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Tanta Bologna nel nuovo PD di Schlein. Santori: "La vera sfida è sul territorio"

Intervista a Mattia Santori, nominato dalla nuova segretaria nella Direzione nazionale del Partito Democratico

Si sono concluse le nomine per la Direzione nazionale del ‘nuovo’ Partito Democratico targato Elly Schlein. Tanti i referenti bolognesi, tra cui il sindaco Lepore e il consigliere Mattia Santori, membro del comitato cittadino pro-Schlein in fase di campagna elettorale per le primarie.

L’ultima volta avevi detto che non eri convinto della “doppia” posizione tra Bologna e Roma, e invece sei stato nominato.
È un segnale importante. Dopo la Segreteria, la Direzione è l’organo più importante del Partito Democratico. Personalmente non avevo ambizioni, ma credo sia un bel segnale il fatto che sono state nominate diverse persone che io chiamo “sull’uscio”, ovvero quelle persone che hanno fatto percorsi politici paralleli e che oggi entrano a far parte di un’esperienza che diventa plurale. Penso a Rossella Muroni, a Sandro Ruotolo, ad Annalisa Corrado, Jasmine Cristallo e altri. È bello che queste persone vengano coinvolte non solo a parole ma nei fatti. 

Sei più contento o più preoccupato per questo ruolo?
A chi si stupisce della presenza mia o di altre persone, come Jasmine, dico che le cose nel tempo sono cambiate. Ci viene detto che prima eravamo contrati e oggi no, ma è l’habitat ad essere cambiato. Noi sappiamo di far parte di una fase evoluta e costruita nel tempo e che oggi si manifesta. Il timore è quello di entrare in un ambiente i cui meccanismi arrivano da lontano e sono consolidati nel tempo. La sensazione che ho avuto ieri a Roma, però, è che ci sono tante facce nuove e c’è, soprattutto da parte di Elly, la coscienza che i nuovi arrivi vanno accolti e tutelati. C’è la consapevolezza che il clima è cambiato. Prima era un ambiente che io percepivo come respingente e un po’ paternalista, mentre ieri ho capito che sta iniziando qualcosa di nuovo. Certo, vedendo alcune facce note ti rendi conto che loro sono nel proprio habitat e ti chiedi “ma dove sono finito?”. Poi ti guardi intorno, senti le parole di Elly dal palco, guardi le persone attorno a te e ti rendi conto che il clima è proprio cambiato.

Il cambiamento c’è anche nei volti più vecchi?
Ieri la parola chiave è stata “unità”. Siamo stati molto attenti nei formalismi che nelle relazioni a mantenere un clima sereno. Io credo che delle perplessità ci siano, ma è normale in una fase di cambiamento. Dietro ai sorrisi di ieri credo ci sia ancora qualcuno, tra le figure storiche, che è ancora un po’ perplesso su queste nuove facce. Sta a noi garantire un approccio costruttivo: bisogna cambiare rotta, ma non significa rottamare o dover fare chissà quale rivoluzione. Abbiamo rispetto per la storia del partito, ma se siamo lì è perché ci è stato chiesto di dare aiuto.

Una delle accuse che avevi rivolto a Bonaccini era quella legata alla difficoltà di coniugare il lavoro sul territorio a quello della politica nazionale.
Io sono molto attento a questo. Sono contento per la nomina di ieri ma per me il lavoro più importante rimane quello sul territorio, sia come amministratore che come iscritto al circolo. Proprio recentemente abbiamo organizzato una cena di rilancio per il circolo del Pratello, dove sono iscritto. Non ho un interesse preminente tra le due cariche: per me le due cose vanno insieme. Sono contento se viene gente al Pratello e sono contento di rappresentare il territorio in Direzione nazionale. Vengo da un’esperienza, quella delle Sardine, che è stata di respiro nazionale e so bene che bisogna ancorare i piedi nel territorio. Quando mi sono candidato in Consiglio comunale pensavo proprio a questo: la sfida è qui, non tanto a Roma. 

C’è anche differenza tra la Direzione e la Segreteria.
Esatto. Non dovrò spostarmi a Roma. Alcuni mi scrivono “Ah ma quindi andrai a Roma?” e la risposta è no. Non sono in Segreteria, non sono nella “giunta” del PD ma sono in Direzione, diciamo il “Parlamento” del partito.

Ti ha sorpreso la nomina di Bonaccini come Presidente del partito?
La nomina è stata più lunga del previsto e questo ci dice che non è stata una scelta immediata. C’erano due direzioni: dare un segno di unità da un lato, testimoniare il cambiamento dall’altro e credo che Elly abbiamo fatto bene. Ora è il momento dell’unità. C’era bisogno di dare rassicurazioni alle componenti di un partito che oggettivamente si sono divise a metà, anche se le posizioni non sono così distanti. Credo anche che il linguaggio corporeo e non verbale di ieri tra Stefano ed Elly sia stato vero. Loro hanno veramente un rapporto di stima, fiducia e anche di affetto reciproco. Da questo punto di vista siamo molto positivi tutti e il clima respirato ieri lo testimonia.

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