Aperitivo con lo scrittore Massimo Fagnoni al Blues Cafè
Massimo Fagnoni presenta un noir che altrettanto può essere letto come cronaca sociale o romanzo di tragica formazione. Da lettore empatico non amo le etichette di genere, che servono al più come criterio di scelta rapida per gli indecisi, preferisco capire se una storia vale la pena di essere raccontata, se una pagina ti spinge a sfogliare quella successiva.
Per questo libro accade. Il protagonista Galeazzo Trebbi, un quasi-Maigret dagli anfibi neri, nasconde sotto apparenze sgraziate una lucida e dolente umanità, che si volge con rimpianto verso una perduta giovinezza, trattenuta nelle lamiere evocative di un Maggiolone Wolkswagen. Trebbi possiede tutti i tratti per fidelizzare il lettore e diventare un personaggio seriale, e infatti lo diventerà. Attorno a lui si muovono personaggi altrettanto tridimensionali, coprotagonisti tutti nelle loro imperfezioni, accattivanti o respingenti nella coralità del dramma, che è dramma dei singoli ma anche di una società.
Tra tutti Celeste, vittima o artefice del proprio destino, fissata nell'atto di abbandonare il suo pupazzo, ma di ripararlo con ogni cura, oggetto transizionale si potrebbe dire, simbolo comunque di una soglia incerta, quella dell'adolescenza, che non può staccarsi da un passato noto, e dunque confortante, per vivere un presente che non sa farsi futuro. E sullo sfondo la Bassa, terra di confine dove coesistono un villaggio di meschina borghesia e un campanile su cui si addensano tragici sospetti di iniquità, e le due anime di una Bologna che è ben disegnata fin dalla copertina. A sinistra il grattacielo dell'Unipol, emblema inequivocabile di un colore politico che non recede, a destra un po' arretrato il colle della Guardia, che unisce i bolognesi sotto un unico segno, di fede o superstizione non è facile dire.