"La vita davanti a sé": spettacolo teatrale
Monologno liberamente tratto dal romanzo di Romain Gary con l’attore Dario Turrini, la cantante Silvia Salfi accompagnata al piano da Matteo Matteuzzi
Mohammed, soprannominato e chiamato da tutti Momò, è un ragazzino arabo di 10 anni figlio di nessuno, che viene allevato e cresciuto da Madame Rosa, una vecchia prostituta ebrea scampata all’Olocausto che tiene sotto il letto un ritratto di Hitler da rimirare di tanto in tanto per ricordare o sopravvivere nei momenti più duri, la quale si mantiene ospitando nella sua casa-accoglienza i figli delle colleghe che a lei affidano piuttosto per non vederseli strappare dall’assistenza sociale. Momò cresce così tra ragazzini di ogni età e nazionalità, senza tuttavia perdere coscienza della propria identità, grazie alla saggezza della donna che educa i suoi piccoli ospiti nel rispetto delle proprie origini e tradizioni etniche. Sotto gli occhi di Momò passa la vita più misera e una galleria di personaggi simili a quelli di un girone dell’inferno – bambini abbandonati, drogati, trans, prostitute – eppure ciascuno talmente ricco di umanità da permettere ai bambini di coltivare un proprio sogno che prospetti loro un futuro migliore. E Momò conserva nel cuore quello di diventare un secondo Victor Hugo e offrire al mondo un nuovo ‘Les Miserables’. Nonostante le tante avversità che gli si pongono davanti, Momò riesce a crescere sereno fino al giorno in cui suona alla porta della Maison di Madame Rosa un uomo che cerca suo figlio, abbandonato in quel luogo dalla moglie quattordici anni prima. Ma le sventure non finiscono; la salute di Madame Rosa diventa sempre più cagionevole e curare tutti i suoi figli putativi non le è più consentito…
Una vita senza profumi e delicati colori è quella che si prospetta agli occhi del piccolo Momò, protagonista chiave, accanto a Madame Rosa, di questo romanzo intenso e crudo insieme che parla di sentimenti, pensieri, angosce di un bambino che hanno il sapore universale. Con una limpidezza di cuore il ragazzino dischiude il timore dell’abbandono, la paura di non essere amato, la certezza di non essere in grado di difendere e proteggere i propri affetti dai tanti ostacoli imprevisti della vita. Ma non sono solo le forti emozioni e l’amore – un amore sincero e disinteressato come quello di Madame Rosa per tutti i suoi amati ‘figli’, l’attaccamento di Madame Lola (ex boxeur senegalese divenuto prostituta richiestissima nelle banlieux parigine), o quello di Nadine amica doppiatrice di Momò che si offre di accoglierlo nella propria casa alla scomparsa di Madame Rosa - a spiccare fra le pagine del romanzo di Gary. L’autore dipinge il quadro di una società in degrado nella quale, con una maturità e un senso di responsabilità inaspettati per la giovane età, Momò si rivela bambino/adulto che si fa domande sul significato della vita, percependo forte il senso di inadeguatezza e di impotenza di fronte al mondo di cui non comprende leggi e regole assurde e crudeli verso le quali prova un dolore lacerante, una avversione che lo spinge fino al punto di ribellarsi ad esse raccontando bugie per non separasi dalla sua ‘mamma affettiva’ e starle accanto fino alla morte. Il distacco, la separazione dall’unico amato bene è una prova dura, troppo precoce, che Momò non accetta, alla quale non si rassegna e cerca di far fronte cancellandone le tracce grigiastre di una vita ormai senza respiro, con i trucchi e i profumi acquistati con i pochi soldi che ha in tasca. La morte vista e vissuta da Momò si contrappone al desiderio di eutanasia, tema ancora oggi discusso e delicato, dichiaratamente espresso (ma negatole) dalla voce accorta e accorata di Madame Rosa che, nella sua dignità di donna che ha sempre dovuto provvedere a se stessa, non accetta di essere accudita, di vivere e morire da vegetale. Le miserie della società parigina si riflettono anche nei temi della droga nel mondo giovanile, della devianza sessuale per la necessità di mantenersi alla vita vendendo il proprio corpo al migliore ‘offerente’ o per una natura inclemente, della perdita di identità in una società multirazziale che poco concede alla civile convivenza. Il bilancio, nonostante i temi gretti affrontati, lascia un messaggio e una morale positivi: di fronte alla miseria raffigurata in un condominio di periferia abitato da persone emarginate, reiette della società, si impara che i legami di sangue poco contano rispetto ai vincoli stretti dal cuore, che le tragedie della vita svaniscono di fronte alla solidarietà, alla condivisione delle prove dure e meno dure della vita, che anche nel dolore e nelle avversità si può ritrovare la gioia del vivere quotidiano. Perché è solo la spinta dell’amore, qualsiasi esso sia – verso un ideale, una persona, un convincimento, un sogno -, che dà senso allo scorrere dei giorni: del piccolo Momò, di Madame Rosa e di tutti i suoi compagni di questa vita infernale che ha saputo trovare nel calore affettivo il proprio piccolo squarcio di paradiso.