Bologna in lettere 2019 -presentazione del XIV quaderno italiano
Bologna in lettere 2019
Festival multidisciplinare di letteratura contemporanea
SABATO 25 MAGGIO ore 19.00 La confraternita dell’Uva, Via Cartoleria 20/b
Poesia Contemporanea. Quattordicesimo quaderno italiano
(a cura di Franco Buffoni, marcos y marcos)
Relatore Riccardo Frolloni
con Pietro Cardelli, Andrea Donaera, Raimondo Iemma
Maddalena Lotter, Paolo Steffan
Pietro Cardelli, da La giusta posizione
Tomba di sopra ‘44
Le mani alte, quasi giunte
a implorare un perdono di cui
non ha colpe, ma solo necessità
crudele, eppure vera, ora che
la guardano con una rabbia
che non comprende, agosto,
un caldo senza precedenti
come dice la radio nell’aria tersa
un calore, un fuoco brucia le messi.
Il bambino a terra, neppure,
alza una nube di polvere e ghiaia:
prima i colpi, il sogno del chirurgo,
il generale risuona la sua voce
nelle menti di tutti, i giovani sgomenti
atterriti dai propri gesti, così sicuri.
Si sente dal cielo la voce, rispecchia
il frastuono, mentre le pupille
si accendono e il sangue è un ricordo,
è già passato, è futuro e passato
insieme: eccolo, l’abbandonarsi
esausto e definitivo: senti la fine,
una memoria, è la pace, gli occhi sbarrati.
Oggi non ci pensi, non conosci
il tatuaggio del nipote anni dopo,
il garage carico di armi, gli assalti
notturni, la sbarra. Ferragosto
quarantaquattro era scritto
in ogni agenda, sempre circoscritto,
quando lo mostravi con pudore
e orgoglio ai parenti: ora
attendi, perdona la crudeltà
che ti affronta, lasci un sigillo.
Andrea Donaera, da Una Madonna che mai appare
Sono in sei contro sette,
ma c’è equilibrio, quelli in sei hanno Mino,
è l’estate di Baggio e di Baresi,
giù al porto lo chiamano Il Divin Mino,
attacca gli spazi, dribbla molto bene,
è leggero ma sa come travolgere,
punta la porta di pietra, il pallone
sbatte con un tonfo riverberato,
e oggi è un oggi più spento,
Il Divin Mino perde ogni contrasto –
con il vivere, chiaro.
Ha detto: «Vado di là». E si è lanciato.
Tre piani non sono tanti. Una palma
l’ha stoppato. È vivo ancora. E chissà.
Carmen Gallo, da La corsa
noi parliamo
qui nel cemento il buio arriva bianco
in alto molto più in alto diresti
il cielo ha cavi orizzontali
stiamo bene qui parliamo
non è questo il posto dove ci siamo parlati
non è questo il posto dove ci siamo portati
da una stanza all’altra la linea dei cavi
adesso la seguo con gli occhi con le gambe
fino al letto in cima alle scale
nell’ascensore i vecchi restano settimane
in alto molto più in alto inclino la testa
aspetto che il sole arrivi a stringermi gli occhi
che la smorfia sulla faccia ti dica
che non mi interessa ciò che dici
ancora aspetto che la tua voce
torni indietro metallica
come una specie di dolore
non compatibile con la vita ordinaria
Raimondo Iemma, da La settimana bianca
Tutto appartiene all’ospedale
specie i locali abbandonati o prossimi
al rinnovo mediante turni organizzati
anche le consorti che attendono
il ritorno dal servizio della notte
le aule di formazione dislocate
al nuovo braccio, anche l’abitazione
dell’usciere di servizio
la segnaletica mancante
Maddalena Lotter, da Questioni naturali
Ognuno dovrebbe vivere un'infanzia sul mare e dal mare
prendere più avanti le distanze ma sempre a lui tornare
come al centro di se stesso, guardarsi muovere nel tempo
diverso e uguale, sospettando anche di avere acque fredde
e segrete; ognuno come il mare dovrebbe sapere dei fondali
appartati da millenni dove non si va.
Temporali e schiarite, queste piccole aperture dell'universo
non sono forse cenni di smisurata interiorità?
Paolo Steffan, da Frantumi
Inte i ?larghi del pae?e, sote onbrìe
fiape de canpanìi, no son pì bòn
véderla, la me dhent zhenza pì fan.
Sote i spióver dei cuèrt, sote chei ran
ragadi da romor de cop e son
de sine, al trèn cargà de gnent e onbrìe.
Negli spiazzi del paese, sotto ombre / avvizzite di campanili, non riesco più / a vederla, la mia gente senza più fame. // Sotto gli spioventi dei tetti, sotto quei rami / tarpati da rumori di coppi e suoni / di rotaie, il treno carico di niente e ombre.