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Parlare in bolognese: slang sotto le due torri

Il dialetto bolognese sta morendo, ma non il suo 'slang'. In uno strano paradosso, le popolazioni giovanili autoctone hanno nel tempo rielaborato nomi e termini propri del dialetto, italianizzandoli

Ciappino

Termine che indica un qualsiasi artefatto costruito utilizzando improvvisazione e strumenti di fortuna. Una costruzione di risulta, frutto dell’ingegno emiliano e adatta all’unico scopo di risolvere una situazione contingente. Spesso “ciappino” è utilizzato come sinonimo di espediente, di escamotage, una soluzione non ortodossa, ma che risolve il problema. Chi si diletta, anche a pagamento, con questo tipo di attività, è il cosiddetto “ciappinaro”.

Es.:
“Senti, la tapparella è incastrata”
“Eh lo so, però mi hanno chiesto un sacco di soldi per ripararla!”
“Ma va là, che ti faccio un ciappino… venti euro e sei a posto!”

Cinno

Termine con il quale si identificano di solito i bambini e i ragazzini di età infantile-prepuberale. Non ha connotazione particolare, ma sovente viene utilizzato nelle frasi di rimprovero e dileggio, normalmente ad opera degli anziani che mal sopportano il baccano e l’energia animosa dei fanciulli.
Rivolto agli adulti, può indicare sia poca saggezza che bontà d’animo.

Es.:
“Ma che buon cinno, che è quello!” (adulto)
“Oh! Cinno…! Basta con ‘sto chiasso!” (anziano vs. giovane)

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