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Cronaca Budrio

Uccise la moglie dopo un litigio, pena ridotta. Il Sindaco di Budrio: 'Sono arrabbiato'

Sono passati poco più di due anni da quando a Budrio Assafa Jamila, 31 anni, venne accoltellata e uccisa dal marito, poi condannato a 30. Ma ora la pena cala a 18

Sono passati poco più di due anni da quando a Budrio Assafa Jamila, 31 anni, venne accoltellata e uccisa dal marito, 54enne, a seguito di un litigio. L'assassino prese i due figli piccoli, di quattro e due anni, e fuggì in macchina, nella neve, per poi costituirsi ai Carabinieri.

Per l'ultimo saluto a Jamila, il comune di Budrio aveva messo a disposizione l'Auditorium: il marito era stato condannato a 30, con il rito abbreviato e senza attenuanti generiche, ma ora la condanna è stata ridotta a 18.

"Faccio fatica a trovare il senso di questa decisione, soprattutto perché - questa volta - è caduta l'aggravante dei futili motivi e sono state riconosciute, seppur parzialmente, le attenuanti generiche". A scriverlo è Giulio Pierini, Sindaco di Budrio, che quella vicenda l'ha vissuta in prima persona, e che spefica di non farne certo una disquisizione giuridica, ma di essere "arrabbiato ma non credo di avere certezze; ho solo interrogativi. Mi soffermo sul senso delle parole e mi chiedo: esistono dunque motivi non futili che consentono di ridurre drasticamente una pena carceraria per aver ucciso la propria moglie o fidanzata? E ancora: quali attenuanti possono esserci di fronte a un gesto tanto crudele e vigliacco?".

Per Pierini, al di là della riduzione della pena "se fossero scontati tutti e 18 in carcere, questa sarebbe una pena giusta. Ma temo che tra pochi anni saremo in molti, ancora una volta sorpresi, a commentare il trasferimento del colpevole dal carcere ai  domiciliari, poi successivamente l'approdo alla libertà vigilata e via così. Le sentenze sono momenti che la nostra società dovrebbe vivere con più serenità perché, in fondo, di fronte alla malvagità degli uomini si afferma la giustizia delle istituzioni pubbliche che certamente non riporta in vita chi è morto, ma almeno rimette le cose apposto, pareggiando i conti, facendo scontare la pena a chi è colpevole e consentendogli poi un percorso di rieducazione (art. 27 della Costituzione). E invece troppo spesso le sentenze sono un inevitabile momento di polemica, indignazione, sfiducia verso le istituzioni. Quello dell'omicidio di Jamila è uno di quei casi, che ci saremmo volentieri evitati", conclude.

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