"Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi" a Palazzo Fava
Dal 24 febbraio al 25 giugno 2017 la raccolta di opere d'arte di Augusto e Francesca Giovanardi ha preso forma nella Milano dell'immediato secondo dopoguerra, grazie alla passione verso la pittura del Novecento italiano e all’impegno sociale dell’illustre scienziato e docente di Igiene presso l'Università di Milano.
La collezione è una testimonianza eccellente di quello straordinario momento storico e culturale durante il quale imprenditori e importanti personalità della società italiana, in particolare milanesi e torinesi, dedicarono il loro impegno all'arte e alla cultura, non solo per passione personale, ma con fini sociali ed etici. Basti ricordare i nomi di Gianni Mattioli, Riccardo Juker, Jesi, Boschi, Vitali, il cui sentimento di responsabilità nei confronti della comunità si è espresso attraverso importanti lasciti e comodati a musei pubblici della parte più rappresentativa delle loro raccolte.
La mostra Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi, si tiene a Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni dal 24 febbraio al 25 giugno 2017 ed espone la Collezione nella sua interezza, novanta dipinti realizzati dai migliori pittori italiani, attivi tra le due guerre mondiali.
Promossa da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Genus Bononiae. Musei nella Città e curata da Silvia Evangelisti, la mostra è composta da tre sezioni principali: la prima dedicata ai dipinti di Morandi e Licini e al loro rapporto controverso, la seconda racchiude rilevanti gruppi di dipinti di Carlo Carrà, Filippo De Pisis, Massimo Campigli e Mario Sironi (una decina per ciascuno) che raccontano come il rapporto tra pittura ed architettura abbia avuto nell'arte italiana tra le due guerre. Infine la terza sezione presenta alcuni protagonisti del processo di dissoluzione della forma nella pittura degli anni trenta: Mario Mafai, Ottone Rosai, Arturo Tosi, Pio Semeghini, tra gli altri.
L’intera raccolta di Augusto e Francesca Giovanardi è tra le collezioni più ricche e qualitativamente rilevanti nell'ambito dell'arte del Novecento italiano: frutto di trent'anni di ricerca e di un'attenta scelta e della raffinata sensibilità dei due collezionisti verso le opere degli artisti che tanto amavano.
“Ospitare nelle splendide sale del piano nobile di Palazzo Fava, affrescato dai Caracci i dipinti della Collezione Giovanardi –dichiara Fabio Roversi- Monaco – rappresenta un’importante occasione per Genus Bononiae perché le opere esposte ben si addicono al profilo del Palazzo, che ha già ospitato capolavori indiscussi, a partire dalla Ragazza con l’orecchino di perla”.
“Ci è particolarmente cara quest’occasione espositiva a Palazzo Fava – affermano Paola Giovanardi Rossi e Cristiana Curti Aspesi – con l’organizzazione di Genus Bononiae: la collezione è stata esposta integralmente solo altre due volte. La prima nel 1998 a inizio collaborazione con il Mart a Palazzo delle Albere di Trento e la seconda nel 2005 a Rovereto nel bel Museo di Mario Botta. La mostra di Palazzo Fava e la ricompilazione del catalogo si dimostrano un’occasione importante per i cultori del Novecento italiano, probabilmente un’occasione per lungo tempo irripetibile.”
La raccolta Giovanardi presenta singolari collegamenti con la cultura bolognese, non solo per le origini emiliano-romagnole del Professore, ma soprattutto per le sue più sentite passioni, in primis le opere di Giorgio Morandi e di Osvaldo Licini, giovani compagni di studio presso l'Accademia di Belle Arti di Bologna, tra i più straordinari pittori italiani del secolo scorso.
L’esposizione permette quindi di ricostruire i principali snodi della pittura italiana del Novecento in un percorso culturale che attraversa la prima metà del secolo scorso per lambire le vicende artistiche successive tanto care ad un altro grande concittadino, Francesco Arcangeli.
La raccolta è vincolata dal Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo e ha rappresentato per almeno 20 anni il nucleo principale delle opere d’arte fondanti il Museo MART di Rovereto.
La mostra è accompagnata da un volume illustrato con saggi dedicati interamente alla collezione e all’idea del collezionismo in Italia corredato dalle immagini e dalle schede delle opere.
LA MOSTRA. La mostra si articola in tre sezioni, ciascuna dedicata ad un tema che approfondisce le opere di due o più artisti nel cui linguaggio artistico si possono trovare assonanze (o dissonanze) comuni: Licini e Morandi. Un rapporto controverso; La pittura costruttiva del Novecento italiano: Campigli, Carrà, Sironi e Oltre la forma: il sogno e la terra.
Alle tre sezioni si aggiunge, distaccata e distinta dalle altre, una piccola area in cui sono raccolte alcune opere plastiche del Novecento presenti nelle raccolte di Genus Bononiae, con opere di Arturo Martini, Giacomo Manzù, Fausto Melotti e Lucio Fontana.
“In questa occasione - scrive Silvia Evangelisti nel catalogo - si è cercato di dare un taglio un po’ diverso dalla pura esposizione delle opere, adottando un criterio critico che si articola, per così dire, in macrotemi individuati all’interno della raccolta: il rapporto tra Osvaldo Licini e Giorgio Morandi, pittori amatissimi da Giovanardi; la passione per la pittura “costruttiva” di artisti come Sironi, Campigli e Carrà, e l’apertura verso il linguaggio meno formalmente definito di artisti che, alla fine degli anni Trenta, sentirono come la solidità dei volumi e la fermezza della forma stesse perdendo forza, quasi presentendo una mutazione dei tempi che, di lì a poco, avrebbe dato vita alla pittura informale.”
1) Licini e Morandi. Un rapporto controverso.
Giorgio Morandi e Osvaldo Licini, sono due tra i più importanti maestri del ‘900, genio già venerato in vita il primo, meno famoso ma pittore amatissimo il secondo. Furono amici nella giovinezza e "nemici" nella maturità, avendo instaurato un rapporto di contiguità sfociato poi in scelte stilistiche agli antipodi.
Si conoscono all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove studiano accanto a Mario e Severo Pozzati, Giovanni Romagnoli, Mario Tozzi e Antonio Sant'Elia (anche se solo di passaggio).
Condividendo in quegli anni idee e pittura, Morandi e Licini furono protagonisti della famosa esposizione "futurista" di un sol giorno, tenutasi all'Hotel Baglioni tra il 21 e il 22 marzo 1914. Con loro anche Sepo, Vespignani e Bacchelli, Mario.
La mostra prende avvio da questo rapporto giovanile, da queste opere, per poi dispiegarsi confrontando le esperienze e le scelte dei due Maestri che si fanno via via divergenti: mentre la pittura morandiana mantiene una fondamentale unità e misura, quella di Licini è sempre più libera dai rapporti naturalistici, fino ad aprirsi all'astrattismo durante gli anni Trenta.
Dopo la guerra l’abisso si fa ancora più profondo: Morandi rimane legato alla sua città e ad una quieta vita “borghese” mentre Licini è esempio di anticonformismo, attratto dall’Europa, soprattutto in seguito ai soggiorni parigini durante i quali stringe amicizia con Amedeo Modigliani ed entra in contatto con l’avanguardia internazionale.
Al contrario, Morandi vive forte il contatto con la pittura del Novecento. Dopo i primi approcci con la metafisica e un lungo periodo all’insegna dell’inquietudine, nel 1935 vince il premio alla Quadriennale di Roma che inaugura un decennio felice: la perfezione è ritrovata, la sicurezza raggiunta. Torna la luce solare e compare anche qualche colore brillante.
2) La pittura costruttiva del Novecento italiano: Campigli, Carrà, Sironi
Il rapporto tra pittura ed architettura e le reciproche influenze tra le due arti hanno avuto una straordinaria importanza nell'arte italiana negli anni tra le due guerre mondiali.
Nel clima di "ritorno al mestiere" tipico di quel periodo, il richiamo alla materia pittorica dell'affresco è elemento comune a molti artisti all'aprirsi del nuovo decennio. In questi anni, nei grandi cantieri favoriti dal regime fascista, si aprono nuove opportunità per la pittura murale e il mosaico, dalla “Prima Triennale” di Milano nel ’31, alle grandi decorazioni dei nuovi Palazzi di Giustizia, dalle stazioni alle università agli uffici pubblici, si susseguono per
tutti gli anni Trenta commissioni di estrema rilevanza a cui partecipano artisti come De Chirico, Severini, Campigli e Sironi.
Primo grande protagonista coinvolto in tali vicende è Mario Sironi, con le sue inquietanti periferie, le grandi composizioni architettoniche e il suo interesse per la pittura murale, apprezzata per il suo intrinseco valore sociale (questo il titolo del manifesto che ha redatto nel 1920).
La pittura di Massimo Campigli, fatta di materia pittorica pastosa e tenera che si rifà all'affresco, ha la sua struttura portante nello spazio architettonico indagato plasticamente, nell'equilibrio compositivo, nel senso tridimensionale delle sue figure dalle sagome esatte, ispirate a un’antichità strappata al mito e riportata alla quotidianità della vita corrente.
Diversamente dai suoi compagni di strada, Campigli rivisita l'arte etrusca, la pittura pompeiana, l'arte bizantina non con spirito archeologico ma con la fascinazione di ritrovare nell'antico le radici del contemporaneo.
Ad una concezione pittorica spaziale architettonica approda anche Carlo Carrà quando, chiusa l'avventura futurista, nel 1916 pubblica su "La Voce" due famosi scritti (Paolo Uccello costruttore e Parlata su Giotto) e muta radicalmente il proprio linguaggio dalla scomposizione avanguardista della forma ai nuovi valori solidi delle opere degli Anni Venti (San Giorgio Maggiore, 1926, La barca 1928, in Collezione Giovanardi)
Sempre più, nelle opere degli anni Trenta e Quaranta, la concezione spaziale della composizione diviene centrale e la sintesi formale prende il sopravvento sul puro dato emotivo (Marina con albero, 1930, Nuotatori, 1932 e Marina, 1940 tutte in Collezione Giovanardi).
3. Oltre la forma: il sogno e la terra
Il tema di questa sezione è quello del fondamentale passaggio della messa in crisi del realismo da parte dei grandi protagonisti dell'arte italiana alla fine degli Anni Trenta.
Nella seconda metà di quel decennio si avverte nelle opere dei pittori e degli scultori uno sfaldamento della plasticità formale, pur all’interno di generi classici perfettamente codificati e ripetutamente indagati, come il ritratto, il paesaggio o la natura morta, in favore di ricerche artistiche che si rivolgono sempre più determinate verso un'idea diversa di forma, momento cruciale che prelude alle numerose sperimentazioni legate all’astrattismo e all’apertura, all’inizio degli anni ’50, verso la grande stagione informale. In quest’ambito si sono rilevate due tendenze principali, nettamente riconoscibili all’interno della Collezione Giovanardi: una che abbiamo definito “il sogno” e una “la terra”.
I pittori della “Terra” mirano al superamento di una rigorosa struttura formale tramite una pennellata fortemente terrosa, materica, ctonia. Densamente materiche e gestuali sono le opere di Arturo Tosi, artista tra i primi ad entrare nel gruppo del Novecento. I paesaggi e le nature morte di Ottone Rosai coniugano atmosfere metafisiche ad accenti vernacolari e drammatici, innescati dalla tragedia della guerra. Similmente, Mario Mafai, capofila della “Scuola di via Cavour”, persegue un’idea di pittura dai colori accesi, istintiva ed espressionista.
Al gruppo del “Sogno” attiene invece Filippo De Pisis, fautore di una pittura eterea che sfalda la consistenza degli oggetti fino a farla trascolorare nel nulla della tela grezza. Di segno analogo i paesaggi e le nature morte di Pio Semeghini, circonfusi da un’atmosfera onirica, di ascendenza chiarista; la componente onirica è presente anche nelle vedute di Cesare Breveglieri dove però è declinata secondo un simbolismo di stampo nabis.
Tutte queste esperienze costituiranno un momento d’importante riflessione sul rapporto tra rappresentazione e realtà, lungo un percorso che sfocerà, con Mauro Reggiani (ma non solo), ad un'idea di astrazione che vedrà nella perfezione geometrica la più alta aspirazione dell’uomo.
4) Scultura lingua viva
Parafrasando e ribaltando il senso del celebre saggio di Arturo Martini, “Scultura lingua morta”, questa sezione, costituita a latere della mostra, vuole essere un accenno al tema dell’arte plastica nei tre decenni nei quali si collocano le opere della collezione Giovanardi, all’interno della quale non sono presenti opere di scultori.
Si è ritenuto interessante presentare alcune sculture di straordinaria qualità, dalle raccolte di Genus Bononiae, quali quelle di Arturo Martini, di cui la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna possiede anche tre monumentali composizioni in esposizione permanente a Casa Saraceni e al Museo della Storia di Bologna a Palazzo Pepoli.
Accanto a Martini, riferimento primario per gli artisti suoi contemporanei, sia pittori che scultori, la sezione presenta una rara scultura di Lucio Fontana oltre a opere di Fausto Melotti e Giacomo Manzù, autori verso i quali si sta appuntando sempre più fortemente l'attenzione della critica d'arte.
Intero € 11,00 (con audioguida inclusa). Ridotto € 9,00 (con audioguida inclusa)
Orario apertura. Da martedì a domenica: 10.00 – 19.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)