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Cronaca

Verifica fiscale su colosso moda online: maxi-accordo con il fisco per 12 milioni

La multinazionale organizzava la vendita di capi, richiedendo provvigioni alla rete di negozi ma formalmenta mai denunciando l'attivit in Italia

Dodici milioni, per sanare il pregresso dal 2015 al 2019. E' l'accordo che la Guardia di finanza di Bologna e una nota piattaforma di commercio online hanno trovato sul piano fiscale per bonificare lo stato fiscale dell'impresa in Italia. 

L'accertamento è arrivato al termine di una lunga indagine, che ha visto sotto la lente i conti della multinazionale, nella fattispeci una sua società del Regno Unito che però -secondo quanto emerso- aveva operato per anni occultamente anche in Italia.

Sfruttando i database in possesso all'Erario, ma anche migliaia di documenti emersi nel corso di perquisizioni domiciliari, i finanzieri sono riusciti a verificare come -de facto- la stessa società britannica operase in modo stabile in Italia, pur non formalmente denunciandolo.

Maxi accordo da 12 milioni tra Finanza e multinazionale e-commerce

Il Gruppo multinazionale, operante in tutto il mondo quale marketplace virtuale e provider di servizi per negozi fisici attivi nel settore della vendita di abbigliamento e accessori di lusso (boutique), è stato uno dei primi a muoversi nel settore del commercio on line dell’abbigliamento firmato di alta moda (luxury fashion), rivoluzionando il mondo del retail attraverso la vincente strategia dell’integrazione tra canali, tanto da raggiungere clienti in oltre 190 paesi nel mondo.

La visione imprenditoriale del fondatore del brand e l’efficiente architettura organizzativa - dispiegata sul territorio italiano attraverso agenti qualificati e operativi in modalità home office - hanno determinato la repentina espansione nel mercato domestico del marketplace che, oggi, conta solo in Italia un portafoglio di oltre 200 partner affiliati di altissimo profilo, tutti dislocati nelle più rinomate vie dello shopping e strutturati in maniera tale da comporre una sorta di rete virtuale di magazzini, da identificarsi nelle singole boutique.

In particolare, la società estera, senza mai formalizzare la propria presenza in Italia, assumere formalmente personale dipendente e avviare uffici e/o negozi, ha operato, in maniera assolutamente occulta, sfruttando le boutique affiliate che, assumendosi ogni rischio, hanno messo a disposizione spazi fisici per lo stoccaggio di merce da vendere “indirettamente” sulla piattaforma.

Gli approfondimenti sono stati condotti con l’ausilio delle banche dati in uso al Corpo e di innovativi software di backup forense e di ricerca e analisi investigativa dei contenuti dei supporti informatici rinvenuti a seguito di perquisizioni domiciliari e locali eseguite con il supporto di personale tecnico qualificato Computer Forensics Data Analysis.

400 Gigabyte di dati, chat e mail: così è emersa l'attività

In particolare, sono stati passati al setaccio oltre 400 Gigabyte di dati, tra cui 21 mila mail, 20 mila conversazioni via chat, 800 mila immagini, 22 mila file di testo e metadati attraverso i quali è stato possibile, tra l’altro, procedere alla georeferenziazione dei soggetti e ricostruire le relazioni tra gli stessi.

A titolo esemplificativo, documentando data e luogo di accesso ai vari account (social, account mail) in uso ai dipendenti, nonché alle reti wi-fi, sono stati ricostruiti, con precisione, gli spostamenti e individuati con esattezza i luoghi di lavoro abituale. Le indagini si sono inoltre avvalse degli ormai consolidati canali di cooperazione internazionale.

Grazie agli strumenti investigativi messi in campo, è stato possibile accertare che un team composto da agenti italiani (dipendenti della società inglese) aveva svolto attività determinanti (core activities) per la gestione delle relazioni economico-commerciali, la negoziazione, la trattativa e la stipula di contratti con centinaia di boutique nazionali. A fronte dei servizi di gestione delle vendite on line dei prodotti presenti nei negozi fisici, il marketplace (assimilabile a una vera e propria vetrina virtuale) ha incassato ingenti provvigioni dai partner italiani calcolate, in media, sul 30% del venduto.

"Massima collaborazione" e la società stacca l'assegno

La società, nel riconoscere l'impianto complessivo delle contestazioni e, comunque, in un clima di massima collaborazione, ha già versato all’Erario, in un’unica soluzione, circa 12 milioni di euro per definire ogni pendenza con il Fisco relativamente agli anni dal 2015 al 2019.

Contestualmente, la stessa multinazionale si è impegnata - attraverso la costituzione di una nuova società di diritto italiano - a versare le imposte, anche future, dovute sulle provvigioni maturate sul territorio a far data dal 1° gennaio 2020.

Il caso della dimora stabile per i dipendenti

È il primo caso, in Italia, di accertata esistenza di una stabile organizzazione occulta di una società estera operante nel settore dell’e-commerce la cui fixed place of business è stata ravvisata nell’abitazione dei dipendenti (home office). Si tratta, senza dubbio, di un’importante evoluzione della disciplina della stabile, che si inserisce in un più ampio processo di cambiamento strutturale, normativo e giurisprudenziale, tuttora in itinere.

Le conclusioni a cui sono approdati, in sintonia, Guardia di Finanza, Amministrazione finanziaria, Magistratura e contribuente hanno portato a considerare l’abitazione di un soggetto, a certe condizioni, “a disposizione” dell’impresa estera. Conseguentemente, l’ufficio “casalingo” (home office), oggi, può essere legittimamente ritenuto stabile organizzazione materiale del soggetto estero nel territorio dello Stato su cui si svolge l’effettiva attività imprenditoriale, con ciò producendo reddito imponibile nel nostro Paese.

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