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Politica

Segreteria Pd, sondaggio Swing: Bonaccini in testa (ma di poco), Schlein tiene il passo

Stacco grosso dai due sfidanti per la terza candidata a segretario dem, Paola De Micheli

Stefano Bonaccini in testa verso il timone della segreteria del Partito democratico, ma Elly Schlein tiene il passo. Tra loro la differenza di preferenze non è marcata. Questa la fotografia scattata dall'ultimo sondaggi Swing per LA 7 sulle primarie Pd del 19 febbraio prossimo per eleggere il nuovo leader dem.

Il presidente della Regione Emilia Romagna precede la parlamentare di 4 punti percentuali. Insomma una manciata di voti li dividerebbero stando alla proiezione. Il candidato più adatto all'incarico sarebbe Bonaccini per il 39% degli elettori Pd mentre Schlein sarebbe la favorita del 35% di loro.

Stacco per De Michele e tanti gli insoddisfatti dalle candidature

Dietro, staccata con molto scarso, si piazza l'altra candidata, Paola De Micheli, che guadagna solo il 7% delle preferenze. Molti di più sono invece gli elettori disorientati e che non trovano soddisfazione in questa rosa di candidati. Infatti per un considerevole 19% di elettori dem, sempre stando all'ultima rilevazione Swing, nessuno dei tre nomi sul piatto sarebbe adeguato alla leadership del partitone.

De Micheli ai microfoni di BolognaToday: "Bonaccini e Schlein? Non temo nessuno" | VIDEO 

Fiducia nei candidati, cosa rivela il sondaggio Swing

Passando al tema della fiducia riposta nei candidati, la fotografia rimandata dalla rilevazione Swg non cambia di molto. Bonaccini si piazza sempre in testa, incassando  il favore di oltre la metà degli italiani (52%), e convincendo abbondantemente il popolo democratico (89%). La ex collega sui banchi della Regione cede il passo al Governatore, ma anche stavolta non di tanto: conquista infatti la fiducia del 46% degli italiani dell'86% degli elettori PD. Ancora dietro ai due, Paola De Micheli, nella quale crede il 31% degli italiani e il 60% degli elettori dem.

La crisi del PD e l’ennesimo (disperato) rilancio 

Alla ricerca del nuovo segretario e di un nuovo nome per rinascere

In profonda crisi, il Popolo dem si avvia spedito verso il Congresso per battezzare una nuova guida, ma non solo. In queste settimane tiene banco anche il tema della ricerca di un nuovo nome per il partitone che, complici gli insoddisfacenti risultati all'ultima tornata elettorale, vuole su questo solco tentare di cambiare pelle per riconquistare l'elettorato deluso. 

Il 'rebranding' del partitone convincerebbe poco tuttavia l'elettorato: dice no la stragrande maggioranza (l’86%). Solo un risicato 14% vede positivamente la nuova denominazione.

Il sindaco Lepore a fore del cambiamento, lancia il  "Partito Democratico e del Lavoro".

Fa parte della corrente che punta al cambiamento anche dal punto di vista semantico il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che la scorsa settimana ha lanciato la proposta di aggiungere un'appendice al nome Pd, trasformandolo in "Partito Democratico e del Lavoro". "Propongo che il partito al quale sono iscritto cambi nome in 'Partito Democratico e del Lavoro'. Avanzo questa idea come contributo alla discussione costituente e congressuale, augurandomi possa essere colta trasversalmente dai candidati e dalle candidate, dalla platea che sarà chiamata a discutere la nuova carta dei valori e lo statuto. Affiancare al concetto di democrazia quello del lavoro significherebbe meglio determinare cosa gli elettori e le elettrici debbano aspettarsi dalla nostra comunità politica". Così aveva spiegato qualche giorno fa il primo cittadino, spiegando: "A questo proposito – continua – la Costituzione della Repubblica italiana è molto chiara al titolo terzo della prima parte, laddove descrive i diritti e i doveri dei cittadini con particolare riferimento ai rapporti economici.  Quando afferma che il “lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa”, dice quasi tutto".

Per Lepore dun que "non può dirsi pienamente democratico un paese dove il lavoro non sia considerato come leva di emancipazione e autonomia della persona; dove si punti a superare i divari di genere, le discrepanze territoriali e generazionali; un paese dove la scuola pubblica di ogni ordine e grado ritorni a essere preziosa, tanto quanto il diritto alla salute. I nostri padri e madri costituenti immaginarono questi principi alla vigilia della ricostruzione post bellica e del rilancio industriale dell’Italia. Gli investimenti, il lavoro e l’istruzione avrebbero permesso di ricucire le distanze e fare uscire gli italiani dalla povertà. Ora come allora, indicare il punto di vista della democrazia e del lavoro come prevalenti, significa molte cose per un partito. Per prima cosa ne determina il posizionamento, chiarisce dove si colloca nelle alleanze internazionali tanto quanto nel rapporto con la cittadinanza". 

I candidati emiliani a confronto:

La storia politica di Elly e il rapporto tra alti e bassi col Pd 

Schlein si appassiona alla politica già da giovane e, nel 2008, partecipa come volontaria a Chicago per la campagna elettorale di Barack Obama. Nel 2011 si laurea all’Università di Bologna in Giurisprudenza e, nello stesso anno, fonda l’associazione studentesca Progrè, una realtà che si occupa di fare informazione e di sensibilizzare sui temi come migrazioni e carcere. Nel 2013, in occasione delle primarie che porteranno Matteo Renzi a diventare il nuovo segretario dem, entra nel Partito Democratico sostenendo la candidatura di Pippo Civati.

Il rapporto di Elly Schlein con il Partito Democratico è stato sempre complicato. Soltanto pochi mesi prima del suo ingresso nel partito, Schlein aveva lanciato la campagna #OccupyPD: in seguito alla vicenda dei centouno franchi tiratori che avevano, di fatto, impedito l’elezione al Quirinale di Romano Prodi, Schlein aveva occupato insieme ad una nutrita rappresentanza giovanile PD diverse sedi del partito per denunciare la propria contrarietà alla nascita del Governo di larghe intese a guida Enrico Letta. 

Come detto, pochi mesi dopo Schlein fa il suo ingresso nel PD e con i dem viene eletta al Parlamento europeo con più di 53mila voti nella circoscrizione Nord-est e più di 32mila in Emilia-Romagna. Nel 2015, ancora in rotta con la linea dettata dal partito, Schlein lascia il PD per seguire Civati in Possibile: “Da troppo tempo non mi riconosco più in nulla di quella che fa questo Governo – scriveva in un lungo post Facebook –. Vale la pena di lottare all’interno del partito finché c’è il partito, ma temo che questo non esista più”.

Nel 2016 viene nominata relatrice per il gruppo Socialista e Democratico sulla riforma dei trattati di Dublino, la norma che stabilisce quale Stato membro è responsabile per ogni richiesta d’asilo presentata all’UE. Dopo due anni e ventidue riunioni, in cui ha l’allora eurodeputata presentò ben 145 emendamenti volti a cancellare il criterio di ‘primo Paese d’accesso’, nel novembre del 2017 il Parlamento europeo approva la riforma dei trattati, sostituendo i precedenti criteri con “un meccanismo di ricollocamento automatico e permanente, che da un lato valorizzi i legami i significativi dei richiedenti asilo e dall’altro obblighi tutti gli Stati europei a fare la propria parte sull’accoglienza”. Per Schlein e per tutta la sinistra europea è una vittoria storica.

Dopo gli anni trascorsi tra Strasburgo e Bruxelles, Schlein decide di non ricandidarsi in Europa preferendo invece, nel 2020, l’appoggio a Stefano Bonaccini (che avrebbe poi vinto nuovamente le elezioni dopo la prima vittoria nel 2014) nella corsa alla presidenza della Regione Emilia-Romagna con la sua lista “Emilia-Romagna Coraggiosa Ecologista e Progressista”. Viene eletta con 22.098 voti personali, facendo registrare il record di preferenze verso un candidato in tutta la storia delle elezioni emiliano-romagnole. L’11 febbraio viene nominata vicepresidente della Regione Emilia-Romagna.

Alle politiche del 2022 viene candidata ed eletta alla Camera come indipendente tra le liste del PD nel collegio plurinominale Emilia-Romagna 02. È il preludio del suo ritorno nel Partito Democratico: dopo le dimissioni annunciate da Letta, il 4 dicembre del 2022 Schlein si candida alla segreteria del partito, annunciando anche il suo ritorno all’interno di esso dopo sette anni di assenza.
Al Monk, il circolo romano in cui la deputata lo scorso 4 dicembre ha lanciato la sua candidatura, la deputata parla per circa un’ora e si commuove parlando della sua famiglia: solamente poche ore prima, la sorella Susanna – diplomatica italiana di base ad Atene – era stata vittima di un attentato incendiario nella sua casa. “Con mia sorella ci siamo sentite – ha detto Schlein dal palco – è stata lei a darmi la forza di venire qui oggi”.

Lo scorso lunedì la parlamentare ha preso la tessera del Pd, al circolo della Bolognina, dicendosi pronta a ricostruire la sinistra ascoltando i militanti.

Schlein: dalle occupazioni alla primarie. Chi è il volto 'nuovo' nel PD 

La storia politica di Bonaccini e l'amministrazione del nostro territorio 

Il discorso per la candidatura Bonaccini l’ha tenuto dal palco del circolo PD di Campogalliano, il paese dove Bonaccini è nato, cresciuto e dove tuttora abita: “Ho deciso di candidarmi alla segreteria del Partito Democratico. È il momento di esserci, di impegnarsi, di partecipare. E di farlo insieme. Per il PD e per il Paese" aveva detto il presidente dell’Emilia-Romagna.
La sua storia politica è, lunga, più che trentennale, e inizia proprio da Campogalliano: sul finire degli anni Ottanta Bonaccini entra a far parte di alcuni movimenti pacifisti e nel 1990 viene nominato assessore alle Politiche giovanili, alla Cultura e allo Sport nel proprio comune. Diventa poi segretario provinciale della Sinistra giovanile e nel 1995 diventa segretario provinciale del PDS. Dal 1996 al 2006 lavora come assessore al Comune di Modena e nel 2007 entra nel Partito Democratico. 
Nel 2014 partecipa alle primarie in vista delle elezioni regionali: con lui si candida Matteo Richetti, oggi deputato eletto nelle liste di Azione, e la cosa fu mal digerita dal resto del partito che desiderava, invece, una nomina unica. Inoltre, i due erano entrambi iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di peculato per un’inchiesta sulle spese dei gruppi consiliari. La procura di Bologna arriva all’archiviazione e Bonaccini vince prima le primarie e poi le elezioni regionali. Tutt’oggi Bonaccini è Governatore dell’Emilia-Romagna, essendo stato rieletto nel 2019.

 Da Campogalliano a Roma: la scalata di Bonaccini alla segreteria del PD 

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