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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Centro Storico / Via Nazario Sauro, 32

Bologna gay-friendly. Ma no solo atto politico. Spazio all'arte

Nel giorno del Gay Pride la collettiva Laboratorio ArteNazario 32. Marco Marini "Bologna storica città gay ma preferirei un atto di militanza più forte e dunque lo porterei nelle città dove c'è più bisogno

Oggi il gay pride. Un evento che ha fatto discutere, ma che è diventato anche occasione di discussione costruttiva e di eventi culturali. Quello che è successo in via Nazario Sauro, al Laboratorio ArteNazario 32, dove è stata organizzata una collettiva.  L'intervista a Marco Marini.

La collettiva e le motivazioni di ArteNazario 32...Chi siete/Cosa fate/La filosofia del Laboratorio?
Il laboratorio artistico Arte Nazario 32 opera da diversi anni sulla scena  bolognese con una particolare concezione di vivere e produrre l'arte: ricreare l'ambiente tipico dei laboratori di un tempo in cui l'artista produce e mette a disposizione dei fruitori sia uno spazio espositivo , ma  anche la possibilità di vedere l'artista stesso durante la produzione delle opere. Inoltre, avvalendosi della collaborazione di altri maestri, da la possibilità di poter accedere a dei corsi personalizzati di pittura, disegno e modellato. La filosofia del laboratorio è dunque quella di creare un rapporto diretto fra fruitore ed artista senza utilizzare  canali canonici o sovrastrutture finalizzate alla mera commercializzazione dell'arte.
In quest'ambito durante tutto il 2012 ha creato degli eventi espositivi, dando  la possibilità ad artisti emergenti o comunque non inseriti nei circuiti ufficiali dell'arte, di poter esporre le proprie opere confrontandosi non solo con i visitatori ma anche con altri artisti, creando dunque un momento di crescita e una possibilità di visibilità a livello cittadino.

Diversa-mente spazio Nazario 32



Diversa-Mente: perchè questo titolo? Cosa rappresenta il diverso?
 Approfittando del fatto che il pride nazionale quest'anno fosse a bologna, abbiamo pensato di dare il nostro contributo a questa manifestazione importantissima non solo per la comunità gay italiana ma anche per gli orizzonti culturali nebbiosi in cui ci troviamo a navigare. Parlando di omosessualità la prima fastidiosa definizione che viene in mente è quella di “diverso”e subito dopo il fastidio si trasforma in una sensazione di noia quando la domanda che ti fai, meccanica, naturale, ovvia è : “ma diverso da chi e per cosa?”. Da gay, la risposta che mi do è semplice ma non banale: “fortunatamente si sono diverso da tutto il resto della popolazione mondiale, come anche tu lo sei e siamo pure fortunati ad esserlo (pensa se fossimo come il trota). Però per quanto nel rispondermi l'espressione del viso tenda verso il sorriso, mi rendo conto che  la gente comune di me ha un concetto  “diverso” assolutamente negativo; un'accezione di questa parola, che secondo me ha invece un senso meraviglioso, che ti annichilisce in stereotipi obsoleti e falsi: il gay non è mai il medico che ti assiste o ti rassicura, non è mai il commercialista che cura i tuoi affari o il panettiere con cui chiacchieri ogni mattina; il gay nella gente comune o è platinette o è signorini oppure è  la vittima di un omicidio che leggi sul giornale accompagnato dalla solita frase “ si indaga negli ambienti della prostituzione maschile”.Viviamo una situazione culturale in cui la tendenza è omologare: se non si è omologati alle dinamiche culturali imperanti, si viene omologati di default nel concetto negativo di diverso: diverso è il gay, l'extracomunitario, colui il quale non la pensa secondo il pensiero imperante. Questa visione delle cose è molto pericolosa perchè  annulla la spinta insita in ognuno di noi a fare di se qualcosa di unico ed irripetibile e soprattutto perchè appiattisce il più basilare concetto di libertà che è quello di autodeterminarsi. Da qui nasce il tema della collettiva: “le diverse percezioni dell'essere” inteso come diverso modo di percepire il mondo, la vita e se stessi “nell'omologazione della diversità” che è il concetto che ho tentato di spiegare prima riferendomi all'accezione negativa del termine. Così nell'organizzare la mostra, quando ho contattato gli artisti, ho spiegato che il fine era quello di dare libera espressione alle loro percezioni, alla loro sensibilità, alla loro diversità insomma, quella diversità che ognuno di noi dovrebbe ringraziare ogni mattina guardandosi allo specchio. Perchè anche materialmente si palesasse il concetto di diversità, non ho chiesto che si esprimessero su un tema o utilizzassero una sola tecnica o lo stesso supporto, ma volevo che  si sentissero liberi in ogni senso e che il prodotto finale fosse come un flusso di pensieri e di sensazioni che spero di riuscire a rendere ulteriormente collocando fisicamente le opere nell'esposizione. Sono stati momenti molto belli quelli in cui ho ricevuto le adesioni. Le risposte sono state velocissime e tutte uguali (alla faccia della diversità): sono state sempre conferme da cui trapelava l'entusiasmo di ognuno di loro attraverso le mille domande che mi rivolgevano, alcune paure che percepivo e poi l'esplosione creativa che in alcuni casi ho dovuto frenare  per questioni di spazio. Ogni artista, oltre all'opera in esposizione, avrà modo di dare ulteriori spunti attraverso una piccola descrizione da affiancare al suo lavoro; anche qui massima libertà, non so che scriveranno o su cosa, ma mi sono giunte voci di origami giganti e registrazioni sonore, staremo a vedere ( o sentire).

Le opere che state esponendo? Quali gli artisti che accogliete?
-Stefano Manzotti: deus ex machina di “Nazario32” pennello perfetto ed indomabile
-Marcello Montoro: l'iperrealismo non accademico; gli occhi delle sue figure sono come quelli della  Medusa, non  danno scampo.
-Gianni Scardovi: un diamante pop: brilla incondizionatamente.
-Nicola Pitzanti: un vulcano in perenne eruzione: scrive, dipinge, produce istallazioni, gioielli e accessori con  tematiche, forme e materiali sempre diversi. Una sua descrizione oggi, domani è già obsoleta.
-Lennys: un piccolo diavolo; il suo fuoco è perenne nelle sue opere. Nessuna mediazione, dritto all'essenza in maniera ineccepibile.
-Nassim Hassanvandi: il dolore che si trasforma in forza, la crudeltà che si fa bellezza. I colori sono parole che la mente può non capire ma che il cuore fa sue, sempre.
-Yuri Lonis: Calma apparente, crocevia di emozioni che fendono.
-Jonay Bacallado: tutta la bellezza della classicità pittorica, rivissuta in chiave moderna senza orpelli, senza artefazioni; sacro e profano si uniscono a celebrare l'armonia.
-Alfredo Milani: un profeta che ci parla di ciò che potrebbe essere. La sua mente è la fucina di un nuovo mondo dove niente è orrorifico anche se la bellezza canonica assume le forme di un sogno cibernetico.
-Enrico Schirru: una mano che da vita, un'anima che posa attraverso i polpastrelli tutta la sofferenza che il mondo ci propone. I suoi volti dormono un sonno che è piacere estatico e fuga.
-Barbara Signoriello: dolci piccole storie, di un'anima sognante; ci viene indicato  un cammino   fra tinte forti e figure sospese fra fiaba e realtà.
-Shooting Dollz: le furie, le parche, le muse, le gorgoni, tutte le figure mitologiche convergono in queste tre donne mitiche che raccontano, disfano, e ricostruiscono la realtà attraverso i loro obiettivi. Il risultato e accattivante, lucido senza crudeltà.
-Giovanni Malavasi: è la vittoria della vita sulla crudeltà del mondo; Forte, immediato, preciso nella sua descirzione. Il dolore trasuda dalle sue opere, ma la serenità della forza le rende armoniche, come piccoli consigli dati dal migliore degli amici.
-Marco Simbola: una ricerca fisica e mentale; aggrapparsi alla materia per celebrare il pensiero che sfugge, o forse è la vita a fuggire prima di essere interpretata.

 Gay Pride: Bologna è la città giusta? Perchè?
Il pride è fondamentalmente un atto politico. In origine era l'urlo di chi diceva basta ai sopprusi contro la comunità gay, è poi divenuto un momento di riflessione di piazza, di gioia, e di unione con le città che per troppi giorni ci vedevano nascosti dietro a stilemi imposti. Continua ad essere la sanzione della comunità gay e dei loro amici, contro chi vorrebbe ancora rinchiuderci in formule da manuale medico, in stereotipi da commedia all'italiana.
Bologna come città gay è storica, lo sappaimo tutti, farlo a bologna è importante anche se personalmente preferirei dare alla manifestazione un atto di militanza più forte e dunque lo porterei nelle città dove c'è più bisogno di far sentire a chi vive la propria vita all'ombra che non c'è niente di cui vergognarsi ad amare e vivere secondo i propri desideri. A Bologna il pride è una passeggiata fra persone e cose che ci hanno sempre amato, dove la comunità gay e le associazioni sono forti per cui  l'oscurantismo clericale con i suoi deliri, fortunatamente lascia il tempo che trova.
 

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