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Economia

Mancano le braccia, lievitano i costi e la pioggia non arriva. Dura la vita nei nostri campi

"Potrebbe essere un'ecatombe". Così le voci che BolognaToday ha raccolto nel settore, dove la paura serpeggia però si sottolinea la dignità della professione: "Fare l’agricoltore non è offensivo. È un lavoro normale, con ferie e alta specializzazione"

Quello agricolo è forse il settore che più di altri è interessato dalle recenti evoluzioni globali, come l’aumento del costo delle materie prime e i cambiamenti climatici. La siccità, l’aumento dei costi di produzione e la contrazione di specifiche aree di mercato rendono il lavoro di imprenditore agricolo sempre più professionalizzato. In questo mare, non tutti riescono a rimanere a galla. I dati Istat del 2022 raccontano di un settore in profonda crisi da decenni: dal 1982, quasi due aziende agricole su tre sono scomparse. Chi manda avanti queste aziende, inoltre, sono in più del 50% dei casi persone che hanno più di sessanta anni e, nel 20% dei casi, sono addirittura over 75. Infine, il rapporto Istat fotografa un settore fortemente legato alla tradizione familiare, incapace di attratte nuova manodopera, soprattutto giovane. «Forse per anni abbiamo sbagliato la narrazione bucolica del contadino con il cappello di paglia – dice a BolognaToday Guglielmo Garagnani, Presidente di Confagricoltura Bologna dal 2017 –. Fare l’agricoltore non è per nulla offensivo. È un lavoro normale, con giorni di ferie e alta professionalizzazione. Forse dovremmo raccontare questo per rendere interessante il settore».

Fare l’agricoltore non è per nulla offensivo. È un lavoro normale, con giorni di ferie e alta professionalizzazione 

Agricoltura, una fotografia de territorio bolognese

Eppure, in Italia e all’estero il settore primario del bolognese è riconosciuto come un’eccellenza assoluta. Di aziende agricole ce ne sono tante, così come sono tante le produzioni DOC, DOP e IGP. Ma la crisi del settore non risparmia nessuno: «Bologna è storicamente conosciuta per un’agricoltura di qualità – ci racconta Marco Bergami, Presidente di Confederazione Italiana Agricoltori dell’Emilia Centro. La CIA è la più grande associazione italiana del settore e la dicitura Emilia Centro riguarda le zone del modenese e del bolognese – ma questo è un momento molto difficile».

«Si sono sommate alcune situazioni come la pandemia e la guerra che hanno messo a dura prova il nostro mondo. Abbiamo reagito, perché tutti hanno preso coscienza che il mondo è vita. Non era scontato produrre cibo sufficiente per tutti. Questo è stato uno degli aspetti che ha sensibilizzato l’opinione pubblica, però non basta». Bergami spiega come l’aumento del costo delle materie prime stia influenzando fortemente l’intero settore: «Sono aumentati tutti i costi di produzione. Abbiamo dei prezzi per i prodotti agricoli che per adesso sono accettabili, ma con la globalizzazione il prezzo sta calando. Il margine che potevamo avere, avendo anche investito molto, ora si sta assottigliando, specialmente per alcune colture. La siccità poi ci ha messo completamente in ginocchio. La raccolta di orzo, grano tenero e grano duro è diminuita del 15%. Ma queste sono colture invernali, non interessate dalle ondate di calore. Quelle estive saranno sicuramente peggio. Quella che viviamo è una realtà critica e preoccupante».

Marco Bergami CIA Emilia Centro-2

(Marco Bergami)

Come lui la pensa Roberto Cazzara, vicedirettore CIA Emilia Centro con responsabilità per l’area metropolitana di Bologna: «L’aumento dei costi ci ha colpiti molto. Abbiamo visto, in alcuni casi, il triplicarsi dei costi di produzione. Stiamo facendo ora delle riflessioni drastiche che prima non avevamo mai fatto. Se prima avevamo dei margini su cui potevamo lavorare, anche per i lavoratori, ora questi margini non ci sono più. Ora gli imprenditori devono avere massima attenzione su ciò che si fa. Siamo arrivati a pensare se fare o non fare una determinata coltura. Dubbi come questi non ne avevamo mai avuti. Ora invece non c’è nessun margine d’errore. Tra costi di produzioni altissimi e condizioni climatiche terribili fare impresa sta diventando difficile. E non è solo quest’anno: è una tendenza presente da diversi anni».

Questa fase determinerà un’ulteriore professionalizzazione dell’imprenditore agricolo, che per la prima volta si troverà all’interno di una tempesta geopolitica e finanziaria in cui non ci eravamo mai trovati 

A loro fa eco Garagnani di Confagricoltura Bologna, il quale pone l’accento sul cambiamento intrinseco alla professione che, per forza di cose, deve adattarsi alle evoluzioni del mercato: «In particolare, concimi ed energia sono diventati molto costosi, oltre alla logistica e al trasporto. La nostra attività sta slittando verso ambiti finanziari totalmente nuovi e diversi. Dobbiamo infatti anticipare i costi per tutto un anno, per poi rientrare dopo dodici, diciotto mesi. Questo significa che dobbiamo essere in grado di saper gestire dei livelli finanziari che non conoscevamo. Abbiamo raddoppiato i costi di produzione del seminativo come grano e orzo. Dall’altra parte è vero che sono raddoppiati i prezzi di questi prodotti: se tutto andrà bene non sarà quindi una brutta annata. Ma al momento non possiamo saperlo. Oggi c’è una grande incertezza perché c’è una speculazione che è in relazione alla guerra e alla siccità. Mi spiego: dipende dal continuo della guerra e dai danni che farà la siccità. I segnali ora sembrano tendere ad una nuova disponibilità e alla conseguente rinormalizzazione dei prezzi. Noi siamo un po’ in tensione per questo: siamo ovviamente felici che le tensioni internazionali si sgonfino, ma se dovessimo trovarci con tutti i prodotti ancora da vendere con i prezzi di dodici, diciotto mesi prima sarebbe un’ecatombe. Un fallimento globale di tutte le aziende agricole bolognesi. È quindi una fase di grande incertezza. Questa fase determinerà un’ulteriore professionalizzazione dell’imprenditore agricolo, che per la prima volta si troverà all’interno di una tempesta geopolitica e finanziaria in cui non ci eravamo mai trovati. Non sarà più vendere il grano al consorzio ma dovremmo discutere nuovi contratti con clienti diversi e dovremo essere bravi ad interpretare il mercato, capendo in anticipo le sue evoluzioni».

Guglielmo Garagnani Confagricoltura-2

(Guglielmo Garagnani)

Come influisce il cambiamento climatico

Un altro grande tema che tutti gli intervistati hanno affrontando ed indicato come preponderante è quello del cambiamento climatico, la cui più evidente conseguenza è la grave siccità di questa estate. Dice Bergami, Presidente di CIA Emilia Centro: «Complice la siccità e il cambiamento climatico ora siamo messi veramente a dura prova. Come consorzio di bonifica stiamo cercando di veicolare la risorsa idrica a tutte le aziende idriche, ma con queste ondate di calore qualsiasi coltura si cuoce in piedi. Occorre una programmazione di lungo termine, perché la situazione va avanti così già da tempo. Ci portiamo dietro un bagaglio di criticità mai affrontate prima. Tutta la rete idropotabile va migliorata. Abbiamo tante perdite d’acqua che dovremmo cercare di ridurre al minimo e per farlo ci vogliono nuovi acquedotti. In questo la tecnologia ci sta aiutando molto, ma non è abbastanza. Per l’agricoltura, in particolare, diventa tutto più difficile. La nostra fonte primaria di approvvigionamento è il Po. Sono dieci anni che chiediamo di imbrigliare l’acqua durante l’inverno. Mi spiego: l’acqua piovana solitamente finisce in mare. Adesso non possiamo più permettercelo».

Ci portiamo dietro un bagaglio di criticità mai affrontate prima. Tutta la rete idropotabile va migliorata. Abbiamo tante perdite d’acqua che dovremmo cercare di ridurre al minimo e per farlo ci vogliono nuovi acquedotti

Stesse impressioni le fornisce Garagnani, Presidente di Confagricoltura Bologna: «La siccità è l’altro grande tema legato al 2022 e ogni giorno peggiora. Faccio un esempio: la zona tra Bologna e Ferrara è famosa per produrre la barbabietola da zucchero. Temperature più alte di 32°, 33° per la barbabietola sono come veleno. Mentre parliamo il termometro segna 43°. Noi diamo acqua tutte le notti ma l’acqua è poca, specialmente l’acqua di superficie. Ad altre colture come mais, sorgo e girasole questa siccità sta dando il colpo di grazia e i prezzi aumentano costantemente. I danni della siccità sono ancora da valutare, ma possiamo già vedere come sia un colpo pesantissimo».

Se in agricoltura mancano le braccia

Come già registrato per altri settori, e come sottolineato dai dati Istat riportati in apertura, la mancanza di personale è un fenomeno “strutturale” al settore. «È una tendenza che dura da anni, una condizione strutturale – dice Garagnani di Confagricoltura – e questo fa sì che sia per le strutture ricettive come gli agriturismi e sia per la raccolta della frutta non riusciamo a sfruttare a pieno il nostro potenziale. Non solo manodopera, ma anche personale specializzato. La conseguenza è che le stanze degli agriturismi rimangono vuote e che la frutta rimane sugli alberi. E non è una scelta: più che lavorare tu e la tua famiglia per dodici, tredici ore al giorno non puoi fare. Arriva un certo punto in cui la frutta rimasta sull’albero diventa troppo matura e a quel punto non è più commerciabile».

Garagnani non si spiega come mai ci sia mancanza di personale: “Noi offriamo contratti regolari con stipendi regolati in base alla contrattazione nazionale. Sono ovviamente lavori stagionali, perché la natura di questa professione è stagionale. Io però ricordo che quando ero più giovane io e tanti miei amici e compagni di università nel periodo estivo lavoravamo nei campi per raccogliere uva, pere e ciliegie. È un lavoro faticoso ma non specializzato: se si lavorano otto ore al giorno si arriva ad uno stipendio di 1.500, 1.600€ al mese, senza contare TFR, infortuni, tredicesima, malattia. Ma sembra che questa cifra non sia interessante e non mi spiego il perché. Forse è un fattore culturale, magari nel mondo di oggi percepiamo il lavoro agricolo come qualcosa di molto distante da noi. Forse è la fatica fisica che non è più parte di una vita agiata. Ma non posso pensare che sia il denaro, non siamo un paese così ricco. Chi rifiuta 1.600€ al mese? Mi sembra una follia».

E i sussidi? «Non entro nel merito del giusto o sbagliato. Vorrei solo dire a chi ha fatto la legge di fare in modo che il Reddito di Cittadinanza si possa interrompere per fare dei lavori stagionali, e poi riattivarlo. Se fosse quello il problema, in questo modo lo capiremmo subito. Non posso credere che qualcuno preferisca stare a casa con 600€ al mese invece che prenderne 1.600€ lavorando in regola e con i contributi versati. Se così fosse significherebbe che siamo messi veramente malissimo. Ma spero che non sia così».

Stanze degli agritrismi vuote e la frutta rimane sugli alberi.  Più che lavorare tu e la tua famiglia per dodici, tredici ore al giorno non puoi fare 

Roberto Cazzara CIA Emilia Centro-2

(Roberto Cazzara)

I problemi legati al reperimento di manodopera sono confermati anche da Roberto Cazzara di CIA Emilia Centro: «Abbiamo un problema che si sta protraendo da anni ed è quello legato alla difficoltà nel reperire manodopera. Abbiamo diversi esempi di aziende che hanno deciso, loro malgrado, di lasciare le produzioni sul campo. Purtroppo, questo è dovuto da diverse cause, soprattutto per la mancanza di politiche di accesso che rendono difficile le migrazioni da paesi dell’est. Sono già due anni che aspettiamo la riapertura dei flussi che abbiamo sempre utilizzato, in cui veniva aperto un corridoio con i paesi che avevano la possibilità di esportare manodopera nel nostro paese con figure già formate e pronte per questo tipo di lavoro, visto che erano già tanti anni che facevano questo tipo di procedura. Capisco la situazione pandemica, ma questa situazione ha di conseguenza bloccato la parte burocratica nelle prefetture. Questo ha frenato il nostro lavoro. Manodopera interna, poi, facciamo molta fatica a reperirla. Molte persone hanno giustamente ambizioni diverse, però ora ci troviamo in questa situazione difficile. Abbiamo poca appetibilità rispetto a Francia, Germania e Olanda. Loro hanno già riaperto questi corridoi professionali e in questo modo hanno possibilità di dare loro possibilità migliori. Dal punto di vista dell’offerta sono più competitivi, specialmente agli occhi di chi offre la propria professionalità in questo campo».

Rispetto al tema sussidi, per Cazzara «hanno un impatto. Il Reddito di Cittadinanza è utile a molte persone in difficoltà e su questo non ci sono dubbi. D’altro canto, però, la mancanza di verifica per i requisiti di accesso sta aumentando la difficoltà nel reperimento di manodopera anche nel nostro settore». Cosa fare, quindi? «Non c’è più tempo di aspettare: servono politiche di salvaguardia del territorio, regimentazione dell’acqua e politiche occupazionali che taglino il costo della manodopera. È un segmento che si aggiunge agli altri costi che, come abbiamo detto, sono diventati molto importanti. Senza provvedimenti si azzera il margine della nostra azione».

Mancane  le politiche di accesso che rendono difficile le migrazioni da paesi dell’est. Aspettiamo la riapertura dei flussi che abbiamo sempre utilizzato, in cui veniva aperto un corridoio con i paesi che avevano la possibilità di esportare manodopera qui

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