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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Processo Amato, in aula mostrate le foto del corpo della moglie

Davanti alla Corte d'Assise ha testimoniato un'amica della vittima, che ha raccontato di come Linsalata sapesse che il marito le aveva versato tranquillanti nelle tisane

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L'udienza del processo a Giampaolo Amato, il medico 64enne accusato di aver ucciso, nell'ottobre del 2021, prima la suocera Giulia Tateo e poi la moglie Isabella Linsalata, è iniziato con la proiezione del primo sopralluogo dei Carabinieri a casa dello specialista. Tra le immagini mostrate nell'aula del processo, anche quelle del corpo senza vita della moglie di Amato riverso sul letto. Immagini forti, che sono state commentate dal maresciallo dei Carabinieri, Barbara Pittiglio. Nella sua testimonianza Pittiglio, che il 31 ottobre 2021 è intervenuta per prima nell'appartamento in cui era morta la donna, ha ricostruito i vari passaggi di quel primo sopralluogo. L'udienza, fissata per le 9, ma è iniziata in ritardo a causa di un problema tecnico, ed è dedicata alle deposizioni dei primi testimoni della Procura, tra cui Anna Maria Linsalata, sorella di Isabella e parte civile nel procedimento.

Niente foto e video in aula

Tanti i giornalisti presenti in aula. La Corte d'Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari, però, dopo aver detto di 'no' alle riprese ha negato anche la possibilità di scattare foto. La questione, posta dalla procuratrice aggiunta Morena Plazzi, è stata discussa poco fa. Procura e parti civili avevano dato il consenso, mentre i difensori di Amato, Gianluigi Lebro e Cesarina Mitaritonna, si sono opposti, sostenendo che per autorizzare le riprese fotografiche sia necessario il consenso dell'imputato. Un'interpretazione sposata dalla Corte, che ha negato la possibilità di fare foto durante il dibattimento, affermando che "il diritto di cronaca è egualmente garantito dalla presenza in aula dei giornalisti".

La testimonianza dell'amica

Isabella Linsalata sospettava che il marito la stesse avvelenando. Lo ha raccontato in aula la dottoressa Monica Gaudioso, amica della vittima. Quando, nel maggio del 2019, è emerso un valore "enormemente alto" di benzodiazepine nelle analisi di Isabella Linsalata, "abbiamo discusso delle possibili cause e la conclusione non detta, ma chiara, fu che il sapore amaro delle tisane" che le preparava il marito "dipendesse proprio da una somministrazione non volontaria di benzodiazepine", ha riferito la testimone davanti ai giudici della Corte d'Assise di Bologna. "Lei non voleva far sapere dell'esito di quegli esami - ha spiegato l'amica -  e non ha voluto presentare una denuncia per non distruggere la sua famiglia", ma si era limitata a "non bere più le tisane".  L'amica l'aveva messa a parte dei suoi problemi coniugali, che duravano ormai da alcuni anni, da quando aveva scoperto la relazione di Amato con un'altra donna. Linsalata, però, "aveva preso atto della situazione e aveva intenzione di formalizzare la separazione". Infine, la teste ha dichiarato che Linsalata "non era d'accordo sul fatto che Amato fosse andato a vivere al piano di sotto, perché le creava disagio".

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