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Cronaca

Corteo Pride, no a loghi poliziotti LGBT+: "Partecipare in modo anonimo? Noi ci mettiamo la faccia"

"Sfida a ogni convenzione per abbattere diffidenza e pregiudizi". Botta e risposta tra Polis Aperta, associazione forze dell'ordine, e gli organizzatori che sottolineano la "volontà di ribellarsi a tutti i sistemi di potere"

Polis Aperta, associazione Lgbtqi+ di lavoratori di forze di polizia e forze armate "esprime il proprio rammarico per le parole utilizzate dagli organizzatori del 'Rivolta pride' di Bologna che hanno voluto escludere l’associazione e i propri associati dalla sfilata di sabato 25 giugno". Lo hanno scritto in una nota specificando "ci è stato chiesto di non presentarci con i loghi e lo striscione dell’associazione, ma di partecipare in modo anonimo, quasi dovessimo nascondere chi siamo. Non è la prima volta che una tale discriminazione viene in atto: al pride di Bologna 2020 la stessa sorte toccò dall'Associazione Plus - Persone LGBT+ Sieropositive".

"Questo odio non ci appartiene"

"Parole pesanti come pietre - scritte sui social - che ancora prima di colpire l’associazione in sè, feriscono le persone che ne fanno parte. Persone, che pur avendo scelto un lavoro, dove non sempre la comunità Lgbtqi+ è stata accolta a braccia aperte, hanno deciso di metterci la faccia. Di uscire allo scoperto, sfidando ogni convenzione per abbattere diffidenza e pregiudizi. Fin dalla nascita, l’associazione si è impegnata per il riconoscimento dei diritti civili, dalla legge Cirinnà al ddl Zan, per il riconoscimento degli alias alle persone in transizione e dell’omogenitorialità. Perché siamo consapevoli che solo tutelando le moltepilci identità individuali della società si garantisce la difesa di quella democrazia che abbiamo deciso di rappresentare indossando una divisa. Pride è l’orgoglio di aspirare a una società dove tuttə sono ugualə davanti alla legge. Le polemiche sterili non ci interessano, impieghiamo il nostro tempo per costruire ponti, non muri. Le pratiche escludenti non ci appartengono, così come non ci appartiene il dileggio, la discriminazione, il pregiudizio che trasuda da certi toni. Questo odio non ci appartiene".

"Volontà di ribellarsi a tutti i sistemi di potere"

"Ci teniamo a sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento rispetto alla partecipazione dell’associazione Polis Aperta - scrivono a loro volta gli organizzatori sottolineando la loro - volontà di ribellarsi a tutti i sistemi di potere, portata avanti dalle fasce più marginalizzate della società: le persone trans, le travestite, le persone nere e latine, le sex worker, le phroci3, le lesbiche, le persone senza documenti, le soggettività che maggiormente subivano e subiscono ancora oggi la repressione violenta della legge".

Spiegano quindi che "il Rivolta Pride nasce da un percorso assembleare dal basso che coinvolge decine di associazioni, singole e realtà LGBTQIAP+, nato in occasione della mobilitazione #moltopiudizan - ovvero andare oltre il ddl contro la omotransfobia, poi affossata  - Abbiamo scelto di chiamarci Rivolta in connessione con la notte del 28 giugno 1969 allo Stonewall Inn, quando un gruppo di trans e frocie si rivoltarono contro l’ennesima retata della polizia di New York ai danni della comunità queer che animava il quartiere Greenwich, dando vita al primo Pride della storia. el manifesto del Rivolta Pride ci sono elementi di elaborazione politica del femminismo anticarcerario, contro le misure punitive come antidoto alla violenza patriarcale, il riconoscimento del lavoro sessuale come lavoro, la critica al razzismo istituzionale che criminalizza l’esistenza delle persone migranti".

Per i promotori quindi "queste soggettività non sono tutelate dalla legge né dalle forze dell’ordine, come ci raccontano i numerosi casi di femminicidi e violenze sessuali, violenze nelle carceri e nei centri d’accoglienza, che spesso non vengono riconosciuti anche in seguito a denunce. Gli ultimi dati dell’OSCAD, l’osservatorio della Polizia e dei Carabinieri per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ci restituiscono una fotografia della realtà che non corrisponde a quello che viviamo quotidianamente: nell’anno 2020 l’osservatorio nazionale riporta solo un caso di omicidio legato a orientamento sessuale e identità di genere, quando invece la rete TGEU (Transgender Europe) denuncia in quell’anno almeno 4 trans*cidi. A dir poco sottostimati sono anche i casi di violenze sessuali, incitamento all’odio e aggressione, per un totale di appena 61 casi. Il Rivolta Pride vuole essere anche lo spazio di rivendicazione di queste soggettività, che devono sentirsi libere di marciare in uno spazio sicuro". 

Pur riconoscendo che "l’omolesbobitransafobia è presente in tutti i luoghi di lavoro, anche all’interno della polizia e delle forze dell’ordine. Anzi, spesso è proprio in questi settori che le discriminazioni trovano spazio, incentivate da un ambiente, quello delle caserme, intriso di machismo e maschilismo - ma non sarebbe - una presa di posizione contro Polis Aperta, ma di critica aperta alle forze dell’ordine come istituzione, e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista. Riteniamo necessario aprire una riflessione seria sul tema della polizia e delle forze armate e delle discriminazioni vissute dalla nostra comunità. Gli spazi sicuri li fanno le frocie che li attraversano, tramite l’autorganizzazione, la cura reciproca e la costruzione di safer space e di immaginari liberati dalla violenza eteropatriarcale".

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