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"Autismo: educazione a scuola e nel tempo libero": una bella pagina di società

Specialisti, operatori e professionisti a confronto al teatro Duse. Riflessioni, proposte e prospettive per bambini, ragazzi e adulti con Autismo.

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BolognaToday

Si è chiuso sabato 19 maggio, al teatro Duse di Bologna, il convegno “Autismo: educazione a scuola e nel tempo libero” organizzato dai Lions, dall’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna e con la partecipazione dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici rivolto a insegnanti educatori, genitori e personale sanitario. Attorno ad un nutrito e serrato programma di lavori sono state esposte bellissime e interessanti relazioni. Importante l’intervento dell’arcivescovo di Bologna mons. Matteo Zuppi orientato al futuro, sul “c’é ancora da fare”, e su “ciò che manca” per la costruzione di un clima sociale generale di accoglienza e di vita dei soggetti autistici. Sapientemente coordinato dalla presidente ANGSA di Bologna, Marialba Corona, ed alla presenza della presidente ANGSA dell’Emilia Romagna Noemi Cornacchia, hanno relazionato: G. Roda, E. Malaguti, P. Visconti, F. Caretto, R. Di Sarro, C. Brescianini, S. Ambrosetto, F. Giovannini e M. Negrini, M. Mercatelli, D. Del Gaudio, V. Polizzotto, gli operatori di Lab@, S. Cascetti, C. Hanau. Bellissimo e con un taglio organizzativo il messaggio dei genitori ANGSA di Bologna, letto da Marialba Corona che di seguito si riporta. Ci rallegriamo per la strutturazione del convegno di oggi, organizzato ad alto livello, per la qualità dei relatori e per il ruolo che occupano. In questo teatro è riunita l’intera società che ruota a vario titolo attorno all’autismo. Oggi ascolteremo bellissime relazioni, di Amici e di specialisti, e ci piacerebbe dare a questi relatori un incipit, uno spunto orientato non solo alle buone pratiche che si stanno conducendo, ma anche a quelle più virtuose che iniziamo ad intravedere, vorremmo che ogni operatore potesse già orientarci agli scenari futuri, a quel che ancora manca, a ciò che bisogna fare per offrire migliori e più adeguati servizi. La vita è crescita, sviluppo, trasformazione, è prospettiva e speranza. Tutti coloro che si occupano del problema, a vario titolo, devono pensare a ciò che bisogna fare per migliorare il servizio. Un secondo spunto che vorremmo offrire al piatto della discussione è la necessità, l’urgenza di lavorare in rete, tutti insieme, senza competizioni, l’urgenza di raccordare la scuola, l’ASL, l’università, i clinici ospedalieri, le associazioni e tutti gli operatori e stakeholders che a diverso titolo lavorano ed agiscono attorno all’autismo. Il tema del lavoro di gruppo (scuola, ASL, associazioni, ecc.), che è un tema che risale al ‘700 è strategico, perché consente risparmi economici, perché sostiene la famiglia sciogliendo la solitudine, perché abbassa gli sforzi e gli impegni del singolo operatore, perché evita la duplicazione degli interventi. “Il gruppo (il team) è il garante della nostra salute psicofisica”. Ci piacerebbe guardare al sistema di cura per l’autismo come ad un sistema che sia la chiave di tutto, che l’attenzione all’autismo possa essere quell’inizio della costruzione di una società di rete attiva, che riservi al cittadino in generale la piena applicazione della cura dei suoi bisogni, più che la “presa in carico”, dunque cittadini e non utenti o clienti. Siamo nella Regione italiana più aperta ad una visione inclusiva di questo tipo. Introduciamo anche un concetto che è stato alla base del Rinascimento italiano, un sistema economico virtuoso, una stagione di opportunità. Vogliamo con ciò sostenere che il bambino, il giovane, l’adulto con autismo sono PIL, prodotto interno lordo, in maniera diretta ed indiretta, diretta per ciò che sanno fare e per ciò che possono fare (pensiamo alle esperienze di inclusione lavorativa in Italia ed all’estero), indiretta per la quantità di professionisti che ruotano e lavorano, a vario titolo, attorno a loro. Sull’autismo, in questa Regione, possiamo strutturare un’economia virtuosa, attraverso la presa in cura, l’inserimento lavorativo dei soggetti, attraverso la formazione degli specialisti. Forse cominciano a mancare specialisti nei settori di competenza ed in questa Regione ci sono figure di grande caratura in grado di formare gli operatori. Facciamo del problema dell’autismo un’occasione, a diverso titolo, di vita e di lavoro! Dobbiamo dare opportunità sociali a questi uomini ed a questo donne con autismo, dobbiamo pensare che un ritardo nella valutazione di un bambino, nonostante i brevi tempi richiesti dal PRIA (Programma regionale integrato per l'assistenza territoriale alle persone con disturbo dello spettro autistico), è un ritardo nella presa in cura, che spesso può determinare un insuccesso difficile da riorientare, che solo un’effettiva, resiliente e duratura presa in cura determina risultati evidenti. Dobbiamo sostenere gli operatori, considerando che un operatore (della scuola o dell’ASL) che “parcheggia” un bambino autistico è un operatore che non ha nessuna stima di sé e del suo operato, che non crede di poter trasformare la realtà delle cose, e dunque di essere artefice della sorpresa provata da lui nel comprendere la strada per comunicare i propri bisogni, che magari non sapeva di avere, e dunque è un operatore da destinare ad altra funzione (vi riconduciamo ai fatti di cronaca). Operatori artefici, pertanto, della trasformazione della realtà e della vita di una donna o di un uomo. Il nostro è lo stato di Basaglia! Che ha fatto una grande rivoluzione mentale e culturale di portata sovranazionale. E concludiamo con due citazioni: “Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde”. A. Baricco E dunque sosteniamo che il tempo e la resilienza determinano il successo di qualsiasi “intervento”. E per dirla con le parole dello storico Fernand Braudel, “non esiste città ricca senza una campagna florida”. Ovvero, non possiamo pensare ad una società nella quale una parte sociale abbia tutti gli strumenti per vivere ed una parte della società che viva l’emarginazione e la non inclusione, intendendo per essa parte le nostre famiglie, i nostri ragazzi, i nostri bambini.

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