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Primarie Pd

Prodi: "Schlein l'ho vista nascere. Dietro la sua vittoria, profondo desiderio di cambiamento "

Il Professore dopo il voto di domenica: "Future alleanze tema poco interessante. Il Pd ora coinvolga le migliori intelligenze del Paese"

“Qualcuno alla vigilia aveva descritto Bonaccini come usato sicuro, e io penso fosse un complimento. So chi è, mi fido di lui, so cosa potrà fare. Schlein invece era il nuovo rischioso, perché il nuovo, insieme alle speranze, porta sempre qualche rischio". Romano Prodi legge così il risultato sorprendente delle primarie del Pd di domenica scorsa che hanno eletto per la prima volta una donna alla guida del partito.

Prodi d’altronde conosce bene la nuova segretaria Elly Schlein sin dai tempi dei “siamo più di 101”, l’iniziativa a suo sostegno dopo il caso dei franchi tiratori. "Posso dire di averla vista nascere e di essermi confrontato spesso con lei, anche con qualche ramanzina da vecchio professore quale sono”, racconta Prodi in un’intervista a Repubblica. L’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea non si dice “sbalordito” dal ribaltone della Schlein nei confronti del governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, “Ci poteva stare – spiega - si è capito, a ridosso del voto, che qualcosa si stava muovendo. Forse il desiderio di cambiamento era più profondo di quel che sembrava, ma ci sarà tempo per fare analisi, ora bisogna guardare alla realtà e al mandato che Schlein ha ricevuto".

Prodi su affluenza e alleanze

A impressionare maggiormente Prodi è stata la partecipazione alla primarie, “oltre un milione di persone, che se paragonate a quanti sono stati i votanti del Pd alle ultime Politiche, sono un dato eccezionale. A riconferma del fatto che il Pd è rimasto l'unico vero partito in Italia. Nessuno degli altri sarebbe mai in grado di mobilitare così tante persone. Neppure online". Archiviate le primarie, eletta la prima segretaria donna, ora al Pd tocca però risalire la china dei sondaggi dopo il risultato assai deludente delle ultime elezioni Politiche.

E per il Professore i primi nodi da sciogliere non riguardano tanto le alleanze, “una lettura poco interessante, al momento” riflette, quanto la capacità “di coinvolgere tutte le intelligenze che corrono per il Paese, dall'associazionismo alle Ong, dai diversi sindacati alle imprese, per coinvolgerli in un progetto di rilancio. C'è tanta gente che non si sente più rappresentata e nemmeno lontanamente ascoltata. Questa è la sfida che il Pd ha davanti, indipendentemente dal segretario che si è scelto". 

Le future scelte della neo segretaria 

Delineare quindi al più pesto una forte e marcata identità, perché “solo quando avrai capito bene chi sei potrai decidere a chi chiedere di condividere un progetto”. Rischi di tenuta legati a possibili scissioni verso il centro, direzione Terzo Polo, Prodi invece non ne vede. "Il problema del Pd non è la tenuta, come sento spesso ripetere: ma la sua capacità di allargarsi. Torno al tema del coinvolgimento dei riformismi che già esistono nel Paese, perché è una via obbligata. Questo è il destino del Pd e questo sarà il compito che spetta a Elly Schlein, se saprà interpretare al meglio il suo ruolo".

Per il Professore il grande tema che la nuova segretaria dovrà subito affrontare sarà “quello della giustizia sociale. Che però va perseguita senza interrompere la crescita. La priorità è la redistribuzione del reddito, che ha dentro anche il tema del salario minimo. Poi dovrà rinnovare e non rottamare. Cioè non escludere ma includere nuove intelligenze e capacità”. Di consigli veri e propri Prodi non ne dà, anche se “con un linguaggio un po' cattolico le direi che nei suoi confronti c'è stato un grande atto di fede, ora sta a lei scrivere e predicare il credo. E dovrà essere un credo riformista, altrimenti l'atto di fede svanirà com'è successo a molti dei recenti fenomeni italiani, che i politologi americani chiamano fireworks, fuochi d'artificio. Fiammate improvvise che si ridimensionano subito”. Di sicuro, se la Schlein le chiedesse di dare una mano, il professore non si tirerebbe indietro. Anche se “a un antico professore quale sono, non si chiede di tenere un corso di laurea. Al massimo qualche seminario. Magari di economia".

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