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Martedì, 30 Aprile 2024
Salute

Vaiolo scimmie, Viale: "Più a rischio gli uomini con comportamenti sessuali promiscui con altri uomini"

Il direttore del reparto di Malattie Infettive del Sant'Orsola illustra la diffusione del virus in città, dove si propongono vaccini al momento e qule il possibile scenario futuro

Due giorni fa, lunedì 8 agosto, è partita la campagna vaccinale contro il Vaiolo delle scimmie. Sebbene il Ministero della Salute non richieda né suggerisca la vaccinazione, esistono categorie più a rischio di altre. Il professor Pierluigi Viale, direttore del reparto di Malattie Infettive del Policlinico Sant'Orsola e docente dell'Università di Bologna, ha spiegato a Bologna Today che tipo di malattia è e quali sono le categorie più a rischio.

Di cosa si parla quando si parla di Vaiolo delle scimmie?
Una malattia trasmessa da un virus che sta nella famiglia dei poxvirus. Dentro questa ci sono tutti i virus del vaiolo: quello degli umani che non c’è più, dei cani, dei gatti, delle scimmie, dei bovini. Questo è un virus che ha fatto il salto di specie dalle scimmie all’uomo negli anni ’70 e ha sempre dato qualche caso sporadico esclusivamente in Africa. Negli anni ’90 c’è stato poi qualche caso negli Stati Uniti ed ora ha un andamento epidemico anche in Europa. Non è nulla di neanche lontanamente paragonabile al Covid in termini di numeri, però insomma, diciamo che è un virus che si è evoluto e adattato all’uomo già cinquanta anni fa e che ora è diventato una malattia con una trasmissibilità più facile. Si trasmette fondamentalmente come tutti i virus del vaiolo, quindi per contatto stretto, anche se lo Spallanzani proprio in questi giorni ha dimostrato la sua presenza anche nello sperma. Possiamo quindi dire che si tratta di una malattia che si trasmette sessualmente: è legata al contatto stretto e intimo che si ha durante un rapporto sessuale e forse anche attraverso lo sperma. 

E i paragoni con il Covid?
Nessuno, almeno in termini di trasmissibilità. Il Covid si trasmette per via aerea, questo si trasmette con una tipologia di contatto che possiamo definire di tipo sessuale. In termini di pericolosità, poi, possiamo dire che non si tratta di una malattia con rischio di morte. Tendenzialmente non dà casi gravi. Però è una malattia contagiosa e trasmissibile, quindi ogni caso è potenzialmente un allarme perché un malato ne può infettare tanti. C’è quindi una questione di coscienza sociale: ai primi sintomi bisogna farsi visitare perché si è potenzialmente contagiosi per un partner sessuale o per un convivente con cui si hanno rapporti stretti.

A chi è rivolto il vaccino?
Bisogna considerare una questione importante. Tutta la popolazione nata dopo il ’72-’73 non ha fatto la vaccinazione contro il vaiolo, perché dal 1981 quel vaccino è stato abrogato in Italia dato che il vaiolo umano era scomparso. Quella vaccinazione lì dà una copertura non indifferente contro il Monkeypox. C’è quindi l’indicazione di fare il vaccino a tutte le persone che sono a rischio di trasmissione. In tutta Italia ci sono circa seicento casi: cinquecentonovanta di questi sono accorsi in MSM (In inglese: Men who have Sex with men, ovvero uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, ndr). È chiaro che, dovendo iniziare a distribuire il vaccino, si comincia con la categoria MSM.

Quanti sono i casi a Bologna e quanti vaccini sono disponibili sul territorio? Quali i soggetti da vaccinare in via prioritaria?
A Bologna attualmente i casi sono circa trenta e i vaccini disponibili sono circa duecento. Abbiamo cominciato ieri a vaccinare i primi soggetti. Noi i soggetti da vaccinare li andiamo a prendere tra i pazienti che afferiscono alle divisioni di malattie infettive che chiedono la profilassi per l’HIV. Persone che vengono nei nostri centri e chiedono di poter aderire alla profilassi pre-esposizione per l’HIV, la cosiddetta PrEP, sono persone che tendenzialmente hanno comportamenti sessuali più a rischio, perché hanno intenzione di avere rapporti non protetti. Essendo persone che già afferiscono agli ambulatori di malattie infettive, c’è la possibilità di fare una selezione tra quelli più promiscui. Ognuno conosce la propria vita sessuale e naturalmente non esiste un esame per questo. Però se un paziente chiede la PrEP noi partiamo dal presupposto che è una persona che fa attività sessuale non protetta. A quel punto, chiediamo se ritiene di aver bisogno di fare il vaccino anti Monkeypox. Sono pazienti seguiti, quindi è più facile poter fare interviste sulla vita sessuale del paziente. Quando si viene a chiedere la PrEP, il paziente accetta che gli venga chiesto il perché. Il nostro obiettivo è quello di allargare il raggio d’azione: quando avremo non solo duecento dosi di vaccino ma duemila, allora lo chiederemo a tutti i pazienti che chiedono la PrEP e a quelli che si rivolgono agli ambulatori per le malattie sessualmente trasmissibili. In questo momento sono queste le persone più a rischio. A parte c’è poi la categoria dei lavoratori dei laboratori. Se ad esempio si presenta una persona che ha una vescicola di Monkeypox e quella vescicola viene rotta e viene fatto un tampone del liquido che ne fuoriesce, quel tampone verrà poi maneggiato nei laboratori. Il personale di questi laboratori lavora in condizioni di sicurezza, ma può sempre succedere che si rompa un guanto o che ci sia un break nelle misure di controllo. A queste persone viene offerta la possibilità di vaccinarsi contro il Monkeypox.

Naturalmente, questa, è una situazione in evoluzione.
Al momento sono state distribuite qualche migliaio di dosi di vaccino e solo in quattro regioni. Man mano che si vedrà che la selezione funziona e che c’è accettazione del vaccino da parte di queste persone, aumentando le dosi cadranno anche le barriere di selezione. Nel giro di qualche mese, quando si andrà a regime, verrà fatta un’offerta di vaccinazione anti Monkeypox per le persone MSM che hanno comportamenti sessuali promiscui. Funzionerà normalmente: il cittadino si presenterà e chiederà di essere vaccinato, ognuno secondo la sua coscienza.

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