'Tutto', di e con Lelio Naccari
(…) TUTTO di e con Lelio Naccari è una spassosa mise in scena della ricerca di un giovane attore intorno a se stesso e ai valori della vita. Detto così non si sentono le risate. Invece, questa ora di Naccari è una leggerissima e frizzante chiacchierata, tra confessione, gioco surrealista e riflessione filosofica, in cui l’attore racconta “tutto” con il “niente”, e lo racconta molto bene. La pièce ha una dinamica azzeccata, l’attore guida lo spettatore con quella misteriosa tranquillità che caratterizza anche la persona e che per anni è stato per me motivo di domande. Naccari ci è o ci fa? Entrambe e anche con una certa serietà. Questo scetticismo sulla realtà, l’indecisione che viene messa avanti a tirare tutto, a cercare, si risolve in un’ironica leggerezza, quella leggerezza alla Calvino, che spazia, che vola, che entra e esce e non si sporca mai. Perché le questioni maneggiate dall’attore regista nello spettacolo sono molto spinose e fanno parte del tempo presente: cosa siamo, quando decidiamo di esserlo, e siamo sicuri di essere qualcosa? Cavalcando il meccanismo metateatrale dell’introduzione allo spettacolo, Naccari porta lo spettatore dalla formazione della perla, alla danza, passando per il gioco automatista con il pubblico, citando tutti da Socrate a Heidegger passando da Amleto e Atreju. Si presenta così come attore e regista fatto, dotato di una spassosa sbandierata insicurezza, che poi è la maschera di uno sguardo originale, paradossalmente strutturato, e che spero possa mantenersi sempre così genialmente fecondo.
Da rivedere durante le crisi esistenziali.
Mosè Previti