Light spells enter
P420 è lieta di presentare la prima mostra personale in galleria della pittrice irlandese Mairead O’hEocha (1962, Dublino, IR) Light Spells Enter.
Mairead O’hEocha presenta una serie inedita di nature morte notturne nate durante il lockdown, quando l’artista si trovava rinchiusa in una casa georgiana di Dublino: una riflessione sullo sguardo contemporaneo ormai abituato ad una sorgente luminosa che proviene dal retro dello schermo. Come la stessa O’hEocha afferma “questa nuova serie di dipinti presenta oggetti trasparenti su un tavolo e, come fosse un calendario di vetro, si ispira agli eventi della mia vita negli anni 2020-22. Un periodo in cui la mobilità globale si è improvvisamente interrotta e il mio tavolo da pranzo e l'ottica dei piccoli oggetti hanno sostituito tutti i miei orizzonti. Le consolazioni della tecnologia digitale hanno portato conforto, ma hanno anche dissolto la sottile linea che separa apparenza e realtà. La riduzione in scala degli oggetti e le scene luminose (retro-illuminate) incorniciano l’ambiente domestico attraverso l'incontro con lo schermo digitale.”
“Il bello delle nature morte di Mairead O’hEocha è che non riescono a stare ferme - scrive Ben Eastham nel testo che accompagna la mostra - Più le guardo, più diventano irrequiete. […] Tutte si svolgono in un’oscurità più o meno spettrale e sono illuminate dalla luce innaturale emanata dal vaso di vetro che si trova al centro. Questo contiene o connette l’osservatore a qualche forma di vita riconoscibile (creature notturne guizzano e volteggiano intorno a questi quadri) e suggeriscono (almeno a me) la forza elettrica che, attraverso il fusibile del corpo, anima tutte le cose viventi. Se l’apparenza di questa luce suggerisce qualche tipo di comunicazione con il regno dello spirito, allora il suo chiarore spettrale evoca anche gli schermi retroilluminati attraverso i quali comunicavamo con altri esseri viventi nelle notti solitarie della pandemia. O’hEocha descrive la sua esperienza di quel periodo come a triplo vetro, e l’espressione suggerisce il modo in cui quegli schermi distorcono il nostro mondo, coerente con le proporzioni spesso mostruose degli oggetti di questi quadri. Ma evoca anche la sensazione di essere stretti tra lastre di vetro, intrappolati nello spazio senz’aria e claustrofobico tra due mondi. E qui ogni ordine s’infrange, mentre cerco di capire da dove viene questa luce e che cosa può implicare: sono fuori e guardo dentro, oppure sto dentro e guardo fuori?”