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Energie rinnovabili, la Regione fissa i paletti per il fotovoltaico agricolo e nelle cave dismesse

Solare galleggiante e agrovoltaico, nuovi impianti su terreni di cave e discariche chiuse, obiettivo centrare la neutralità carbonica entro il 2050

La giunta della Rgione Emilia-Romagna ha approvato un pacchetto di linee guida per fissare regole di massima sugli impianti a energia rinnovabile, una cornice che dovrebbe servire a dare regole a un settore chiamato a compiere la transizione ecologica, anche se presumibilmente il fossile non verrà abbandonato nel breve e medio periodo.

Le linee guida varate dalla giunta chiamano in causa anche l’installazione di impianti fotovoltaici sulle aree delle cave dismesse, favorendone l'utilizzo. Tra le altre notivà lo snellimento delle procedure: i nuovi impianti fino a 20 megawatt, connessi alla rete elettrica di media tensione, potranno partire con una semplice comunicazione. Stesso discorso nelle zone industriali e commerciali, oltre che su discariche non più attive.

Linee guida per installazione rinnovabili: il pacchetto

Mentre il piano della giunta prende corpo l'Arpae, l’Agenzia regionale per la prevenzione ambientale e l’energia, darà vita ad una nuova struttura operativa interna per assicurare uniformità e coordinamento nell’applicazione delle disposizioni sull’intero territorio regionale.

"Si tratta di scelte -recita un comunicato di Viale Aldo Moro- che l'assessorato all'Ambiente ha portato avanti con decisione, in linea con le istanze dell'Assemblea legislativa e con gli obiettivi del Patto per il Lavoro e il Clima, per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050".

Per le aree estrattive, in particolare, se è previsto un recupero come invasi debuttano norme che disciplinano il “solare galleggiante”, posizionato direttamente sull’acqua. In quelle restituite a un uso agricolo si promuove invece “l’agrovoltaico”, con l’integrazione della presenza di coltivazioni e impianti di produzione di energia grazie al ricorso a tecnologie innovative. Nelle aree restituite a uso agricolo, potranno essere installati pannelli a terra solo se non coltivate; altrimenti vale il limite del 10% della superficie complessiva.

Nessuna possibilità di sfruttamento energetico è contemplata infine nei casi in cui per la cava sia programmato un recupero ambientale, con interventi di rinaturazione, piantumazione e ripristino della vegetazione.

Impianti galleggianti, agrovoltaico e pannelli “a terra”: ecco le novità

Nelle cave dismesse “riutilizzate” come bacino idrico, le nuove norme regionali consentono l’istallazione di impianti fotovoltaici “flottanti”, cioè galleggianti. Si fissano però alcuni paletti di tutela ambientale da rispettare. La superficie dell’invaso occupata non può però superare il 50% dell’estensione dello specchio d’acqua; i pannelli devono concentrarsi in maggior parte al centro del bacino per non ostacolare la nidificazione e lo svezzamento dei volatili, che avviene lungo le rive; non è possibile posizionarli dove si registrano meno di 3 metri d’acqua, perché i volatili procacciano il cibo in particolare in acque poco profonde. Per compensare gli impatti dell’impianto fotovoltaico sull’ecosistema, infine, la sua realizzazione richiede di effettuare un contestuale ampliamento delle aree naturali e delle aree di foraggiamento degli animali con la posa di siepi larghe almeno 5 metri nelle zone perimetrali.

Per le ex cave ritornate all’uso agricolo, invece, è previsto l’agrovoltaico con tecnologie innovative come il montaggio verticale di moduli, anche bifacciali o elevati da terra, dotati di inseguitori solari. La struttura portante dell’impianto deve comunque consentire il passaggio dei mezzi agricoli per la coltivazione.

Impianti a terra sono infine consenti nelle cave abbandonate, così come in quelle ripristinate ad uso agricolo a condizione che l’area non risulti coltivata. Per quelle coltivate, è confermato il limite del 10% di utilizzo dell’area agricola se la stessa risulta coltivata.

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