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Congresso Pd, l'ultimo 'travaglio' è sul cambio nome: partito del lavoro o delle imprese?

Lepore propone di aggiungere il termine che richiami al laburismo, ma sia Bonaccini che De Maria frenano. Sui nomi il sindaco di Bologna glissa: "Mi interessano poco"

Cambiare il nome: da Partito democratico a Partito democratico del lavoro. Questo è l'ultimo travaglio interno al Pd, dopo la proposta lanciata da Matteo Lepore proprio nei giorni di formazione del comitato Costituente, che si occuperà di emendare lo statuto prima del Congresso di febbraio. Per ora a favore del cambio di nome, si sono espressi l'ala zingarettiana e anche qualche voce dalla Cgil, oltre a diversi sindaci -ultimo De Pascale di Ravenna, ma ci sono anche Ricci di Pesaro e Nardella di Firenze- ma da altre parti l'accoglienza è stata molto fredda.

A partire dall'acronimo che ne verrebbe fuori per esempio: Pdl, come il Partito (e prima Polo) delle libertà, la creatura dei ruggenti anni zero berlusconiani, non proprio di buon auspicio in questi tempi di meme facili e ironie pungenti virali sui social. Lo stesso Lepore, una volta fatto notare il problema, abbozza e ci scherza su rimanendo però serio sull'andare avanti: "L'acronimo sarebbe Pdl? No, a questo punto potrebbe essere PaDeL… scherzi a parte la mia è una proposta politica" fa sapere il primo cittadino bolognese ospite in radio.

Lepore: "Dobbiamo tornare alla nostra vocazione"

"In Parlamento- ribadisce il sindaco dem- manca un partito che si occupi del lavoro degli italiani e delle italiane, manca un partito che si occupi della promozione dell'industria, dello sviluppo, di un'idea di transizione ecologica veramente sostenibile. Questo si può fare, come ci dice la nostra Costituzione, a partire dal valore del lavoro. Anche e soprattutto per quelli che il lavoro non ce l'hanno. E questo è un elemento può unire nord e sud".

Nel merito Lepore cerca la replica dei candidati alle primarie, per cercare di fare breccia nel dibattito interno, ma si tiene lontano dall'indicare apparentamenti. "Bonaccini o Schlein? "Il tema mi affascina poco, mi interessa più capire la missione del nostro partito" glissa il primo cittadino, per poi rincalzare: "Ho difficoltà a scegliere, lavoro bene con entrambi, vorrei sapere cosa pensano loro della mia proposta sul nome".

Il 'niet' di Bonaccini e De Maria: "Pd partito anche delle imprese"

Sia Bonaccini che De Maria però, ospiti rispettivamente in tv e sui quotidiani, hanno fatto sapere di non essere interessati al cambio nome. "Non abbiamo perso per via del nome" taglia corto il governatore durante un dibattito televisivo a Piazza Pulita, aggiungendo che "ovviamente nel Pd che ho in mente c'è la centralità del lavoro anzi dei 'lavori', perché il lavoro è l'unica cosa che dà dignità alle persone".

Il riferimento velato alla parola 'lavori' del candidato alla segreteria è riferito alla visione ecumenica del Pd bonacciniano, una sorta di continuità con il passato di partito-sistema che tiene insieme le richieste sociali con i desiderata di industria e imprese, che non trascuri i dipendenti ma nemmeno gli autonomi, i sindacati ma nemmeno le organizzazioni datoriali.

Sulla stessa lunghezza d'onda di Bonaccini anche il deputato Andrea De Maria, che con linguaggio felpato striglia il sindaco di Bologna riportando verso destra e al centro il timone della 'Ditta'. "Dobbiamo essere il partito della alleanza fra lavoro e impresa -risponde De Maria sul Carlino- È l’impresa sana che investe che crea lavoro. Questo la sinistra nella nostra terra lo sa bene. Pensiamo alla storia del rapporto fra istituzioni e piccola e media impresa o al movimento cooperativo. Fino al patto per il lavoro siglato in Regione. C’è un rischio nel nostro dibattito, e non mi riferisco alle parole di Lepore. Reagire alla vittoria della Destra con una chiusura identitaria e persino massimalista. Sarebbe un grave errore".

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