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Martedì, 16 Aprile 2024
Economia

Industria 4.0, la rivoluzione la fanno i manager

L'industria 4.0? La rivoluzione è meglio viverla, che subirla, formando i manager del futuro. È il ritornello che animava ieri a Bologna la tavola rotonda "Smart factory, smart people"

L’industria 4.0? La rivoluzione è meglio viverla, che subirla, formando i manager del futuro. È il ritornello che animava ieri a Bologna la tavola rotonda “Smart factory, smart people- Le buone esperienze delle imprese dell’Emilia-Romagna“, promossa da Federmanager al Savoia hotel Regency. Il convegno dell’associazione di Bologna-Ravenna sviscera la materia in compagnia in sala di realtà più che consolidate, da Philip Morris manufacturing & technology Bologna a Carpigiani passando per Ibm Italia, così come delle piccole o medie aziende che ancora devono prendere confidenza con l’ambizioso piano Calenda. Ci sono tra gli altri anche Luciano Lavecchia, della segreteria tecnica del ministero dello Sviluppo economico, e Daniele Rossi, presidente dell’Autorità portuale dell’Adriatico centro-settentrionale. Si parte da uno slancio di franchezza: “Nessuno ha ancora ben compreso se questa cosiddetta Quarta rivoluzione industriale causerà maggiore disoccupazione o piuttosto creerà n uove opportunità. Noi intanto ci concentriamo sulla preparazione di una classe di manager competente a gestire il cambiamento“. Lo segnala la presidente di Federmanager Emilia-Romagna, Eliana Grossi, approdando al cuore del problema: anche le imprese più di successo o famigliari dovranno avvalersi dell’aiuto dei manager 4.0 cari a Federmanager.

Sprona il presidente nazionale dell’associazione, Stefano Cuzzilla: “Abbiamo già imprenditori eccellenti, ma anche nelle imprese famigliari si deve trovare il coraggio per ingaggiare manager innovatori e eccellenti come quelli che stiamo qualificando e certificando. Le piccole e medie imprese- avvisa Cuzzilla- ne hanno bisogno se vogliono fare il salto di qualità”. In sostanza, per dirla col direttore di Federmanager Mario Cardoni, “le grandi imprese attrezzate sono già 4.0, non hanno un eccessivo bisogno di sostegno, a differenza delle piccole-media imprese e dello loro criticità”. Precisa da parte sua Roberto Lazzarini, head of research and development della bolognese Carpigiani: “In ballo- sostiene Lazzarini- c’è una tecnologia a portata di tutte le aziende di tutte le dimensioni. C’è molta enfasi sugli aspetti tecnologici, in ogni caso, ma vanno formate le persone: per noi il 4.0 non è stata una scelta di modello organizzativo, è il mercato che ci obbliga. Per gestire al meglio le nostre macchine nel mer cato dobbiamo renderle sempre più intelligenti. Ormai è il processo di digitalizzazione del prodotto è innescato, chi resta indietro avrà sempre più difficoltà“. Crede molto anche nelle piccole imprese l’assessore regionale a Scuola e Lavoro, Patrizio Bianchi, che scandisce a margine del convegno Federmanager: “L’industria 4.0 non è solo un robot o una stampante digitale in più, si tratta della capacità specifica di realizzare prodotti mirati per ciascuno. In questo- segnala Bianchi- tutta la storia dell’Emilia-Romagna salta fuori, ovvero la capacità di produzioni industriali allo stesso tempo vaste e affinate. C’è una grande opportunità oggigiorno per le piccole e medie imprese, quella di essere gli artigiani della nuova era”.

In tutto questo, Federmanager continua a sfornare innovatori. Nei primi mesi di quest’anno il numero dei manager iscritti a Federmanager Bologna-Ravenna è cresciuto del 2,6% rispetto al 2016, in un territorio dove si trova il 37% dei 7.268 manager dell’Emilia-Romagna censiti a fine 2016 (2.666 al 31 dicembre); seguono la provincia di Modena, dove è impiegato il 21% dei dirigenti industriali, e Parma (15%). In regione è dunque attivo più del 10% degli oltre 70.000 dirigenti rilevati a livello nazionale dall’osservatorio Federmanager, che ha di recente reso nota l’elaborazione dei dati Inps 2016 di riferimento, per un numero complessivo di aziende con almeno un dirigente in organico pari a 1.963 unità (più o meno il 12% del totale nazionale). Rimarca intanto Cuzzilla: “L’occupazione si crea con la crescita, e non si cresce se non si fa industria. Per la ripresa del settore industriale gli investimenti in infrastrutture e tecnologie rischiano di restare lett era morta se non sono accompagnati da investimenti ne l capitale umano, soprattutto in quello ad alta qualifica professionale che ha la responsabilità delle scelte sul futuro delle aziende italiane”. (dire)

 

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