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Bullismo e cyberbullismo

Bullismo, la storia di Milena: "Isolata dal gruppo per un paio di scarpe sbagliate"

IL RACCONTO. Oggi, 7 febbraio, è la giornata contro il bullismo e il cyberbullismo: fenomeni diffusi fra giovani e giovanissimi, spesso difficili da affrontare e contrastare. Ma c'è chi non vede l'ora di parlarne, soprattutto guardandosi a distanza

Milena ha 27 anni e ha scoperto il bullismo quando era al liceo. La storia che racconta, la racconta timidamente e con emozione perchè nonostante sia passato del tempo, certe cose non si cancellano e anche se fa male, condividerle può servire a far sentire qualcuno meno solo. Oggi, 7 febbraio, è la giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo: fenomeni tutt'altro che rari oggi come sempre.  "Pensavo che il bullismo fosse prepotenza fisica, violenza. Non sapevo che quelle vessazioni si chiamassero così anche se per me gli effetti erano decisamente più dolorosi del male che si prova quando si prende uno schiaffo". Il tema dei disagio e della violenza fra i giovanissimi è stato affrontato molto spesso in questi giorni, anche per alcuni fatti di cronaca fra cui i dieci minorenni denunciati dai Carabinieri di Corticella, colpevoli di aver aggredito in gruppo e minacciato con un coltello un loro coetaneo. 

Quando è cominciato tutto? "Mi sono iscritta al liceo e all'inizio avevo fatto amicizia con due ragazze. Sembrava tutto normale, ma da un certo punto in poi, una delle due ha cominciato a parlare male di altri compagne e compagni di classe e poi a mettere in giro voci sgradevoli anche sul mio conto e ad attaccarmi". 

E quale era la tua "colpa"? "Ero brava a scuola senza sforzo, riuscivo bene nelle materie nelle quali lei non raggiungeva buoni risultati, ma non perché non fosse intelligente, anzi. Ne aveva tutte le possibilità ma forse poca voglia di fare fatica. E poi c'era il mio modo di vestire: colorato e diverso dallo stile degli altri. Passati al triennio le cose sono peggiorate perché alle feste non bevevo e non fumavo come gli altri. In quell'età capita di scoprire l'alcol, il sesso, a volte e per qualcuno anche qualche droga: per me (e grazie al rapporto limpido con i miei genitori) tutto questo non era tabù, semplicemente non sono fatta per gli eccessi".

Sei diventata il suo bersaglio? "Esattamente. E' cominciato da questa persona e poi anche gli altri mi hanno isolata. Il terzo anno è stato pesantissimo. Abbiamo cambiato anche i professori ma quello che poteva essere un nuovo inizio si è trasformato in una fase ancora più difficile". 

C'è stato un accadimento che ti ha segnato particolarmente? "Un giorno sono andata a scuola con delle scarpe nuove. Delle splendide e luccicanti ballerine di paillettes color argento che mi aveva regalato mia zia, appassionata di moda e sempre in cerca di accessori particolari. All'epoca non se ne vedevano in giro e quindi hanno attirato subito l'attenzione dei miei compagni di classe, nel frattempo coalizzati. Un po' quelle scarpe, un po' il pretesto di un paio di jeans a vita bassa ed ecco che dall'allegria data dall'indossare qualcosa che sentivo perfetto per me alla sensazione di solitudine". 

In tutto questo, che ruolo hanno avuto gli adulti? "Non significativo, purtroppo in un caso un professore è anche riuscito a peggiorare le cose: visto il dislivello della classe in latino e greco aveva deciso di abbinare un tutor ai ragazzi che avevano più difficoltà e a me è stato affidato un compagno di classe con cui studiare e fare dei compiti. Lui però non voleva lavorare con me e ha rifiutato il mio aiuto arrivando poi impreparato alla prova. Il prof ha incolpato me, accusandomi in una qualche maniera di non voler condividere le mie conoscenze e di volermi isolare. Aveva capito che se stavo in disparte era solo per colpa mia. Per me è stato orribile perché erano le mie materie preferite e da lì in poi averlo come insegnante è stato molto difficile". 

Milena (il nome è di fantasia) è una delle ragazze che hanno risposto all'open call del progetto "Sembianze" sul tema del bullismo e del cyberbullismo. Le storie raccolte (hanno partecipato oltre 60 ragazzi fra i 18 e i 35 anni) sono diventate una performance ospitata dal MAMbo, dal Dipartimento Educativo del museo. E che cosa raccontano questi giovani, che a distanza di qualche anno possono vedere e valutare queste esperienze con un po' di 'distanza'? Storie a tratti terrificanti, dolorose e purtroppo più diffuse di quel che pensiamo. Alcuni estratti: 

“Quando alzavo la mano ridevano già tutti. Mi chiesero di spogliarmi e lo feci senza sapere ancora perché, restando lì in mutande davanti a loro. Cinque anni di inferno (alle superiori). I più brutti della mia vita. Mi sono tatuato la parola LOSER: perdente. Poi quella parola si è trasformata in: LOVER, amante”.

“Mi hanno inserito in una chat e mi istigavano al suicidio perché secondo loro non meritavo di vivere. Mi sentivo cenere, non valevo niente”

“Un amico ha avuto un incidente: la bici non si era fermato. Abbiamo scoperto che dei bulli gli avevano rotto i freni: vederlo ridotto così sapendo che non era stata una disgrazia è stato doloroso. Lui li ha perdonati”.

“Ho un cognome che mi ha messo in difficoltà da sempre. Pugni e calci, ero la sfigata”.

“Mi hanno lanciata in un anfratto e mi hanno schiacciata al muro, non riuscivo respirare. Avrei voluto un adulto che mi proteggesse”

 “Mi dicevano che ero una sfigata. Ero oggetto di una violenza ingiustificata. Il ricordo che ho dei docenti era il mio interrogativo: perché non intervengono? Mi hanno aiutata i miei genitori”.

I miei compagni di scuola mi hanno buttata nel bidone della spazzatura e nella mia testa avevano ragione loro anche se non capivo cosa facevo di male. Mi sono sentita morire dentro, ma sono sopravvissuta”.

“Lui aveva paura del nostro gruppo e io non capivo perché continuasse a farsi chiamare ‘gay”.

“Mi chiamavano marocchino, non mi invitavano ai compleanni. Io davanti a loro ridevo, ma poi a casa piangevo. Una volta mi hanno lanciato degli oggetti di ferro”.

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