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Cronaca

Preoccupazione per Industria italiana autobus (Ex Breda): "Dopo dimissioni vertici serve tavolo di crisi"

Gli ordini ci sono e la produzione è florida, ma le rappresntanze temono il vuoto di potere al vertice del conglomerato di aziende uscito solo pochi anni fa da una situazione difficilissima

Nuove nubi si addensano attorno alla Ex Breda. Venerdì scorso i vertici di Industria italiana autobus (la nuova azienda nata dalla fusione tra la Breda e la Irisbus) si sono dimessi dopo aver approvato il progetto di bilancio. E sull'azienda di produzione autobus ora torna a salire la preoccupazione dei sindacati. Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil e Ugl metalmccanici chiedono "l'immediata convocazione del tavolo di crisi in assenza del quale si metteranno in campo tutte le iniziative di mobilitazione necessarie".

E spiegano, come riporta la Dire: "Più volte abbiamo posto al ministero delle Imprese e del Made in iTaly la necessità di un cambio radicale al vertice dell'azienda per poterne permettere il rilancio. Questo passaggio delicato va però gestito in completa trasparenza attraverso il confronto con il sindacato". Ora "l'assenza di notizie e di tempi di transizione per arrivare al nuovo assetto del cda e alla nomina del nuovo amministratore, aggiunge ulteriore preoccupazione ai lavoratori in una situazione già complessa dal punto di vista produttivo e finanziario".

Il possibile ingresso di Toyota

A fine maggio, nell'incontro proprio al ministero delle Imprese e del Made in Italy, la situazione vedeva molti ordinativi acquisiti e la possibilità di incrementare la produzione, ma anche l'avvio di una collaborazione commerciale col gruppo Caetano, a sua volta partecipato da Toyota e forse interessato in prospettiva a entrare anche nella compagine societaria.

E, a chiudere il cerchio, la smentita di progetti di esternalizzazione della produzione. Invitalia al tavolo aveva dichiarato di aver già provveduto a ricapitalizzare e a rifinanziare l'azienda e "più in generale di essere pronta a fare la propria parte a fronte di una gestione oculata della azienda". A fine maggio, nel tavolo a Roma, si riferì, come raccontarono gli stessi sindacati, di "molteplici manifestazioni di interesse", ma per i rappresentanti dei lavoratori le novità sugli assetti, i soci e le partnership industriali non riducevano la "preoccupazione per i ritardi produttivi che potrebbero portare non solo al pagamento di penali ma anche alla rescissione dei contratti".

Di qui la richiesta di un "maggiore confronto sul piano industriale e soprattutto di un intervento da parte dei soci pubblici per salvare una situazione prima che sia troppo tardi". Quanto ai possibili interessamenti da parte di investitori, "siamo favorevoli all'arrivo di un socio industriale ma chiediamo che i soci pubblici non si disimpegnino ed anzi accompagnino il processo di rilancio anche in termini finanziari", dicevano il 24 maggio Fim-Fiom-Uilm in una nota congiunta dando atto al ministero "di aver sostenuto Industria italiana autobus nelle sue esigenze di liquidità attraverso Invitalia" ma chiedendo "un ulteriore sforzo accompagnato da un vigile interessamento, al fine di verificare che le immissioni di liquidità possano davvero garantire il rilancio".

In una fase "di annunciata espansione del trasporto pubblico sarebbe imperdonabile perdere un patrimonio industriale nazionale quale è Industria italiana autobus". Per cui, era il monito di fine maggio, si resta al punto centrale che da tempo allarma il sindacato: "Occorre un intervento del Governo per sventare il rischio paradossale di naufragio di una impresa in mano pubblica che lavora per il pubblico e per giunta in un comparto di pubblica utilità".

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