Mostre personali di Truscello, Ramacciotti e Assirelli
L'essere umano vede il colore grazie al suo terzo occhio. Nonostante un coram tribus ci fa pensare solo e unicamente ad un essere mitologico o comunque fantastico. L’attualità scientifica conferma: è una proteina oculare fotorecettiva - la melanopsina - a determinare la nostra percezione della luce e dunque del colore. Privato di questo terzo ricettore della retina, il nostro sistema ricettivo vede senza vedere.
Conseguentemente il ritmo circadiano di ognuno di noi -l'orologio biologico che scandisce il ciclo vitale - dipende tanto dalla luce quanto dalla percezione cromatica. Marilè Truscello intuisce la priorità della cromia e ne dedica l'intero operato creativo. La figuratività del suo tratto informale riflette la concezione del colore quale misura effettiva di vitalità e definisce l'espansione di esso in una maniera che tanto si avvicina al naturale. La cromia intesa come flusso organico, in effetti, definisce lo spazio pittorico che si frammenta - con ogni pezzo di tela - in numerosi brandelli di carne viva. L'occhio comprende inconsciamente, davanti a questa galleria di vita, la sua appartenenza indiscutibile a un mondo da sempre e per sempre a colori.
La sottigliezza delle sensazioni inutili, /le passioni violente per nulla, /gli amori intensi per ciò che si presume in qualcuno, /tutte queste cose –/queste e ciò che in esse manca fatalmente –/tutto quanto mi produce stanchezza, /questa stanchezza, /stanchezza. Fernando Pessoa
La condizione di astenia organica come una sensazione intima e soggettiva pervade il mondo silente di Lisandro Ramacciotti. L'esotica ricchezza di pattern e la grazia femminile, forme compatte e avvolte dalla mental fog che paradossalmente rende le forme pesanti e presenti, sicché nebbiose e incomprensibili. È la grande stanchezza positiva che permette alla mente di dormire a nostra insaputa e lasciare libere le sensazioni a gestire le attività cognitive. Allora percepiamo tutto per sentimento, senza razionalizzare ma empatizzando, dedicando - con lentezza e stanchezza - alle immagini le nostre reazioni più veraci e istintive. Allora la forma gentile diventa una madre, sorella o figlia e il pattern policromo un giardino o un traffico urbano. Qualunque sia la formalizzazione mentale dell'immagine fisica, essa esprime l'autenticità dei nostri sensi stanchi di pensare e pronti a emozionarsi.
Una reazione automatica generata dalla mente senza il coinvolgimento dei meccanismi di comprensione di ultimo livello - ovvero quelli della consapevolezza effettiva - che genera un effetto ideomotorio sull'organismo sta alla base degli eventi pittorici di Alessandro Assirelli. Un'idea dunque che causa movimento involontario ma finalizzato a un prodotto non ordinario e razionale, esattamente come lo è la sua fonte. Azzerata la prontezza dell'intenzione, ha luogo un evento autogenerato che spesso oggettivizza - oltre ad archetipi comuni - visioni personali e traduzioni apocrife della percezione del mondo. Una volta esternate, queste forme proprie all'artista ma irriconoscibili per lo stesso, lo spingono ad agire consciamente. Allora il creativo tenta di verbalizzare un'esperienza che sfugge - come un sogno - alla concreta fissazione mnemonica, e di darle un ordine sequenziale, linguistico. Il risultato giunge ai sensi - in maniera violenta e traumatizzante - come un episodio estemporale e irricollocabile nella durèe quotidiana. Una narrazione frammentata di un momento che ha fatto la differenza è offerta dall'artista con la richiesta - automatica e inconscia - di una ricomposizione esterna attesa dal meta-creativo: l'osservatore.
Presentazione critica a cura della dott.ssa:
Denitza Nedkova
Curatrice mostra:
Deborah Petroni
Durata mostra:
dal 24 novembre al 6 dicembre 2018
dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 con orario continuato
Lunedì e domenica chiuso
Ingresso gratuito