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Cronaca

Dal 15enne martoriato alla casalinga picchiata a morte. Chi sono le vittime dello squadrismo fascista

Venti anni di guerra e di morte, oltre un centinaio le vittime a Bologna. La prima fu il giovane giardiniere Guido Tibaldi, assalito al caffè-ristorante della Borsa in via Ugo Bassi

La data del 25 luglio 1943 è indicata come quella in cui cadde il fascismo in Italia. Fascismo che era ancora lontano dall’essere definitivamente debellato, come avrebbe dimostrato la Repubblica di Salò, e che nel 1943 era già stato causa, per oltre un ventennio, di guerra e di morte. 

Tra le tante città che si sono battute contro il regime di Benito Mussolini c’è  Bologna, tra le prime città italiane a ricevere la Medaglia d’oro al valore militare per la Resistenza. “Bologna la Rossa” chiamata così per il colore politico, sì, ma rosso era anche il sangue delle decine di cittadine e cittadini uccisi dai camerati fascisti.

Almeno 114 morti

Tra il 20 giugno 1919 e il 25 luglio 1943 nella provincia di Bologna furono assassinati o persero la vita, mentre erano in carcere o al confino, 114 antifascisti. A questi andrebbero aggiunti - ma è difficile calcolare il numero esatto - quelli che morirono qualche tempo dopo avere subìto maltrattamenti, oppure a seguito di malattie contratte durante la detenzione.

Il Museo del Risorgimento, con il progetto Storia e Memoria di Bologna, ha raccolto tutte le vittime riconducibili allo squadrismo nero tra il 1919 e il 1943. Queste sono solamente alcune delle storie.

Guido Tibaldi (1888-1920), la prima vittima della reazione fascista

Guido Giuseppe Tibaldi, da Callisto ed Ernesta Gnudi; nato il 27 agosto 1888 a Bologna. Giardiniere. Iscritto al PSI. Nel 1915 fu sottoposto a vigilanza da parte della polizia, per la sua attività politica. Il 20 settembre 1920 si trovava davanti al caffè-ristorante della Borsa in via Ugo Bassi - allora luogo di ritrovo dei socialisti bolognesi - quando una squadra di fascisti guidata da Leandro Arpinati assalì il locale.
Riportò una grave ferita e decedette il 30 ottobre 1920 all'ospedale. 
L'assalto al caffè-ristorante Borsa fu la prima azione squadristica compiuta dai fascisti a Bologna. Pertanto, Tibaldi fu la prima vittima della reazione fascista.

Oliviero Zanardi (1903-1925)

Oliviero Zanardi, da Massimo e Fanny Ravasini; nato il 26 ottobre 1903 a Bologna. Calzolaio. Iscritto al PCI. Il 27 novembre 1922 fu arrestato perché accusato di avere preso parte a uno scontro a fuoco con i fascisti a Trebbo di Reno (Castel Maggiore), nel corso del quale perse la vita uno squadrista e altri 3 restarono feriti. Il 26 luglio 1923 la corte d'assise di Bologna lo condannò a 6 anni, 6 mesi e 6 giorni di reclusione. Il 20 giugno 1925, dopo avere scontato la pena ed essere stato scarcerato da pochi giorni per condono, fu ucciso a bastonate dai fascisti in località Noce fuori Porta Lame. L'assassinio avvenne sotto gli occhi del padre. Eguale sorte tocco ad altri due giovani condannati per lo scontro di Trebbo di Reno: Amedeo Fantoni e Guido Nuzzi.

ANTEO ZAMBONI

Anteo Zamboni (1911-1926)

Anteo Zamboni, da Mammolo e Viola Tabarroni; nato il 1° febbraio 1911 a Bologna. Aderente all'organizzazione giovanile fascista, il 31 ottobre 1926 venne trucidato all'incrocio tra via Rizzoli e Indipendenza, un istante dopo che un colpo di rivoltella fu sparato contro Benito Mussolini, capo del governo, che su un'auto stava dirigendosi verso la stazione ferroviaria dopo due giorni di permanenza nella città. Ragazzino di 15 anni e 10 mesi, discendente da famigliari anarchici, fu colpito da fascisti che l’attorniavano con 14 pugnalate e un colpo di pistola e poi calpestato, sputacchiato e semispogliato. Venne quindi incolpato, all'istante e dopo, dell'attentato. I suoi familiari, a partire dal padre furono arrestati ed incolpati di complicità. Il caso bolognese fu preso a pretesto per nuove misure reazionarie del governo fascista: il 9 novembre 1926 furono dichiarati decaduti dal mandato parlamentare 120 deputati dell'opposizione; il 25 dello stesso mese furono approvati i provvedimenti eccezionali contro gli antifascisti e la istituzione del Tribunale speciale, andati in vigore a partire dal 6 dicembre 1926.

Nell'angolo di Palazzo d'Accursio a Bologna che guarda il trivio da cui parte via dell'Indipendenza è stata murata la seguente epigrafe: Bologna di popolo / congiuntamente onorando / i suoi figli immolatisi / nella ventennale lotta antifascista / con questa pietra consacra nei tempi / Anteo Zamboni / per audace amore di libertà / qui trucidato / martire giovanetto / dagli scherani della dittatura. Il suo nome è stato dato a una strada di Bologna.
È sepolto nel Campo Ospedali della Certosa di Bologna di fianco a Giuseppe Dozza e di fronte al Monumento Ossario Partigiani. La semplice lapide a terra recita: Qui / le spoglie mortali / di / Anteo Zamboni / vittima giovinetta immacolata / dai pretoriani del dittatore / Ammoniscano / che la tirannia nata nel sangue / nel sangue perisce / 31 ottobre 1926.

La Casa del soldato, il Palazzo Faccetta Nera & co: 9 luoghi che raccontano il Fascismo in città

Fedora Farolfi (1904-1924)

Fedora Farolfi, da Giuseppe e Maria Baroncini; nata il 7 maggio 1904 a Imola. Casalinga. Il 23 ottobre 1924 mentre transitava per la piazza, venne aggredita, picchiata a sangue e coperta di fuliggine perché rifiutò di fare il saluto fascista.  A seguito delle percosse morì 10 novembre 1924.

Attilio Vannini (1898-1925)

Attilio Vannini, da Giuseppe e Violante Paolini; nato il 18 novembre 1898 a S. Rosa (Brasile). Residente ad Imola dal 1912. Operaio. Iscritto al PCI. Fu accusato di avere fatto parte del gruppo che il 1° gennaio 1923 provocò la morte del fascista Alessandro Baldini di Imola. Per evitare rappresaglie, espatriò clandestinamente in Francia. 

All'inizio del 1925 rimpatriò - dopo che gli era stato promesso che non sarebbe stato molestato - per sposarsi e tornare in Francia con la moglie. Fu ucciso dai fascisti il 5 marzo 1925 nei pressi della stazione ferroviaria d'Imola, poco dopo essere uscito dall'abitazione della fidanzata. Il quotidiano cattolico "L'Avvenire d'Italia" scrisse che si era trattato di un delitto politico, mentre "il Resto del Carlino" tentò di accreditare la tesi del delitto privato. 
I fascisti Angelo Tampieri e Sireneo Rambaldi furono arrestati e prosciolti in istruttoria.

Adele Naldi (1872-1922)

Adele Naldi, da Giacomo e Amalia Bonarelli; nata nel 1872 a Castiglione dei Pepoli. Residente a S. Benedetto Val di Sambro. Casalinga. Il 26 febbraio 1922 i fascisti Nino Janelli, Armando Stefanelli, Arcisio Vecchi e Michele Medici si recarono a Ripoli (S. Benedetto Val di Sambro) per bastonare il figlio della Naldi, Amedeo Barbari di 20 anni, iscritto al PSI. Poiché il giovane si difese accanitamente, i fascisti spararono alcuni colpi di rivoltella. Fattasi avanti per difendere il figlio, fu colpita al petto da un proiettile e morì il 27 febbraio 1922 all'ospedale Maggiore di Bologna. I quattro fascisti furono denunciati per omicidio, ma liberati nel 1923 per amnistia. 

Arrestati alla fine del 1946, Janelli e Stefanelli comparvero il 26 febbraio 1947 davanti alla corte d'assise speciale di Bologna, la quale revocò l'amnistia del 1923 e ordinò una nuova istruttoria. L'8 agosto 1947 la corte d'assise speciale amnistiò nuovamente Janelli, Stefanelli e Vecchi, pur ritenendoli «colpevoli di concorso in omicidio preterintenzionale ed in lesioni gravi» a carico del Barbari, e assolse il quarto imputato.

Guglielmo Cialdi (1890-1922)

Guglielmo Cialdi, da Emilio e Clelia Colliva; nato l’11 aprile 1890 a Porretta Terme. Ex combattente. Il 31 ottobre 1922, a Bologna, mentre la città era occupata dai fascisti essendo in corso la «marcia su Roma», alcuni squadristi bastonarono l'anarchico Guido Zerbini, nell'atrio della stazione ferroviaria. Il Cialdi - impiegato nell'ufficio postale delle ferrovie - al termine della bastonatura disse ad alta voce: «sono dei vigliacchi a picchiare un uomo solo. E ora di finirla con i sistemi della violenza» (La frase è riportata dai giornali dell'epoca).
Sei fascisti entrarono immediatamente nel suo ufficio e lo uccisero a bastonate e pugnalate, sotto gli occhi dei compagni di lavoro.

Alla sua memoria, nell'atrio del palazzo centrale delle poste bolognesi, in piazza Minghetti, è stata murata questa lapide: «Guglielmo Cialdi / valoroso combattente / solerte ufficiale delle poste / generoso propugnatore / dell'elevazione sociale / il 31 ottobre 1922 / fu trucidato al suo posto di lavoro / per aver difeso un mutilato / contro un'orda di sopraffattori / che asservivan popolo e patria. / Ora risorge / vindice della giustizia e della libertà / e riafferma / i sacri diritti della persona umana».

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