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Economia

Ucraina, la guerra delle imprese, Confartigianato E-R: "Si rischia un lockdown energetico"

Shock dei prezzi, costo dell'energia insostenibile. Le misure del Governo per arginare il prezzo dei carburanti e rateizzare le bollette sono efficaci? L'analisi di Confartigianato Emilia-Romagna: cosa rischiano le imprese di casa nostra

Come si riflette il conflitto in Ucraina sull'economia globale e locale? Impennata dei prezzi, mercati sconvolti, carenza di materia prima, ma non solo anche la "difficoltà a reperire manodopera. Ben prima della guerra in Ucraina l’economia nazionale e con essa anche quella regionale erano in grande sofferenza nonostante il periodo di forte ripresa. Ora il conflitto scatenato dalla Russia sta aggravando in maniera esponenziale la situazione".

E' l'analisi di Confartigianato Emilia-Romagna: “Le violente sollecitazioni sui costi delle commodities indotte dagli effetti del conflitto scoppiato lo scorso 24 febbraio nel cuore d’Europa mettono sotto pressione una ampia platea di imprese – afferma il presidente Davide Servadei -. L’analisi dei dati del nostro centro studi mette in evidenza come in maggiore difficoltà si collocano i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. In questi comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile, costringendo al fermo dell’attività. Nello stesso tempo la nostra preoccupazione si allarga anche all’ambito famigliare dove le bollette praticamente raddoppiate e il caro carburanti stanno mettendo a dura prova i bilanci famigliari”. E non dimentichiamo di certo i due anni di pandemia. 

La guerra e le imprese in Emilia Romagna

“Ben vengano le misure che in questi giorni il Governo sta mettendo in campo, ma il rischio è che siano di corto respiro. Di fronte a dinamiche di questo genere la diminuzione del costo di gas e benzina per poco più di un mese, così come la rateizzazione delle bollette sono dei palliativi che non risolvono il problema. Ora è necessario proseguire con interventi strutturali per riequilibrare il peso degli oneri in bolletta e per rafforzare il sostegno all’autoproduzione di energia”, conclude Servadei.

La "guerra" delle imprese emiliano-romagnole: i numeri

Secondo i dati di Confartigianato Emilia-Romagna, sono coinvolti oltre due quinti (41,5%) degli occupati del sistema produttivo emiliano-romagnolo, quindi quasi 103 mila imprese, la quasi totalità con meno di 50 addetti (98,6%), con 677 mila addetti, oltre la metà (58,9%) occupati in micro e piccole imprese (Mpi).

A livello provinciale si osserva un maggior coinvolgimento del sistema produttivo nei settori maggiormente sotto stress a Modena con il 47,9% di occupati coinvolti nelle imprese e Piacenza con il 46%, rispettivamente terza e quarta provincia più esposta in Italia dopo Prato (55,7%) e Vicenza (48,7%). Bologna fa registrare il 35,6% degli addetti. 

I più colpiti, secondo il report, sono i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti con un divario tra costi e ricavi "insostenibile" che costringe anche al fermo delle attività. 

"A due anni dal lockdown sanitario - osserva l'associazione - siamo arrivati al rischio di lockdown energetico per 2.123 imprese con 52.869 addetti, di cui sono 1.929 Mpi con 15.481 addetti. Il caro-carburanti colpisce il trasporto merci e persone, già colpito pesantemente con la pandemia, comprimendo i margini per 11.983 imprese con 82.775 addetti, di cui 11.773 sono Mpi, con 40.644 addetti". 

Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina, associate a costi crescenti delle forniture, coinvolgono le imprese nei settori dell’alimentare, dei metalli e delle costruzioni, un perimetro in cui operano 54.254 imprese con 242.842 addetti, di cui 53.829 sono Mpi con 170.281 addetti, rileva Confartigianato. 

Nel 2021 le imprese emiliano-romagnole hanno venduto sul mercato russo principalmente macchinari e prodotti della moda, settori nei quali si sommano 7.961 imprese, di cui 7.492 Mpi, con 139.660 addetti, di cui 52.151 in Mpi. Altra componente che verrà a mancare sarà il turismo russo, che assicura un indotto a 26.330 imprese con 158.909 addetti, di cui 26.237 sono Mpi con 120.375 addetti.

Cosa rischia l'economia bolognese

Secondo i dati della Camera di commercio di Bologna, le esportazioni delle imprese bolognesi verso la Russia incidono per il 2,7%. Bologna copre il 30% delle esportazioni regionali verso la Russia e incide per il 6% su quelle italiane. La metà dei beni realizzati a Bologna e venduti in Russia sono macchinari e apparecchi meccanici (oltre 115 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2021), seguono i mezzi di trasporto (oltre 76 milioni di euro), sostanze e prodotti chimici (poco meno di 32,8 milioni), i prodotti del comparto moda (32 milioni di euro). Nel 2021 c’è stata una netta diminuzione nell’export dei prodotti alimentari.

Si tratta di circa 338 milioni di merci esportate nei primi nove mesi del 2021 (i dati definitivi del 2021 non sono ancora disponibili), ed ammonta a poco meno di quanto le imprese bolognesi avevano esportato verso la Russia in tutto il 2019, quindi prima della pandemia.

Il valore provvisorio del 2021 è in crescita del 30% rispetto al 2020, soprattutto grazie ad un forte aumento nelle esportazioni di articoli farmaceutici e medicinali.

Dalla Russia nei primi nove mesi del 2021 le imprese bolognesi hanno acquistato 12,6 milioni di euro, prevalentemente sostanze e prodotti chimici, legno e prodotti in legno, carta, articoli in gomma e materie plastiche.

Il peso delle esportazioni bolognesi verso l’Ucraina è pari ad un terzo rispetto a quelle verso la Russia. Si tratta di poco meno di 135 milioni di euro nei primi nove mesi del 2021, di cui quasi la metà in prodotti alimentari. Le macchine ed apparecchi meccanici pesano per 33,4 milioni di euro di prodotti venduti in Ucraina fra gennaio e novembre 2021.

Nello stesso periodo le imprese bolognesi hanno acquistato dall’Ucraina per poco più di 5 milioni di euro, di cui 1,7 milioni di prodotti alimentari.

Il "caso" Centegross

Nel bolognese, il Centergross, il più importante polo europeo del 'Pronto Moda Made in Italy', ha sempre lavorato molto con la Russia e oggi risente fortemente del vento di crisi dell'export in Russia che rappresenta il 30% .

Infatti delle 700 realtà presenti all’interno del Centergross, per un fatturato aggregato di circa 5 miliardi e 6mila lavoratori al netto dell’indotto, il 70% opera nel settore fashion, un giro d’affari che sfiora il miliardo all’anno. Senza contare la difficoltà di spedizione, con la merce bloccata nei magazzini. 

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