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Cronaca

Stretta Meloni sui permessi ai migranti, lettera dei sindaci metropolitani: "Stesse cose da vent'anni, non funzionano"

In una missiva verso il governo Gualtieri, Sala, Manfredi Lo Russo, Nardella e Lepore (tutti di centrosinistra) chiedono di non andare avanti con il progetto di chiusura delle protezioni speciali e di rilanciare un piano nazionale di accoglienza. "Non ricada tutto sempre sui comuni"

La annunciata stretta di Meloni sui permessi ai migranti ha già scatenato la risposta del Pd, ma ora a fare una mossa in più -sebbene si tratti sempre di primi cittadino di centro sinistra- ora sono alcuni dei sindaci metropolitani.

I Firmatari della missiva al governo sono  sindaci di Roma Roberto Gualtieri, di Milano Beppe Sala, di Napoli Gaetano Manfredi, di Torino Stefano Lo Russo, di Bologna Matteo Lepore, di Firenze Dario Nardella.

"Come Sindaci -si legge nella lunga nota- come Amministratori, come cittadini che quotidianamente si impegnano nei territori per cercare di garantire le migliori risposte alle criticità che le nostre Comunità esplicitano, siamo molto preoccupati per le proposte in discussione relative alle modifiche all’unico sistema di accoglienza migranti effettivamente pubblico, strutturato, non emergenziale che abbiamo in Italia".

La preoccupazione delle città è massima -dicono i primi cittadino- e "non bisogna ragionare in ottica emergenziale ed è secondo noi sbagliato immaginare l’esclusione dei richiedenti asilo dal Sai, precludendo loro qualunque percorso di integrazione e una reale possibilità di inclusione ed emancipazione nelle nostre comunità.

"Non modificate il Sai, ricadrà tutto sui comuni"

Lepore e gli altri sindaci poi non condividono per nulla "la cancellazione della protezione speciale, misura presente in quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale, mentre circa il 50% dei migranti presenta vulnerabilità ed è in parte significativa costituito da nuclei familiari". Queste scelte, qualora adottate, non potrebbero che "procurare infatti una costante lesione dei diritti individuali e innumerevoli difficoltà che le nostre comunità hanno già dovuto affrontare negli anni scorsi, a fronte di un importante aumento di cittadini stranieri condannati appunto all’invisibilità".

Tutto questo mentre il sistema dei Cas, "è saturo e purtroppo inadeguato ad accogliere già oggi chi proviene dai flussi della rotta mediterranea come da quella balcanica". In questo quadro occorre ripensare "anche il sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati cui occorre applicare logiche distributive che evitino la concentrazione nelle sole grandi città".

Insomma, per i sindaci Pd "la storia degli ultimi vent’anni di accoglienza in Italia dimostra chiaramente come modelli emergenziali, con standard qualitativi minimi e volti al mero “vitto e alloggio” abbiano procurato ferite enormi nelle nostre comunità e non abbiano garantito diritti esigibili alla popolazione rifugiata. E soprattutto abbiano fallito processi di inclusione efficaci e duraturi".

Quattro proposte per il governo

 Nella missiva sono contenute anche quattro proposte, anche se in aperta antitesi rispetto ai voleri del governo e quindi difficilmente accoglibili da palazzo Chigi.

Per prima cosa "sia rinforzata l’unitarietà del Sistema di Accoglienza italiano" con l'obiettivo di "garantire percorsi di effettiva inclusione e tutela compatibili con i territori, evitando grandi centri di accoglienza, senza servizi e senza tutele, per tutti". Lo stesso deve rimanere "accessibile a richiedenti protezione e rifugiati", I Cas poi "vengano trasformati in hub di prima accoglienza, dedicati alle procedure di identificazione e di screening sanitario" e infine "vengano ripristinati i criteri di riparto che il Piano nazionale di accoglienza aveva indicato".

"Siamo convinti -conclude la lettera- insieme ad altre voci autorevoli, che dopo circa vent’anni e anche alla luce di alcuni temi di strutturale cambiamento demografico e sociale non si debba continuare a parlare di emergenza e che proprio in questo momento occorra la lungimiranza di aprire una discussione per scegliere una via legale all’immigrazione e alla regolarizzazione degli immigrati già presenti in Italia, anche attraverso il ricorso allo ius scholae, premessa a comunità solidali, capaci di proporre percorsi di vera emancipazione e autonomia alle persone nel pieno interesse del nostro Paese".

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