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Cultura

Michele Mariotti, in tournée con l'Orchestra del Teatro Comunale per lo Stabat Mater di Rossini

Nuovo appuntamento con Gioachino Rossini per Mariotti con l'Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna. Tre le date. "Ho impaginato il programma di questo concerto, 5 anni dopo aver diretto lo Stabat Mater di Rossini"

Nuovo appuntamento con Gioachino Rossini per Michele Mariotti con l'Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna, del quale Mariotti è Direttore Musicale.
Tre concerti in tournée a Pesaro (22 agosto, Rossini Opera Festival), Torino (20 ottobre, inaugurazione della stagione di Lingotto Musica), e Bergamo (21 ottobre, Stagione Lirica del Teatro Donizetti): in programma l'ouverture e i divertissement dal “Guillaume Tell” – opera che Mariotti ha diretto anche al Rossini Opera Festival e a Bologna; quindi lo “Stabat Mater” del 1842, eseguito dapprima a Parigi, quindi in prima italiana a Bologna sotto la guida di Gaetano Donizetti.
Solisti vocali nella data pesarese saranno Yolanda Auyanet (soprano), Anna Goryachova (mezzosoprano), René Barbera (tenore) e Nicola Ulivieri (basso); invece nei due appuntamenti autunnali ci saranno Yolanda Auyanet (soprano), Veronica Simeoni (mezzosoprano), René Barbera (tenore) e Michele Pertusi (basso).

“Ho impaginato il programma di questo concerto, 5 anni dopo aver diretto lo Stabat Mater di Rossini – ricorda Mariotti – a Pesaro e a Firenze. A metà giugno però ho ricevuto un'inattesa chiamata di Riccardo Chailly per sostituirlo alla Gewandhaus di Lipsia in un programma in cui figurava anche lo Stabat di Rossini. Ho così deciso di riprendere il brano come fosse la prima volta, imponendomi una lettura non condizionata dalle mie abitudini interpretative. Questo nuovo studio ha avuto in me effetti stupefacenti: mi è sembrato di scoprire questa musica intrisa di struggente dolore, moderna perché laica e religiosa al tempo stessa; ho riscoperto in essa silenzi “assordanti”, ho sentito la necessità di ripulire l'opera da ogni pesantezza e ridondante eroicità. Ho scoperto poi, preso per mano da Rossini, un nuovo modo di vivere il rapporto con la morte, un modo onesto verso la propria dimensione umana in rapporto con Dio ma allo stesso tempo critico e rabbioso verso quel Dio che non è stato in grado di ripagare l'uomo della totale fiducia ripostagli, generando un senso di sconforto, delusione e anche appunto di rabbia. Proprio in questo rapporto paritetico con Dio sta, secondo me, la modernità dello Stabat Mater di Rossini: nella fuga finale quasi in stile bachiano (sarà stato l'ambiente di Lipsia a suggerirmi questo accostamento?), i soprani insieme ai tenori del coro intonano, come fosse un grido disperato, la parola "sempiterna" per mezzo di un intervallo di ottava dalla sonorità agghiacciante che infonde un senso di spietata fatalità contro cui l'uomo è assolutamente inerme. Mirabili sono poi la sommessa ed estatica preghiera del tenore, la vellutata e confortante aria del mezzosoprano – quasi fosse un contraltare agli interventi solistici di soprano e basso assai più drammatici e ieratici – fino al surreale quartetto, una sorta di danza sensuale che forse più di ogni altro numero musicale incarna il vero spirito rossiniano: un misto di ironia, disincanto e drammatica consapevolezza della vita”.
 

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