischio gli oltre 6.500 posti di lavoro diretti e le migliaia di lavoratori dell'indotto".

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