rotate-mobile
Giovedì, 28 Marzo 2024
Eventi

Le mostre di aprile da non perdere

Un mese di rinascita e vivacità che coincide con l'incalzare della bella stagione: più voglia di muoversi, vedere cose e posti belli, entrare in contatto con l'arte a 360°!

Aprile, un mese per riscoprire Bologna e guardarla con una nuova luce: quella delle tantissime mostre che attraversano la città! Arte contemporanea, storia, street-art e nomi internazionali...Dal Pesce d'Aprile al 1°maggio, questo periodo ricco di festività e ponti potrebbe essere l'occasione buona per fare i turisti anche a casa nostra: ecco le mostre da non perdere (ma ce ne sono tante altre, tutte nella nostra agenda!). 

Yōkai: le antiche stampe dei mostri giapponesi 

Dopo il grande successo alla Villa Reale di Monza, la mostra "Yōkai. Le antiche stampe dei mostri giapponesi" arriva a Bologna, al Palazzo Pallavicini, dal 7 aprile al 23 luglio 2023. Ideata e prodotta da Vertigo Syndrome e curata da Paolo Linetti, massimo esperto di arte giapponese e curatore di importanti collezioni private, la mostra presenta al pubblico occidentale il fantastico mondo dei mostri della tradizione nipponica, attraverso più di duecento opere del XVIII e XIX secolo, tra stampe antiche, libri rari, abiti, armi, un’armatura samurai. In esposizione anche una straordinaria collezione di netsuke, 77 piccole sculture in avorio un tempo usate come fermaglio.

La mostra si apre con una sala immersiva che fa rivivere al visitatore l’esperienza della più leggendaria prova di coraggio dei samurai: il rituale delle 100 candele. Rituale che iniziava dopo l’ora del tramonto e vedeva i samurai riunirsi in una stanza illuminata dalla luce di cento candele. Ognuno di loro doveva raccontare ai compagni una storia popolata di Yōkai, i mostri giapponesi appunto, con l’obiettivo di testare il loro coraggio spaventandoli a morte. Al termine della storia, chi l’aveva narrata doveva alzarsi, spegnere la candela di una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi nell’angolo più lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di racconti sempre più spaventosi e carichi di suspense. Tra le opere in mostra, spiccano le straordinarie xilografie di Hokusai, del quale vengono proposti alcuni dei famosi quaderni manga, quando la parola “manga” aveva ancora il suo significato originario di “immagine divertente, fatta senza scopi seri”, tutti raffiguranti mostri della tradizione nipponica, e “Il libro di combattenti cinesi e giapponesi”, una delle sue opere illustrate più pregiate, proposta nella sua prima edizione, oggi rarissima. Si segnalano inoltre i capolavori dei tre più importanti maestri della scuola Utagawa: Hiroshige, Kunisada e Kuniyoshi, ai quali il celebre editore Senzaburo Ibaya aveva commissionato “Cinquantatré stazioni parallele del Tokaido” (la via che univa Edo a Kyoto), chiedendo loro di rappresentare ciascuna di esse attraverso leggende e storie di paura. Le creature ed i mostri che popolavano queste illustrazioni, protagonisti delle locali leggende tradizionali, sono gli antenati dei Pokemon, dei robot giapponesi, dei personaggi rappresentati nelle animazioni di Miyazaki.
Rispetto alla tappa di Monza, la mostra Yōkai è stata totalmente ripensata per Bologna, dove vengono presentate anche opere mai esposte prima. Tra le altre, due splendide xilografie di Kuniyoshi in cui l’artista ben esprime la sua ironia e la sua passione per i mostri: una raffigura la buffa danza nuziale di due sposi, sotto le cui mentite spoglie di trovano due giovani volpi, l’altra ci mostra, con grande comicità fumettistica, un fantasma ed una donna gatto che passeggiano fianco a fianco, intenti in una conversazione. Molto curioso, poi, un ventaglio da guerra di un generale che, secondo la tradizione samurai, muovendolo dava ordini in battaglia.
La mostra si completa con una serie di tavole ad opera di Marga “Blackbanshee” Biazzi, illustratrice da sold out nelle maggiori fiere del fumetto italiane con richieste di collaborazioni da tutto il mondo. Ogni tavola presenterà in chiave contemporanea un racconto e un mostro grazie allo stile che la caratterizza in maniera inequivocabile. Tutte le sei illustrazioni saranno raccolte in un cofanetto venduto in anteprima in una edizione speciale presso la mostra e poi mai più, diventando di fatto un oggetto raro da collezione.

“Chi conosce la sua arte sa che è attraversata da uno spirito ilare, giocoso. È stupore di fronte alle figure colorate che prendono forma e significato, è divertimento perché il mestiere non annoia mai essendo quotidiano azzardo e avventura, è gratitudine infine perché Fioravanti, uomo religioso, è riconoscente a Chi gli ha dato gli strumenti e le occasioni per esprimersi”. Con queste parole il Direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci descriveva l’arte del cesenate Ilario Fioravanti, scultore, architetto, intellettuale, uno degli artisti più interessanti e originali del Novecento italiano.

Ilario Fioravanti. Epifanie del dolore e della gioia

"Ilario Fioravanti. Epifanie del dolore e della gioia" è il titolo della mostra in programma a Santa Maria della Vita (via Clavature, 8, Bologna, info e biglietti su www.genusbononiae.it) dal 30 marzo al 25 settembre, parte del più ampio progetto 1922~2022 “Fioravanti 100!” che dallo scorso anno ne celebra con un calendario di eventi diffusi il centenario della nascita. La mostra, frutto della collaborazione tra Genus Bononiae e Il Vicolo - Sezione Arte di Cesena, è curata dall’architetto Marisa Zattini, fondatrice de Il Vicolo e grande conoscitrice dell’arte di Fioravanti. Una scelta non casuale quella del complesso bolognese che ospita il Compianto sul Cristo morto di Niccolò dall’Arca: il percorso espositivo, che si sviluppa nelle sale dell’Oratorio e del Museo adiacenti alla Chiesa di Santa Maria della vita, apre un dialogo tra il capolavoro quattrocentesco e il Compianto realizzato da Fioravanti nel 1985, uno dei tre che egli plasmò nel corso della sua carriera, abitualmente ospitato dalla Chiesa del Suffragio di Longiano e oggi esposto a Bologna. Un compianto “tradizionale” che nella sua produzione si affianca a quello “laico” delle Putaske (esposto ora a Faenza nella chiesa sconsacrata di Santa Maria dell'Angelo), le donne di strada che circondano la figura del Cristo morto, simbolo di uguaglianza e rispetto sacro per ogni creatura, e a quello delle Maddalene, radunate attorno al Cristo modellato nell’estate del 2007.

Il Compianto del 1985 sarà allestito nell’Oratorio assieme alle quattro Maddalene (1982) e ad alcune gigantografie di disegni preparatori selezionati dai diari dell’artista. Nella sala precedente, una selezione di opere dal tema sacro introduce al corpus della mostra: una Via Crucis (1982) inedita, in terracotta ingobbiata e incisa, proveniente dalla Collezione di S.E. il Vescovo di Cesena Douglas Regattieri e, a completamento, Il bacio di Giuda (1995), La Veronica (1989), Il miracolo del pane e dei pesci (2003) ed Effeta (2003). Si tratta di un universo immaginifico, frutto di un’esperienza feconda: sono tutte “epifanie” in terracotta policroma in cui il tema del sacro e del profano, del terreno e dello spirituale, dell’umano e del divino si incontrano nel significativo evento cristiano, reinterpretato in chiave contemporanea imprimendo nella materia il realismo delle emozioni e i sentimenti del dolore e della gioia. Esistenze e figure che raccontano, con solenne compostezza ed intensa e silenziosa compartecipazione, un momento colmo di sofferenza, singolare e collettiva, in contrapposizione con la dinamica partecipazione emotiva che fuoriesce dall’opera di Niccolò dell’Arca.

MAST Photography Grant on Industry and Work 2023

C'è tempo fino al 1° maggio per correre alla Fondazione MAST e vedere i lavori dei cinque finalisti del MAST Photography Grant on Industry and Work – Farah Al Qasimi, Hicham Gardaf, Lebohang Kganye, Maria Mavropoulou e Salvatore Vitale –, tutti accomunati da un’attenzione particolare verso i mutamenti che interessano l’essenza stessa del lavoro.

Farah Al Qasimi si focalizza sulla grande comunità araba di Dearborn (Michigan, USA), la seconda per grandezza negli Stati Uniti, e crea un amalgama tra gli scorci di vita autentici della città e la sua dimensione più patinata. Dearborn mostra un carattere ibrido che è espressione di due culture, quella araba e quella statunitense.

Ambientato a Tangeri, in Marocco, il progetto In Praise of Slowness di Hicham Gardaf si concentra sul contrasto tra la parte prospera e in espansione della città, e il centro storico con il suo fascino antico. Nel suo lavoro riprende i venditori ambulanti che passano di casa in casa per portare la candeggina e poi raccolgono le bottiglie di plastica vuote. Un rituale che trova la sua ragione d’essere in un ambito sociale e culturale caratterizzato dalla deterritorializzazione capitalista. In Keep the Light Faithfully Lebohang Kganye evoca, tra fantasia e realtà, la vita delle guardiane dei fari in Sudafrica. Autrice di un lavoro che non è solo fotografico, l’artista propone una sorta di teatro delle ombre cinesi suggestivo, immaginifico e realistico al tempo stesso.

In In their own image, in the image of God they created them Maria Mavropoulou inserisce una serie di richieste testuali in un algoritmo di conversione del testo in immagini: ‘una struttura complessa e sofisticata di tubi, valvole e manometri utilizzata nelle raffinerie di petrolio’. L’intelligenza artificiale, che dispone di miliardi di dati e fotografie, produce diversi risultati visivi che poi Mavropoulou utilizza come tasselli nelle sue composizioni.

Death through GPS di Salvatore Vitale accosta fotografie documentarie di eventi reali e video di sabotaggi inscenati, invitandoci a riflettere sulla vicenda problematica dell’uomo che sperimenta l’avvento di una nuova rivoluzione tecnologica. Il fulcro è la regione del Gauteng, in Sudafrica, dove Vitale rintraccia un legame tra la gig economy, l’attività mineraria e il concetto di sabotaggio tecnologico. Nello scenario del tardo capitalismo, le persone sono ridotte a “estensioni di software”.

Leggiadro Barocco. L’attività giovanile di Giuseppe Marchesi detto il Sansone

Nella cosmopolita Bologna del Settecento, la scena artistica si presentava quanto mai vivace. Tra i pittori si distinse Giuseppe Marchesi (Bologna, 1699-1771), di temperamento irrequieto e di corporatura imponente, alla quale dovette il soprannome di Sansone. Allievo di artisti importanti della generazione precedente, come Aureliano Milani e poi Marco Antonio Franceschini, continuò a dipingere nel solco della tradizione classicista dei Carracci, di Guido Reni e dei loro successori. Questo orientamento stilistico era sostenuto anche dalla principale istituzione di formazione artistica presente in città, l’Accademia Clementina, alla quale Marchesi appartenne, ricoprendo svariati incarichi didattici e di direzione. La capacità di fondere colori caldi e forti muscolature, derivati dalla lezione dei Carracci, con la grazia del disegno, tipica della pittura di Franceschini, resero il Sansone un pittore apprezzato dal pubblico e dai colleghi. Prolifico e garbato, soprattutto nella fase giovanile (tra il terzo e il quarto decennio del secolo), la sua vivace vena narrativa diede risultati di estrema piacevolezza, che culminò negli affreschi della chiesa di Santa Maria di Galliera, a Bologna. La mostra è aperta dal 1° aprile e chiude a settembre. 

La mostra alle Collezioni Comunali d’Arte, che conservano il dipinto di soggetto storico Clemente VIII restituisce agli Anziani di Bologna le chiavi della città (1739), promossa dai Musei Civici d’Arte Antica e curata da Antonella Mampieri e Angelo Mazza, si incentra su questa fase della carriera dell’artista. L’inedita coppia di pendant con Mosé e le figlie di Ietro e Salomone incensa gli idoli (1725 ca.), il cui successo è dimostrato dalla presenza di copie presso il Museo Diocesano di Imola, è in prestito da una collezione privata. Alcune opere di soggetto profano documentano al meglio lo stile giovanile dell’artista. La figura di Marchesi fu dimenticata in seguito ai cambiamenti della storia del gusto che condannarono il Settecento come secolo superficiale e vuoto di contenuti. Solo a partire dagli anni settanta del secolo scorso lo storico dell’arte Renato Roli ne ha ricostruito brillantemente il catalogo.

Le cose preziose. L’ostinata ricerca di Beatrice Alemagna

Fino al 26 aprile in città è visitabile la mostra "Le cose preziose. L’ostinata ricerca di Beatrice Alemagna", la grande monografica dedicata a Beatrice Alemagna, la più grande autrice italiana contemporanea di picture book, che la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna promuove nei suoi spazi espositivi di Palazzo Paltroni (via delle Donzelle, 2, Bologna) fino al 26 aprile: oltre 200 opere che ripercorrono l'intera carriera dell'artista, con un corpus di bellissimi materiali inediti.  Curata da Hamelin con la collaborazione di Bologna Children’s Book Fair, la mostra si candida ad essere uno degli eventi principali della 60ma edizione della Fiera del Libro per Ragazzi e il main event di BOOM! Crescere nei libri, il festival diffuso promosso dal Comune di Bologna e BolognaFiere e curato dal Settore Biblioteche e Welfare culturale e da Hamelin nell’ambito del Patto per la Lettura Bologna, che ogni anno porta in città le eccellenze dell'illustrazione e della letteratura per ragazzi mondiale.  "Ho fatto molte mostre, ma questa è forse la prima volta che le scelte curatoriali declinate nel percorso espositivo restituiscono uno sguardo così puntuale sul mio lavoro, tale da renderlo più chiaro anche a me stessa - ha dichiarato ai giornalisti presenti la Alemagna.  
Ad accompagnare la mostra Alfabeto Alemagna, un prezioso volume monografico curato sempre da Hamelin e inserito nella collana Topi Saggi edita da Topipittori: un vero e proprio saggio monografico diviso in 22 voci – dalla A di Animali alla I di Identità alla T di Teatro, per citarne alcune – che guida il lettore e il visitatore della mostra nelle stratificazioni e nella complessità dell’opera dell’artista, grazie a un ricchissimo repertorio di immagini spesso inedite e agli interventi critici di Hamelin e di studiosi come Martino Negri, Sophie Van der Linden, Giovanna Zoboli.
 
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Le mostre di aprile da non perdere

BolognaToday è in caricamento