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Giornata Mondiale Libertà di Stampa. Ricordando Ezio, Graziella, Giovanni e gli altri

Quest'anno, nella classifica stilata da Reporters sans frontières, l’Italia scende alla 58esima posizione perdendo ben 17 posizioni

Oggi è la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, proclamata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 1993, su raccomandazione della Conferenza Generale dell'Unesco, si festeggia il 3 maggio, anniversario della Dichiarazione di Windhoek che contiene importanti principi sul pluralismo e la libertà di espressione. 

Quest'anno, nella classifica stilata da Reporters sans frontières sulla libertà di stampa mondiale, l’Italia scende alla 58esima posizione perdendo ben 17 posizioni rispetto ai dati diffusi nel 2021, quando era al 41esimo posto. 

Per questa occasione vogliamo ricordare Ezio Cesarini, Gabriella Fava e Giovanni Tizian, giornalista - all'epoca - della Gazzetta di Modena, sotto scorta per anni perché minacciato dal gruppo capeggiato da Nicola Femia, poi giudicato 'non mafioso' dalla Cassazione.

Attacco all'Aser, l’uccisione di Graziella Fava 

Il 13 marzo 1979 due uomini e una donna, armati e mascherati, entrarono negli uffici dell’Associazione Stampa dell’Emilia Romagna in via San Giorgio a Bologna, sequestrarono un impiegato e una persona occasionalmente presente; poi diedero fuoco ai locali. Il fumo invase l’appartamento del piano soprastante dove si trovavano un’anziana donna, la figlia e una collaboratrice domestica, Graziella Fava. Le prime due donne furono salvate, Graziella Fava morì invece per asfissia sul pianerottolo.

L’attentato – che fu seguito da altre due incursioni incendiarie nelle abitazioni di cronisti bolognesi – venne rivendicato con la sigla “Gatti Selvaggi”, facendo riferimento a militanti di “Prima Linea” uccisi qualche giorno prima in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine.

Ezio Cesarini, ucciso dai nazifascisti 

Fucilato da un plotone nazifascista il 27 gennaio del 1944 al Poligono di via Agucchi. Morì così Ezio Cesarini, giornalista del "Resto del Carlino".

Bolognese di adozione perché nato a Montebello Vicentino il 27 agosto 1897 e si era trasferito a Bologna a 13 anni. Qui trascorrerà gran parte della vita che sarà stroncata dal plotone d’esecuzione a soli 47 anni. Ha abitato per anni in via del Porto 17, una casa distrutta nei bombardamenti del 1943-44.

Fu arrestato con una ignobile trappola: era stato licenziato per antifascismo, ma non aveva perso il diritto all’indennità di fine rapporto perché la tessera del PNF (indispensabile per esercitare il giornalismo) gli era stata solo “sospesa” e non definitivamente ritirata. Tentò allora di recuperare i soldi che riteneva dovuti e si presentò al giornale per chiederli: l’addetto all’amministrazione fece finta di assecondarlo e gli fissò un appuntamento, ma quando si presentò invece della busta con le lire trovò i militi che gli misero i ferri ai polsi. 

Fu rinchiuso nel carcere di San Giovanni in Monte i primi di gennaio e prelevato la mattina del 27 gennaio 1944, dopo che un tribunale speciale di guerra lo aveva condannato, da innocente, per l’azione partigiana che aveva visto l’attentato mortale al federale. Durante il trasferimento al Poligono tentò la fuga ma fu fermato dal lancio di una bomba a mano che lo stordì e lo fece cadere a terra. Ebbe i conforti religiosi e chiese, come ultima volontà, un sigaro per “sentirsi tranquillo”. Mentre partiva la raffica gridò: “Viva l’Italia libera!”.

Ezio Cesarini è stato riconosciuto partigiano nella brigata “Matteotti Città”, dal 9 settembre 1943 al 27 gennaio 1944 ed è stato sepolto nel Sacrario dei martiri della Resistenza alla Certosa di Bologna. Il Comune di Bologna ha intitolato a suo nome una strada nel Quartiere Navile e l’Ordine dell’Emilia-Romagna gli ha dedicato la sala delle conferenze nella sede di Strada Maggiore 6.

Giovanni Tizian e la scorta per otto anni

"Gli spariamo in bocca al giornalista". Queste le minacce rivolte al giornalista della Gazzetta di Modena. Siamo nel 2011 e Giovanni Tizian scrive le imprese criminali di Nicola Femia, detto 'Rocco', e del suo gruppo. L'ambito è quello del riciclaggio e del gioco d'azzardo. L'inchiesta si chiamerà 'Black Monkey', dal nome dell'operazione della Guardia di Finanza e della Dda che a gennaio 2013 vide eseguite 29 ordinanze di custodia cautelare. 

A causa delle minacce subite, Giovanni Tizian è stato costretto a otto anni di vita sotto scorta. Protetto su ordine della procura antimafia di Bologna che d’urgenza, dopo aver sentito quelle parole, aveva chiesto alla prefettura di Modena di disporre la protezione e l’auto blindata.

Poi, poco più di un anno fa, la parola fine da parte della Corte di Cassazione: il gruppo capeggiato da Femia non era un'associazione mafiosa. L'accusa di associazione 'ndranghetistica era caduta in appello a ottobre 2019, con condanne ridotte: per Femia, capo dell'organizzazione, la pena era passata da 26 anni e 10 mesi del primo grado a 16 anni.

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