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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Appennino senza neve, la proposta di Santori: "Dibattito pubblico e imposta sulle emissioni"

Per il consigliere comunale con delega al Turismo i ristori creerebbero un precedente pericoloso perché la crisi climatica non è un evento straordinario

In Appennino non c'è neve. È l'effetto della crisi climatica, forse in anticipo ma decisamente previsto ed atteso, che apre discussioni politiche sul tema occupazionale e turistico della nostra montagna.

Da un lato la Regione che chiede ristori per gli operatori turistici e mira ad impianti più puliti per sparare neve a zero gradi, dall'altro gli ambientalisti che vedono un futuro più verde che bianco, basato su un ripensamento del modello turistico. 

Che fare, dunque? Una proposta arriva da Mattia Santori – consigliere comunale di Bologna del Gruppo Pd con delega al turismo e coordinamento della Destinazione Turistica Metropolitana – che si dice molto perplesso sui ristori agli operatori turistici dell'Appennino. Secondo la sardina, un pericoloso precedente per il futuro prossimo che, ahinoi, sarà sempre più caldo.  

Il consigliere comunale ricorda che la transizione ecologica riguarda tutti e promuove in primis un dibattito pubblico, poi un fondo per la 'vulnerabilità climatica' con un'imposta sulle emissioni. La ratio è chiara: i soldi di un cittadino attento all'ambiente, il cosiddetto consumatore verde virtuoso, non devono finanziare opere poco sostenibili o rimborsare le vittime del cambiamento climatico. Un modo, secondo Santori, per creare una correlazione locale tra causa e effetto.

"Oggi ho rilasciato un'intervista a la Repubblica che dice cose impopolari – scrive Santori sui social – dico che sono molto perplesso sui ristori. E lo dico da presidente del territorio turistico, cioè da colui che dovrebbe tutelarli. Sono scemo? Forse si. Ma vi racconto una storia. Leggetela e poi deciderete".

"Che il turismo invernale sarebbe stata la prima vittima illustre del cambiamento climatico lo sapevamo almeno da un decennio. Come ricorda il meteoreologo Federico Grazzini, in queste settimane lo zero termico è ormai un miraggio sotto i 2000 mt, e con i trend attuali di emissioni diventerà presto un miraggio per tutti i comprensori italiani ed europei. Ho scelto volutamente un'immagine della coppa del mondo di sci che si è appena disputata in Svizzera per farvi capire che non stiamo parlando solo di Appennino ma di un settore che rischia di saltare su scala europea", prosegue Santori. 

"Ha ragione però anche l'assessore regionale al Turismo Andrea Corsini, quando ricorda che il turismo bianco rappresenta una fetta importante dell'indotto della nostra montagna. La neve sposta un numero di turisti e di soldi che nessun altro indotto turistico, almeno ad oggi, può sognarsi di raggiungere. Tanto per fare un esempio: nel 2022 la Via degli Dei, ossia il cammino più percorso in Italia, ha fatto 20mila presenze. Nello stesso anno il Corno alle Scale ha staccato 42mila skipass in soli quattro mesi. Senza considerare che uno sciatore spende in media tre volte di più di un camminatore".

"Per quanto si possa investire nella diversificazione e nel turismo 'verde', insomma, non illudiamoci che da un punto di vista economico sarà una passeggiata, anzi. E qui nasce il dilemma politico – ragiona il consigliere – perché da una parte non puoi stare senza il turismo invernale, ma dall'altra siamo di fronte al primo effetto concreto del cambiamento climatico sul settore turistico e non possiamo pensare di trattarlo come un'anomalia".

"Chi in questi giorni usa la parola 'straordinario' sta infatti commettendo un errore grosso come una casa. Perché se denunciamo l'emergenza economica non possiamo tacere la tendenza climatica. Purtroppo però ad oggi lo schema che si sta proponendo è lo stesso delle crisi aziendali o del covid: 'ho avuto un danno economico quindi chiedo i soldi al governo'. Peccato che qui la colpa non sia di un imprenditore cattivo o di un virus imprevedibile, ma del nostro modo di vivere. E soprattutto non si tratta di un evento passeggero ma di un trend destinato a peggiorare". 

"I ristori agli operatori turistici di Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo creeranno un precedente molto pericoloso. Perché a quel punto potranno chiederli anche i bagnini di Riccione quando pioverà a Ferragosto e gli albergatori di Roma quando nella capitale si supereranno i 50 gradi". 

"Si stima che il cambiamento climatico ci farà perdere il 15% dei turisti internazionali su scala nazionale nei prossimi decenni, i quali sceglieranno mete più nordiche. Non lo dice Greta Thunberg – continua – ma lo scrive il Ministero dell'Ambiente nel Piano sull'Adattamento pubblicato meno di un mese fa". 

La proposta di Mattia Santori: un' imposta sulle emissioni

"In buona sostanza, è iniziata l'era della vulnerabilità anche per il turismo, e a me sta anche bene che si diano ristori per tutelare le famiglie in situazione di emergenza lavorativa. Quello che non mi sta bene è che si copra un rischio climatico senza prima interrogarsi su due questioni: 1) di chi è la colpa, e di conseguenza 2) chi deve pagare. Se la colpa è di nessuno e i soldi ce li mette la Santanchè l'anno prossimo siamo da capo".

"La mia proposta è quella di istituire un 'fondo per la vulnerabilità climatica' su scala metropolitana e di lanciare un dibattito pubblico sul futuro del turismo bianco in Appennino su scala regionale. Il primo, alimentato da un'imposta sulle emissioni, serve a creare una correlazione locale tra causa e effetto. Perché a rimborsare le vittime del cambiamento climatico non devono essere i vegetariani, i genitori che portano i figli a scuola in cargo bike, chi ha uno stile di vita virtuoso. Il secondo ci evita di sprecare un'occasione storica, e ci permette di interrogarci sulle responsabilità".

Oltre la politica

"Come per le questione etiche, anche per quelle ambientali ci sono decisioni per cui non bastano i politici eletti, ma serve una presa di coscienza collettiva. A dire a chi oggi lavora sulle piste da sci se deve cambiare lavoro o accettare il rischio climatico non devono essere né Santori, né CNA, né Legambiente, ma una comunità. Che di conseguenza si assumerà le responsabilità della propria scelta. La transizione ecologica non è una vicenda individuale ma un processo pubblico". 

"Abbiamo due strade davanti: smettere di sciare, oppure mantenere in vita un settore che subirà sempre più spesso gli effetti che quest'anno stiamo vedendo con i nostri occhi. In nessuno dei due casi la strada sarà indolore. Motivo in più per scegliere seriamente e tutti insieme da che parte vogliamo andare", conclude.

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