Al Duse la compagnia Nina’s Drag Queens: 'Il giardino delle ciliegie'
“SARLOTTA – In ogni albero di questo giardino, da ogni fogliolina, da ogni tronco, ci sono degli esseri umani che ci osservano. Non sentite le loro voci? “
Il giardino di ciliegi è un confine, crocevia di mondi lontani, irriducibili. È la terra dell’infanzia, del sogno ad occhi aperti, l’orizzonte dell’ancora possibile. Ad abitarlo, sei donne, in attesa della fine. Donne, piuttosto creature. Forse sono gli stessi alberi di quel giardino, tacchi a spillo per radici, braccia maschili come rami tesi? Il giardino dei ciliegi è un mondo fragile, incerto, quasi di vetro. Su di esso pesa lo sguardo di una schiera di uomini che si avvicina, lenta, nera, pronto all’assalto inevitabile, all’ammazzamento. Perse in questo vivaio di ricordi e passioni, le donne-albero annodano mille piccole vicende attorno a un’unica grande tragedia familiare. Sono viaggiatrici senza passaporto, dive senza palcoscenico, eroine tragiche senza tragedia. E ridono, ridono spesso. Ma sempre con le lacrime agli occhi.
Perché affrontare i grandi classici del teatro in vesti drag queen? Perché facciamo teatro e a un certo punto abbiamo capito di aver costruito, nel tempo, un linguaggio nostro, col quale provare ad affrontare una materia teatrale vera e propria, sconfinando dalla concezione dello spettacolo drag queen come intrattenimento e varietà tout court. Abbiamo scelto il Giardino dei Ciliegi per la sua coralità e per qualcosa di indefinito che sentivamo emergere da questo testo, un sentimento lontano, che ha a che fare con la nostalgia per un mondo scomparso, superato, seppellito, con un’infanzia perduta ma mai dimenticata. Iniziando a lavorarci, ci siamo resi conto che la nostra intuizione era giusta. Tra le righe continuavamo a trovare conferme: queste donne erano personaggi eccessivi, smaniosi, dominati da una scomodità di fondo a sostenere il proprio ruolo. Un’inquietudine di vita dolorosa ma anche buffa e colorata, a suo modo vivace: interpretarla en travesti non era azzardo, semmai una chiave espressiva possibile. La drag queen è per sua natura un essere irrisolto: riunisce in un corpo solo mondi opposti, maschile e femminile, non è mai quello che è, rincorrendo all’infinito un’immagine irraggiungibile. Quei personaggi, inaspettatamente, erano perfetti per noi. Il mondo femminile di Checov è vario e affascinante, combinazione fine di ridicolaggine e tragedia: se da un lato ci permette di scomodare l’immagine delle grandi attrici (Valentina Cortese è affettuosamente omaggiata nello spettacolo), dall’altro è un orizzonte di provincia, dove le fantasie prendono vita, dove per scacciare la noia si balla sole, perché nessuno si è presentato alla festa. Spesso non capivamo se era il caso di ridere o di piangere delle avventure di queste signore, signorine, sorelle, madri, figlie e figliastre, badanti, cameriere, domestiche, governanti, prestigiatrici, amanti, aspiranti fidanzate, donne di mondo, donne di paese. Abbiamo cercato nello spettacolo di mantenere viva questa ambiguità struggente e dolorosa. Il lavoro di drammaturgia è stato condotto per frammenti, giustapposizioni musicali, montaggio di scene del testo originale con numeri in playback che ne completassero il senso e – talora – ne spostassero l’asse, passaggi di battute da un personaggio a un altro (le parti maschili, totalmente assenti, sono in parte state assorbite da quelle femminili). Battute e canzoni diventavano così interruzioni continue di un discorso che non sa articolarsi, frasi che cominciano per poi perdersi in niente, ritmo un po’ sghembo, sincopato, seducente nel suo caos.
Anche se l’operazione drammaturgica è molto decisa, non pensiamo di avere stravolto l’opera di Checov; piuttosto ci siamo chiesti a cosa corrispondano, nell’oggi, quelle ansie, quelle manie, quei caratteri. Checov tratteggia un periodo storico preciso, ma soprattutto ci racconta di un mondo senza più appigli, di personaggi che non riescono a tenersi aggrappati al proprio mondo interiore, pur continuando a rifugiarvisi di continuo. È la cronaca di un’epoca di passaggio, e questo è qualcosa che assomiglia al presente.
COMPAGNIA
“Non penso mai a me stesso come ad un uomo o ad una donna, quando sono travestito. Sono solo un attore che interpreta una donna. Il mio compito è quello di rappresentare una donna,
sapendo che il pubblico sa che quella è una femmina. Questo è il fulcro dello scherzo.”
R. Baker
La compagnia delle Nina’s Drag Queens è composta da attori e danzatori che hanno trovato nel personaggio Drag Queen la chiave espressiva per portare avanti una loro idea di teatro. Nata da un’idea dell’attore Fabio Chiesa nel 2007 a Milano, presso il Teatro Ringhiera, è guidata da Francesco Micheli, direttore artistico e regista. Alcuni degli spettacoli messi in scena dal gruppo: Spanish Nostalgia, La filosofia del Boudoir, Tra(ns)viata, Nina’s Radio Night. Partendo dal genere della “rivista” e dell’happening performativo, le Nina’s Drag Queens sono approdate sempre più a uno specifico teatrale, arrivando recentemente a scomodare i classici: è il caso de “Il Giardino delle Ciliegie”.
La compagnia è attiva anche sul fronte della formazione: dal 2009 propone laboratori per chiunque voglia provare a stare su un palco nei panni di una drag queen.