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Imprese e caro energia, il sistema E-R tiene (per ora)

Solo il perdurare della crisi energetica potrebbe far da ostacolo alla performance economica del tessuto produttivo della regione. Il report di Confindustria

Solo il perdurare della crisi energetica, con i prezzi delle bollette alle stelle, potrebbe rovinare i piani delle imprese emiliano-romagnole, che nel 2022 sembrano intenzionate a confermare la propensione agli investimenti dimostrata nel 2021, che si era chiuso con una crescita del 35,4% e un'incidenza sul fatturato del 4,5%.

Lo certifica un'indagine realizzata da Confindustria Emilia-Romagna su un campione di 400 aziende. Nonostante già nel primo trimestre dell'anno, tra l'aumento dei prezzi di energia e materie prime e il conflitto in Ucraina, si profilasse uno scenario di grande complessità, le imprese restavano positive: il 93,7% degli imprenditori intervistati prevedeva di fare investimenti.

A riprova, sottolinea la presidente regionale di Confindustria, Annalisa Sassi, di un sistema produttivo "maturo" capace di guardare oltre le contingenze e le emergenze, che ormai si propongono con cadenza regolare. Insomma, le aziende hanno imparato a non farsi condizionare eccessivamente dal momento e a tenere comunque lo sguardo alto sull'orizzonte.

"Spesso gli investimenti si elevano dalla contingenza, ma questo non vuol dire che non si debbano trovate risposte immediate sul tema dell'energia", avverte Sassi, confermando che che le aziende potrebbero decidere di rivedere al ribasso i propri progetti di crescita. In ogni caso, "una dinamica così vivace degli investimenti si spiega soprattutto con la tenacia degli imprenditori che, nonostante le difficoltà di reperimento delle materie prime e i costi energetici altissimi hanno continuato a investire", sottolinea la numero uno di Confindustria Emilia-Romagna.

Caro energia e imprese: il quadro della fiducia

Gli imprenditori, quando mettono mano al portafoglio sono preoccupati più che altro di non trovare le professionalità necessarie a garantire la crescita della propria azienda. La carenza di risorse umane e la burocrazia, infatti, sono considerati i principali fattori di ostacolo alle decisioni di investimento, indicati rispettivamente dal 45,7% e dal 32,9% delle imprese.

Un'impresa su cinque dichiara carenza di personale da dedicare allo sviluppo di nuovi progetti. Anche la dimensione d'impresa è un fattore discriminante: a investire sono soprattutto le medie e grandi imprese, mentre una piccola azienda su cinque non ha fatto investimenti nel 2021 per mancanza di liquidità e per calo del fatturato.

Chi ha investito, inoltre, lo fatto puntando sulla transizione digitale e sul personale interno (solo il 6,5% ha dichiarato di non avere al proprio interno le professionalità necessarie). Dalla ricerca emerge, inoltre, la spinta delle imprese a investire in formazione e la necessità, spesso impossibile da soddisfare, di figure professionali qualificate (responsabili della produzione, specialisti del controllo di gestione, tecnici per l'assistenza e la manutenzione, specialisti della logistica).

Gli Its e l'università sono considerati gli strumenti più adeguati per rispondere al fabbisogno di personale competente. Infine, per quanto riguarda la burocrazia, "occorre che assieme alla Regione acceleriamo con decisione e urgenza l'attuazione delle misure previste dal Patto per la semplificazione, in particolare alcuni provvedimenti in mater8ia ambientale, territoriale e di accesso ai bandi per i finanziamenti", scandisce Sassi. (Vor/ Dire)

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