"La Notte di San Lorenzo": una serata di poesia
Con una serata di poesia dal valore civile e religioso, che vedrà anche la partecipazione dell’Arcivescovo di Bologna Monsignor Matteo Zuppi, si chiuderanno le iniziative attorno al Museo per la Memoria di Ustica per ricordare il 37° Anniversario della Strage. Saranno, come è tradizione da parecchi anni, i versi del X AGOSTO di Giovanni Pascoli, “San Lorenzo io lo so…” ad aprire un percorso che collegherà simbolicamente il volo spezzato del DC9 Itavia ai tanti viaggi che percorrono e drammaticamente si concludono nei nostri mari.
Senza dimenticare con le pagine tratte da “Sull’Oceano” di Edmondo De Amicis, le drammatiche vicende dell’emigrazione italiana di fine ottocento. Un tessuto di poesie, curato da Niva Lorenzini, affidato alle voci dei giovani dei Cantieri Meticci, una compagnia operante a Bologna, che vede la partecipazione di persone che hanno vissuto direttamente sulla loro pelle i drammi del nostro tempo, diretti da Pietro Floridia.
Mercoledì 10 agosto, ore 21:30
LA NOTTE DI SAN LORENZO
Serata di poesia a ideata e curata da Niva Lorenzini
I testi di poesia selezionati per il XXXVII Anniversario della Strage di Ustica sviluppano tutti, nella varietà delle scelte espressive, un tema comune: quello del viaggio migratorio raccontato per fasi, tra partenze che sradicano dalle radici e percorsi traumatici verso un ignoto altrove, in cui si approda da esuli, spinti dalla fame, dalla violenza, dalla guerra, dalla morte. Parla di nuova “epopea di sommersi e salvati” Erri De Luca, che nei versi di Solo andata affida a una voce collettiva, a un “noi” che si fa portavoce del trauma del distacco, il ricordo del paesaggio che si lascia, luogo dell’anima fissato nei colori, gli odori, i suoni di un altopiano azzurro su cui pascolano mandrie o del vento del Sahara che soffia sotto le “stelle appese della notte”. Sono luoghi che sfumano e si perdono nel ricordo, a mano a mano che l’orizzonte verso cui si procede diventa “non luogo”, estraneo allo spazio e al tempo, fermo in un presente senza passato e senza futuro, da cui si viene respinti
come “cenere dispersa”, nel buio della marginalità, dell’esclusione.
Si ripensa a Brecht, quando avvertiva che i poeti, nei tempi bui, non devono tacere. E lui non aveva di certo taciuto, negli anni tragici del nazismo, denunciando il marchio di emigrante e di esule che sentiva inciso sulla propria carne, quando nelle Poesie di Svendborg scriveva: “Sempre mi è parso erroneo il nome che ci hanno / dato: emigranti. Ma noi non siamo espatriati volontariamente […] Siamo fuggiti, invece”. E non avea taciuto Caproni che, negli anni tragici del secondo conflitto mondiale, dava voce, nel Passaggio di Enea, alla condizione dell’esule sospeso tra catastrofe e rinascita, dell’eroe sconfitto che lasciava Troia con il padre sulle spalle e il figlioletto per mano, avviandosi verso un futuro incerto.
La sera del 10 agosto si coniugheranno con questi percorsi i testi multietnici proposti da
Pietro Floridia, regista dei Cantieri Meticci.