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Referendum: cos’è il quorum e quanti i voti richiesti

Il referendum è lo strumento più importante di democrazia diretta spesso non partecipato e disatteso dalla politica. Sono 14 gli anni di non-quorum in Italia

La consultazione diretta dell’elettorato su materie specifiche, prevista dall’art. 75 della Costituzione, consente di esprimersi direttamente con un SI o un NO sull’abrogazione di leggi ordinarie e fino ad oggi solo in due casi di tipo costituzionale. Spauracchio delle consultazioni referendarie italiane è il quorum, dal latino “dei quali”, in pratica il numero legale fissato nel 50% più uno degli aventi diritto al voto.

I NUMERI. La richiesta di referendum prevede la presentazione di almeno 500.000 firme di cittadini maggiorenni (90 giorni di tempo) alla Corte di Cassazione che valuta la conformità del quesito e delle firme. A seguito del placet della Cassazione, la Corte Costituzionale ne vaglia “l’ammissibilità”.

LA STORIA DEI REFERENDA. Nel nostro paese la madre di tutti i referendum è certamente quello del 2 giugno 1946 che decreta la fine del Regno d'Italia e la nascita della Repubblica  (12.717.923 voti contro 10.719.284. Schede non valide 1.509.735).  Tra le principali consultazioni, nel 1974 si conferma (59,3%) l’istituzione del divorzio. Quasi un plebiscito nel 1981 per la legge 194 sull’aborto (88,4%), mentre il quanto mai attuale Referendum anti-nucleare del 1987 raggiunge l’80,6%. Nel 1993 si abolisce, strano ma vero, al secondo tentativo, il finanziamento pubblico ai partiti. Va male a Bettino Craxi nel 1991 quando cerca di sabotare la riduzione dei voti di preferenza da tre a una nelle elezioni per la Camera dei Deputati con l’ormai celebre “andate al mare”. Con il 90,3% le preferenze vengono ridotte.

I NON-QUORUM. Le debacle del quorum iniziano nel 1997, dando il via ai referendum balneari, con i quesiti su privatizzazione, obiezione di coscienza, caccia, magistratura, ordine dei giornalisti e istituzione del Ministero per le Politiche Agricole. E da lì in poi, tutte i riportano la dicitura NON VALIDO: nel 1999 fallita per pochi punti l’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni alla Camera; disfatta totale nel 2000, per l’eliminazione del rimborso delle spese elettorali, abolizione del voto di lista per l’elezione dei membri togati del CSM, separazione delle carriere dei magistrati, abrogazione art. 18 dello statuto dei lavoratori, abolizione di trattenute in busta paga o pensione della quota volontaria di adesione a sindacato o associazione di categoria attraverso un patronato e secondo tentativo per l’abolizione della quota proporzionale nelle elezioni alla Camera. Nel 2003 solo il 25,5% degli aventi diritto si recano alle urne per l’estensione a tutti i licenziati senza giusta causa del diritto di reintegro nel posto di lavoro e per l’abrogazione dell’obbligo di servitù coattiva di elettrodotto. Nel 2005 fallisce anche l’abolizione dei limiti di ricerca sugli embrioni, all’accesso alla procreazione assistita e alla fecondazione eterologa e nel 2009 l’assegnazione del premio di maggioranza alla lista più votata e non alla coalizione e l’impossibilità di candidarsi in più circoscrizioni.
Resta da capire se, a generare la disaffezione degli italiani nei confronti di un così importante strumento, siano i troppi referendum disattesi dalle forze politiche, che, più volte, non hanno tenuto conto dell'esito del voto uscito dalle urne referendarie o se in effetti giugno sia “il mese più bello per andare al mare”.

 

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