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Le Regionali viste dal punto di vista della comunicazione: dal caso Mihajlović alle scelte dei temi

Il semiologo Ruggero Ragonese fa un analisi su manifesti, colori, simboli, foto dei candidati

Politica e comunicazione: a due giorni dalle Elezioni Regionali uno sguardo curioso sulle scelte di comunicazione dei partiti e dei candidati ci sta. L'attenzione si focalizza sui due sfidanti principali nonostante la lista ne conti sette (qui l'intervista multipla a tutti i candidati alla presidenza dell'Emilia-Romagna) e l'abbiamo affidata a chi si segni e linguaggi se ne intende. 

Ruggero Ragonese si è laureato in Semiotica a Bologna con Umberto Eco nel 2000. Dottore di ricerca in Psicologia e Semiotica della comunicazione simbolica, insegna Semiotica all’Università di Modena e Reggio Emilia ed Estetica e Semiotica delle Arti al Politecnico di Milano. Fra le sue ultime pubblicazione Costruire l’immagine (Esculapio), L’annuncio pubblicitario (con Cinzia Bianchi, Carocci). 

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Una panoramica generale sugli stili e le strategie di comunicazione (manifesti, colori, simboli, foto dei candidati...) delle campagne elettorali in corso per le Regionali 2020: cosa hai notato di particolare, se siamo in linea con degli standard, quali sono gli eventuali elementi di novità...

"Beh mi pare si sia accentuata la tendenza che proprio con te avevamo visto per le ultime elezioni. Poco o pochissimo pare abbia contato la cartellonistica, i manifesti, le affissioni (giusto qualche polemica sul verde usato da Bonaccini). Quello che vediamo in giro negli spazi autorizzati o sui bus è davvero un festival della banalità. Pochi gli slogan interessanti, poche scelte grafiche originali. Insomma, se non fosse per i social sembrerebbe una campagna davvero soft e poco partecipata.

E invece è sui social ancora una volta che si è giocata la partita. A parte ovviamente il fenomeno "sardine" che mediaticamente e comunicativamente è stato l’unico vero squillo di tromba a sinistra. Forse, però, partite troppo presto. Favoriti da una vera e propria super esposizione mediatica fra novembre a dicembre sono arrivate a gennaio meno forti e incisive, col fiato un po’ corto.

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Competizione Bonaccini/Borgonzoni: come si sono giocati le loro carte a livello mediatico e sui social? 

"Rispetto alla posta in gioco e ai roboanti proclami è stata una campagna piuttosto prevedibile. Secondo me, dettata da una certa paura paralizzante da entrambe le parti. Bonaccini ha puntato tutto sulla buona amministrazione e sui risultati dei cinque anni precedenti. Non mi pare una scelta del tutto azzeccata. Vuol dire tracciare una distanza profonda con l’elettorato scontento, è un po’ quello che in psicologia si chiama doppio legame. E’ come se si dicesse loro, “non puoi non stare bene in Emilia Romagna: perché la sanità funziona, la disoccupazione è bassa etc. etc.” Evidentemente un messaggio che difficilmente riesce a coinvolgere gli insoddisfatti che sono passati o stanno per passare alla Lega. Funziona la massimo per ‘blindare’ i tuoi elettori".

Un esempio di buona pratica di comunicazione politica? E di errore?

"Dell’approccio non felicissimo di Bonaccini ho detto. Della Borgonzoni si fa fatica a dire qualcosa perché davvero è apparsa troppo indietro rispetto al suo leader di riferimento Salvini. Un gioco molto di rimessa, non so se pagherà. Però credo che stavolta un errore, almeno iniziale, lo staff della Lega l’abbia fatto. Puntare sul concept di ‘Liberare l’Emilia Romagna’ non ha pagato. Per lo stesso motivo per cui non funziona neanche la rivendicazione dei risultati avuti da parte del presidente.

Di fronte a un elettorato fluido che in parte proviene da tradizioni di sinistra legate al Pci emiliano romagnolo e che solo negli ultimi anni si è avvicinato alla Lega, l’idea di ‘liberazione’ è stata un passo falso. La narrazione che attecchisce su questo target è quella di un Pci ‘buono e giusto’ e di un Pd affarista, legato alle élite lontano dai valori di Dozza e Fanti. E infatti il tiro è stato corretto abbastanza presto, ora lo slogan che più funziona è ‘basta Pd’ (‘liberiamoci dal Pd’ campeggia sulla copertina fb di Lucia Borgonzoni)".

Abbiamo secondo te (faccio riferimento a un target generalista) dei 'punti deboli' come ricettori di messaggi? Gattini e cuccioli a parte, qualcosa che fa presa e magari non ne siamo neppure tanto consapevoli?

"Una domanda complicata cui rispondere e su cui ci sarebbe molto da dire. Volendo semplificare Sartre scrive che ‘l’inferno sono gli altri’, direi che ridimensionando un po’, si può dire che il nostro punto debole è la nostra ‘bolla’ social. Quest’ultima non influenza solo le nostre informazioni e le nostre opinioni, ma più o meno consapevolmente anche le nostre percezioni e le nostre emozioni. Sentiamo paura verso i migranti se in qualche modo la nostra comunità di riferimento ce la fa sentire. Così succede per la sensazione di insicurezza e altre elementi su cui ci focalizziamo perché li sentiamo ‘caldi’ nella nostra comunità.

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Allo stesso tempo, non riusciamo quasi a comprendere quelli che vivono e credono in altre ‘bolle’ dove si dice il contrario. Salvini è bravissimo a smuovere queste ‘bolle’ costruendo un immaginario: le felpe, il citofono dell’altro giorno, Bibbiano, sono tutti rituali che ‘attivano’ i suoi difensori (‘forse esagera, ma ha ragione’) e ovviamente i suoi detrattori. Però ogni volta dà lui le carte, dice non solo cosa pensare, ma cosa sentire. La sinistra va un po’ a ruota, si era smossa con il fenomeno delle sardine, ma come detto nell’ultimo mese ha mostrato un po’ la corda. Basti pensare che negli ultimi giorni ha avuto molta più rilevanza l’episodio del citofono di Salvini che il grande concerto/evento in piazza delle sardine. Tutti e due significativamente a Bologna che sta diventando un po’ lo spazio simbolico di questa campagna. Due rappresentazioni opposte: il luogo ‘positivo’ dei giovani, della cultura e della musica per la sinistra, il luogo ‘negativo’ della ‘grande città’ degradata con spacciatori, extracomunitari e sporcizia per la destra."

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"L’episodio di Siniša Mihajlović si inserisce bene in quello che dicevo prima. Non è tanto importante in sé (dichiarazioni simili di personaggi sportivi sono comuni), ma è interessante per gli effetti prodotti. Sono bastati due o tre commenti spiacevoli di utenti anonimi (che dicevano in sintesi: “Sinisa si merita la malattia” o “E’ un ingrato perché dovrebbe ringraziare la sanità che lo cura e voluta dall’attuale amministrazione”) per creare una contro narrazione a destra: ‘quelli del Pd’ predicano contro l’odio in rete e gli ‘haters’, ma poi attaccano persino un malato di cancro se non si schiera dalla loro parte. Quella della ‘doppia morale’ dei comunisti è un’accusa che risale a tantissimo tempo fa, era una accusa classica portata avanti già della Dc negli anni Cinquanta: il Pci (Pd) si erge a paladino dell’integrità morale, ma alla fine non è diverso da quelli che critica.  

E’ un cavallo di battaglia ‘emotivo’ che raggiunge sempre il bersaglio, si tratta solo di riuscire ad attivarlo. La facilità nel reperire flames su quasi qualsiasi post a sfondo politico rende, d’altronde, la comunicazione sui social facilmente manipolabile e, in qualche modo, assolutamente prevedibile: un processo quasi meccanico".

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