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Economia

LA PERLA, vacilla ritorno al Made in Italy. ‘I soldi puzzano, Bologna profuma’

Calzedonia arretra difronte a rilancio economico dei competitors stranieri nella gara per l'acquisizione del gruppo di lingerie. Disillusione dei lavoratori, che hanno vissuto, con gli occhi e col cuore, la parabola di un marchio d'eccellenza nostrano

Calzedonia, Fondo Pacific Capital (di Silvio Scaglia fondatore di Fastweb) e ora un terzo acquirente, straniero, in lizza per aggiudicarsi l’acquisizione del Gruppo La Perla, storico marchio di lingerie di lusso versato in fallimento, dopo che – nel 2007 -  dalla famiglia fondatrice, bolognese, è stato ceduto al gruppo americano JH PARTNERS.
Se fino a pochi giorni fa Calzedonia sembrava la più papabile a spuntarla - per guidare le redine della casa fashion nostrana, e riportarla di nuovo a matrice italiana - le dichiarazioni del gruppo veronese – avvenute attraverso una nota del proprio ufficio stampa nelle ultime ore – gettano nubi.  I suoi competitors all’asta, in vista per il prossimo 4 giugno, paiono voler rilanciare, avanzando offerte economiche maggiori. E la casa veneta non ci sta ad un gioco al rialzo esclusivamente sul prezzo, forte nel suo intento di voler dare nuova linfa a La Perla attraverso logiche differenti.
CALZEDONIA VERSO LA RESA. "Grazie a mesi di approfondimenti e di lavoro congiunto con il management di La Perla – si legge nel comunicato -  Calzedonia  ritiene di conoscere in maniera approfondita la situazione della società. Calzedonia ha presentato nei tempi e nei modi concordati con le controparti le proprie intenzioni e il piano industriale che è in grado di implementare sulla base di esperienza e capacità uniche nel settore in cui La Perla opera.”. L’azienda – chiosa dura la nota –“valuterà perciò, nel caso si decidesse di proseguire sulla strada ipotizzata, se sia il caso di partecipare ad una forma di asta competitiva basata su logiche che non tengano conto di aspetti industriali, occupazionali e di sostenibilità economica, ma che privilegino semplicemente l'offerta più alta.”

LA PARABOLA VISSUTA CON GLI OCCHI DEI LAVORATORI. Parole accolte come una doccia fredda, che fanno rabbrividire lavoratori ed ex impiegati La Perla, che vedevano nell’azienda veneta l’agognata speranza di tornare sotto la direzione di un gruppo italiano.
 “A chi bisogna scrivere quando il cuore si spezza? – scrive all’indirizzo di BolognaToday un’ex dipendente La Perla. A chi spiegare quello che si sente nonostante la distanza nel tempo e con tanti kilometri che mi separano dall’azienda che mi ha visto crescere professionalmente e come persona?
 Io ho lavorato tanti anni per il Gruppo La Perla, e soffro. Grande dispiacere quando l’azienda famigliare fu venduta a stranieri. Ancora piú grande oggi quando sembra svanire la possibilitá che un bel gruppo ITALIANO, del settore, con sede a pochi kilometri da Bologna possa cominciare a rimuovere i fili di quella che è stata un gigante della moda intima in Italia e nel mondo.
 Perché non premiare pizzi, merletti, tessuti, cuciture e la magnifica vestibilità? Non si puó mettere sul piatto della bilancia tanta creativitá, un made in Italy allo stato puro solo con gli euro che possono essere tanti, ma....i soldi puzzano, Bologna ha un profumo speciale...quello della moda proposta da La Perla.  In memoria della Signora, una gran Signora: Ada.”

STORIA DI AMORE MADE IN BOLOGNA. Era infatti l’inizio degli anni ’50 quando la sarta Ada Masotti, all’ombra delle Due Torri, inaugura un laboratorio di confezioni di abbigliamento intimo femminile dal nome ricco di promesse. La Perla appunto. Nome che si ispira al bauletto da gioielliere rivestito di velluto dove si trasportavano le prime parure. Nome che indica bellezza, delicatezza. Come la donna. Come una perla. Oggetto raro, che va preservato. Un nome che oggi funge da monito, visto la situazione in cui versa l’azienda.

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