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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Referendum taglio dei parlamentari, i NO: "La riforma agevolerebbe le formazioni politiche più potenti"

INTERVISTA A MATTEO ROSSINI. "Una misura anti-casta che poi blinda tale casta in Parlamento": questa una delle ragioni di chi sostiene il no. Si vota il 20 e il 21 settembre

Il weekend del 20 e del 21 settembre si vota per il referendum costituzionale confermativo (e non abrogativo quindi) del taglio dei parlamentari. Il quesito stampato sulla scheda elettorale è questo: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?". L'esito del referendum non dipenderà dalle percentuali di partecipazione degli elettori, ma dal voto della maggioranza dei votanti. 

La legge in questione in estrama sintesi prevede la diminuzione dei parlamentari: 230 deputati in meno, per cui la Camera scenderebbe a 400 deputati e 115 senatori in meno, che passerebbero quindi a un totale di 200. Il numero totale dei parlamentari scenderebbe a 600, mentre ad oggi sono 945. Un cambiamento riguarda i senatori a vita, con la precisazione che non ce ne possono essere più di 5 in carica fra quelli nominati dal presidente della Repubblica.

Fatto questo riassunto, naturalmente ci sono due schieramenti: c'è chi è per il sì e chi per il no. Intanto ci soffermiamo sulle ragioni del "no" chiedendo a Matteo Rossini, del coordinamento territoriale del "Comitato 3 motivi per il no”, che ha cominciato una campagna "A difesa della Costituzione, ancora una volta sotto attacco, evidenziando le conseguenze negative del taglio della rappresentanza parlamentare". 

L'intervista a chi sostiene il "NO": Matteo Rossini

Il 20/21 settembre sono le date del referendum costituzionale: cosa deciderà questo voto?

"Con il referendum costituzionale del 20/21 settembre, il popolo italiano è chiamato a difendere la sovranità del parlamento, cosi come è stata concepita dai Padri Costituenti. E’ chiamato a difendere la nostra democrazia costituzionale dall’attacco di chi vuole distruggere le istituzioni democratiche a colpi di quelle riforme, tanto care alla P2.  Di qui il nostro impegno e la costituzione del nostro comitato “3 motivi per il NO” a questo referendum. Come spiegava a suo tempo molto bene Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente,  “non è che si vorrebbe conservare l'attuale numero dei deputati per rispetto ad una tradizione, ma perché la diminuzione del numero dei componenti sarebbe in Italia interpretata come un atteggiamento antidemocratico, visto che,  in effetti, quando si vuole diminuire l'importanza di un organo rappresentativo s'incomincia sempre col limitarne il numero dei componenti, oltre che le funzioni”.  

Ci spiega per bene le ragioni del no che sostenete?

"I motivi per votare no sono tre e da qui il nome del nostro comitatoaaaaaaaz. Il primo, territori senza eletti: la riduzione dei parlamentari lascerà per sempre senza rappresentanza molti territori che oggi o eleggono (almeno) un parlamentare o hanno possibilità di eleggerlo e, quindi, talvolta riescono ad eleggerlo e talvolta no: valli alpine, contrade collinari di borghi che non si raccolgono attorno a una media città, ma al più a una piccola cittadina, isolate zone appenniniche, in generale province o parti di province non densamente popolate rispetto ad altre.

Questi territori tenderanno a divenire politicamente marginali: saranno colpiti dai tagli, in luogo dei territori rappresentati; e beneficeranno di minori spese rispetto a territori vicini, che invece troveranno tutela nei loro rappresentanti.I cittadini che li abitano si sentiranno impotenti, abbandonati e, alla resa dei conti, cittadini parziali.

Addirittura intere province con poca popolazione, anche se di grandi dimensioni, potrebbero non riuscire ad eleggere un senatore (è il caso di Rieti per esempio).

Peraltro, non sono soltanto i cittadini dei territori demograficamente marginali a dover votare "NO" per difendere i loro interessi. Non è giusto, infatti, che i cittadini che vivono inurbati e che continuerebbero ad eleggere rappresentanti in Parlamento, si disinteressino egoisticamente dei tanti cittadini che vivono in aree non densamente popolate.

Il secondo motivo. Gli italiani, di "sinistra" o di "destra" o di "centro", non stimano i partiti attuali: i cittadini votano i partiti turandosi il naso, considerandoli soltanto meno peggiori di altri partiti; i cittadini spesso votano contro partiti e contro leader politici, invece che per convinta adesione e stima dei partiti e dei politici che immeritatamente premiano con il voto.

Tutti attendono che la politica italiana sia sconvolta da qualcosa di nuovo, di valido, di storico. Tutti siamo convinti che il sistema di formazione e selezione della classe dirigente sia saltato e che la attuale classe dirigente sia di qualità modestissima, oltre che espressione di una vera e propria "Casta", nella sostanza un "Partito Unico" portatore di interessi elitari, lontani dalle vere esigenze dei cittadini.

Una "Casta" che nel corso degli ultimi decenni ha programmato e realizzato una serie di riforme destrutturatrici del nostro impianto costituzionale, perdipiù rendendo sempre più difficoltosa la partecipazione dei cittadini all'attività politica al di fuori delle formazioni espressione di quel "Partito Unico" al potere.

La speranza che molti italiani hanno riposto nel M5S, palesemente dimostra che il Paese ha bisogno di nuovi partiti che siano realmente popolari, quindi portatori delle istanze dei ceti più deboli, da troppo tempo non rappresentate in Parlamento. Ebbene, con la riforma, pur lasciando inalterata la soglia di sbarramento al 3%, di fatto sarebbe necessario, per una nuova forza politica, raggiungere, nelle diverse circoscrizioni, percentuali oscillanti tra il 5% e il 9%.

In tale prospettiva il taglio dei parlamentari, presentato come una misura "anti Casta" volta a colpire i privilegi di una classe dirigente elitaria, corrotta, incapace, responsabile dell'attuale degrado della politica e del Paese, finirebbe paradossalmente per blindare in Parlamento proprio la "Casta", ovvero i responsabili di tale condizione.

La riforma, in definitiva, agevolerebbe le formazioni politiche più potenti, che dispongono di ingenti risorse finanziarie, controllano i media, monopolizzano le campagne elettorali, rendendo estremamente più improbabile l'emersione e l'avvento in Parlamento di nuove formazioni politiche sinceramente ispirate ai valori costituzionali, espressione delle esigenze popolari, lontane da interessi lobbistici.

Rafforzerebbe quelle forze politiche esistenti che gli italiani votano, perlopiù, turandosi il naso, in attesa che il Popolo partorisca finalmente uno (o più) veri, seri e grandi partiti.

"Il quadro politico è sconfortante"

"Terzo motivo. L'analisi del quadro politico attuale è impietosa e sconfortante anche sotto un altro punto di vista: oggi non esistono veri e solidi partiti, con una lunga storia e idee ferme, con un collaudato sistema di formazione e selezione della classe dirigente. Non è che esistano e siano decadenti. No, proprio non esistono. I partiti attuali sono centri di potere nazionale che negoziano con centri di potere locale, disponibili a spostarsi da un partito all'altro. I centri di potere nazionale conferiscono i simboli ai centri di potere locale, più o meno vaste reti clientelari, gruppetti di persone, sprovvisti ormai anche di sedi, ma in grado di muoversi sul territorio, di ramificarsi nelle contrade e nei quartieri cittadini e di far apparire che sia presente ciò che in realtà non esiste.

Questa situazione, che si protrae ormai da lungo tempo, ha generato una classe politica parlamentare mediamente pessima: i parlamentari particolarmente intelligenti, o particolarmente laboriosi, o particolarmente capaci di studiare e risolvere problemi sono oggi pochissimi. Moltissimi sono, invece, i mediocri.

Orbene, una riduzione di un terzo dei parlamentari comporterebbe, al più, una proporzionale riduzione sia dei (già pochi) parlamentari bravi, che dei parlamentari inutili, cioè quelli tali ritenuti perché privi di laboriosità, capacità di studio e comprensione, o di particolari conoscenze tecniche. Ma ciò sarebbe già un grave danno. Dinanzi alla modesta soddisfazione di veder diminuire il numero di "fannulloni" e "buoni a nulla" che si fregiano del titolo di Onorevole o Senatore, starebbe l'oggettivo svantaggio di ridurre e indebolire il già esiguo numero dei parlamentari bravi. Dare preferenza alla soddisfazione di veder ridurre il numero degli onorevoli "cialtroni", a costo di indebolire il Parlamento, è una scelta che, se fatta consapevolmente, sarebbe chiaramente meschina e masochistica".

Quando è nato il comitato di Bologna e ad oggi quante persone conta?

"Il comitato “3 motivi per il NO” è stato costituito a Bologna, cosi come in tantissime altre località sparse su tutto il territorio nazionale, nel mese di febbraio del 2020. Nel capoluogo emiliano, ad oggi, possiamo contare sull’impegno attivo e costante di tre elementi che sono coadiuvati nelle loro azioni sul territorio da altre persone che si rendono disponibili di volta in volta a dare il loro contributo".

Secondo lei gli italiani sono bene informati su questo referendum e sulle dinamiche del Parlamento e del Governo in generale? 

"Gli italiani, su questo referendum, come su tante altre questioni, possono venire in possesso di tutte le informazioni necessarie per comprendere la portata della riforma, le vere motivazioni che hanno animato i promotori e coloro che hanno votato favorevolmente in parlamento, capire i meccanismi e le dinamiche di funzionamento del Parlamento e del Governo. Cosi come possono venire a conoscenza delle motivazioni di chi ha promosso un referendum per dire NO a questa riforma costituzionale. Purtroppo quanto sopra affermato richiede tempo, impegno, dedizione, che si sottraggono inevitabilmente ad altri impegni, spesso più impellenti. Quindi sovente ci si limita ad una conoscenza passiva, ascoltando, e perché no, seguendo quelle che sono le indicazioni dei leader dei partiti che hanno promosso questa riforma, da essi stessi ben propagandata sui media. Per fortuna gli italiani hanno dimostrato in molte occasioni di non essere sempre disposti ad accettare, senza informarsi, certe decisioni del legislatore, come certe riforme costituzionali, bocciate poi con il referendum confermativo". 

A Bologna come vi siete organizzati?

"A Bologna ci siamo attivati con una campagna informativa sui social e, con ogni probabilità, effettueremo dei volantinaggi sul territorio".

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