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Aung San Suu Kyi, simbolo della lotta non violenta: diventa cittadina di Bologna

La cittadinanza onoraria sarà conferita alla leader birmana, Pemio Nobel per la pace, il prossimo 30 ottobre. Merola: "Evento storico. Finalmente compiute le condizioni per organizzare la cerimonia. Onorati di ospitare una personalità di questa caratura"

Cittadinanza  onoraria  della  città  di  Bologna alla leader birmana Aung San Suu Kyi. L'onorificenza sarà consegnata dalel mani del sindaco, Virginio Merola,  mercoledì  30 ottobre, durante una seduta solenne del Consiglio comunale. 
Nel 2008  il  Consiglio  comunale  di  Bologna  approvò  all'unanimità  la  richiesta  della  Presidenza  del  Consiglio comunale di  offrire  la  cittadinanza  onoraria  ad  Aung San Suu Kyi, quando la leader  birmana - Premio Nobel per la pace nel 1991 - era agli arresti domiciliari.

"E'  un  evento  storico  per  la città di Bologna - ha detto il Sindaco -  E'  un'occasione  per  adempiere  a  quanto  deliberato  dal  Consiglio  comunale  cinque  anni  fa.  Finalmente si sono  compiute  le  condizioni per poter organizzare la cerimonia di consegna. E'  un  evento  eccezionale che ci riempie di orgoglio come città. Il Comune di  Bologna è onorato di ospitare una personalità di questa caratura".
Esprime  soddisfazione  Simona  Lembi, Presidente del Consiglio comunale di  Bologna:  “Saremo  molto felici di accogliere Aung San Suu Kyi in Consiglio  comunale,  una  leader  che si è sempre distinta per il coraggio e la forza  con  cui  si  è battuta per la democrazia e la libertà e per promuovere una  cultura globale di rispetto dei diritti umani".

La lotta non violenta di Aung San Suu Kyi. Dall’89, salvo brevi intervalli, Suu Kyi è sempre rimasta agli arresti domiciliari, in una casa circondata dai soldati. Per anni non potè vedere il marito e i figli. Nel marzo del ’99 il marito di Suu Kyi, Michael (uno studioso inglese del buddismo), morì in Inghilterra per un cancro alla prostata. Vicino alla fine, aveva chiesto di poter salutare la sua compagna in un ultimo viaggio in Birmania, ma i militari non glielo permisero. Se voleva, dissero, poteva andare lei a trovarlo.
Ma Suu Kyi sapeva bene che in quel caso non avrebbe mai potuto tornare, e scelse di soffrire da sola, e da lontano, quel tragico distacco da un uomo che l’aveva sempre teneramente appoggiata. I militari cercarono infatti (lo fanno tuttora) in tutti i modi di convincerla a espatriare, ma si scontrarono sempre con la sua fermezza, il suo indomito coraggio, la sua consapevolezza di essere un simbolo per il suo popolo. Nel corso degli anni, Suu Kyi ha fatto ricorso a ogni forma di protesta che la sua situazione le permettesse, come i digiuni, per attirare l’attenzione della comunità internazionale sulla tragedia del suo Paese, uno dei più sventurati della Terra. 
Quando le venne assegnato il Nobel, pesava meno di quaranta chili. Ma Aung San Suu Kyi non è una grande figura solo per il coraggio della sua lotta non-violenta.
Lo è anche per le sue idee. Nell’Asia di oggi, molti tiranni contestano l’universalità dei diritti umani in nome di una supposta “specificità” asiatica, che permette loro di giustificare illegalità e soprusi. La voce di Suu Kyi, insieme a quella di tanti dissidenti cinesi e asiatici di altri Paesi, ci parla di cose assai diverse. Ci dice, ad esempio, che “una cultura di pace, una cultura democratica e una cultura dei diritti dell’uomo sono indivisibili”. E ancora: “Nulla di nuovo nel fatto che governi del Terzo mondo cerchino di giustificare e di perpetuare l’autoritarismo denunciando come alieni i principi liberaldemocratici, arrogandosi di conseguenza il diritto ufficiale ed esclusivo di stabilire ciò che è conforme o meno ai canoni culturali indigeni”.
Così, da quasi vent’anni, una donna minuta e fragile,  continua a sfidare una dittatura di militari felloni e violenti, spacciatori internazionali di droga, sotto gli occhi così spesso distratti, quando non  subdolamente complici, della comunità internazionale.

"Per tutte queste ragioni, anche Bologna – comunica Palazzo D'Accursio - vuole offrirle, con rispetto e ammirazione, la sua solidarietà, assegnandole la cittadinanza onoraria della nostra città".

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