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Cronaca

Parti anonimi, 25 in 10 anni: "Un atto che va anche oltre l'amore di una mamma"

INTERVISTA | A contare i casi nel bolognese e spiegare il percorso la direttrice della Pediatria del Maggiore Chiara Ghizzi

Il caso del piccolo Enea, il neonato lasciato dalla mamma alle cure della "Culla per la vita" dell'ospedale milanese Mangiagalli, ha suscitato polemiche, ma anche riflessioni. Il nostro sistema sanitario lo permette ed è giusto che ci sia la possibilità di affidare il proprio figlio a un sistema in grado di prendersene cura al posto di una mamma o di una famiglia che non ne ha le possibilità (possibilità che non si limitano a quelle economiche). Da qui partono le considerazioni della dottoressa Chiara Ghizzi, direttrice della pediatria dell'Ospedale Maggiore di Bologna.

 Prima di tutto: di cosa stiamo parlando? 

"La tematica è quella di una difficoltà che può avere una famiglia o una donna sola che per ragioni diverse non può tenere e far crescere il figlio che ha portato in grembo. Una tematica a cui siamo forse poco abituati: perché i numeri non sono cosi importanti, ma anche perché viene tutelata da rispetto, dall'anonimato e dalla privacy. Esiste infatti un percorso di protezione e sostegno a queste mamme". 

E come funziona questo percorso nel nostro sistema sanitario?

"Si chiama 'Percorso di nascita' ed è dedicato a tutte le donne che stanno vivendo una gravidanza. Si tratta di un percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale durante il quale può capitare che una di queste donne comunichi la scelta di lasciare il proprio bambino dopo la nascita: può accadere prima, durante il parto, ma anche dopo. Con la possibilità di cambiare idea fino a 10 giorni dalla nascita della piccola o del piccolo. Per gli operatori sanitari è doveroso rispettare questa scelta". 

Qualche numero sulla città di Bologna? 

"Nell'ultimo decennio le donne che hanno preso questa decisione all'interno dei nostri ospedali sono circa venticinque". 

Una decisione difficile. Una decisione che negli ultimi giorni è stata giudicata moltissimo, così come abbiamo letto non solo sui social ma anche sulla stampa...

"Questo è un aspetto che tengo molto a sottolineare. Aldilà delle motivazioni che conducono una donna ad abbandonare il proprio figlio, si tratta di un'enorme scelta d'amore: non si fa un figlio, si fa una vita. Si tratta di un atto che va anche oltre l'amore di una mamma e questi bambini è come se avessero una doppia opportunità di vita. Non dimentichiamo che non ci sono solo difficoltà economiche, ma anche le difficoltà sociali". 

Cosa accade al bimbo una volta che la madre lo ha affidato in modo anonimo a un ospedale? 

"Dopo i nidi ospedalieri scatta l'attivazione dei servizi sociali e poi la locazione dei bambini all'interno di una casa famiglia o di una famiglia che poi procederà con l'affidamento e infine, auspicabilmente, con un'adozione". 

Direttrice Pediatria

La storia del piccolo Enea: il ritrovamento a Pasqua e il biglietto della madre 

Il 9 aprile, giorno di Pasqua, un bambino appena nato è stato portato nella Culla per la vita del Policlinico milanese Mangiagalli: si tratta di uno strumento attraverso cui i neonati possono essere affidati alle cure del personale sanitario dai loro genitori biologici per poi essere dati in affidamento e adozione. Il piccolo Enea pesava 2,6 kg, era in ottima salute, ben vestito e curato: accanto a lui un biglietto. Ecco le parole scritte su quel pezzo di carta: "Ciao, sono Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile". 

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