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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Maltrattamenti e abusi sessuali: il racconto di una vittima del ‘santone’ Lino

L’uomo, che aveva fondato una comunità, è finito sotto processo per violenza sessuale, maltrattamenti e per essersi spacciato per psicologo

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"Il maestro Lino mi diceva di masturbarmi davanti a lui e di avere un figlio con lui". A parlare è una delle vittime di Pasquale (Lino) Gaeta, 'santone' 66enne di origine napoletana che ad Acquapendente, in provincia di Viterbo, aveva fondato una comunità chiamata Qneud (Questa non è una democrazia). Una comunità con tratti settari e coercitivi, in cui il ‘maestro’ Lino si professava psicologo, ludologo e anche di più. “Diceva di essere il messia  - afferma la giovane - di essersi reincarnato e che comunicava e faceva da tramite con tre angeli: quello fisico, quello emozionale e quello mentale. Diceva che ad Acquapendente avrebbe creato una nuova città, in seguito a un terremoto distruttivo. Io credevo a tutto, ma ero in una fase delicata e complessa della mia vita".

Abusi e maltrattamenti

La ragazza, 25enne originaria di Bologna, è solo una delle prede cadute nella rete del 66enne. Ora, Gaeta è sotto accusa per i reati di violenza sessuale e maltrattamenti, oltre che per essersi spacciato uno psicologo. Infatti, come racconta la 25enne, Lino avrebbe esercitato sulle vittime costanti abusi sessuali: “Dovevo dormire nuda con lui – racconta ancora la ragazza –. Masturbarmi davanti a lui, che a volte si è proposto anche di aiutarmi. Mi ha baciata in mezzo alle gambe e sui glutei. Mi diceva che avrei dovuto avere un figlio con lui, solo con lui, anche facendo ricorso alla provetta, e che si sarebbe dovuto chiamare Eleuterio. Io non volevo fare niente di tutto ciò e rimanevo scossa, ma non ero né lucida né consapevole in quel periodo".

La testimonianza, riportata da ViterboToday, racconta ancora di un ‘cammino catartico e purificatore’ che il santone proponeva alle sua ‘allieve’. Ma secondo le indagini, coordinate dalla pubblico ministero Paola Conti, queste proposte altro non sarebbero state che costrizioni e plagio, sia psicologico che sessuale: “Dovevamo firmare un giuramento, detto ‘della vocante’, e sottoporci a riti e pratiche – dice ancora la 25enne –. Il matrimonio iniziatico, il gongolo, il tenere in braccio ossia prendere in braccio una ragazza e cullarla. Mi ha dato una croce, simbolo dell'essere entrata a far parte delle sue allieve, e un uovo da infilare nelle parti intime. Anche un imbuto, che sarebbe servito per bere urina. Ma quello era un altro stadio a cui diceva che non ero ancora pronta e quindi non l'ho mai fatto”. La ragazza racconta di aver conosciuto Gaeta in una compagnia teatrale di cui il santone faceva parte: “Gli ho parlato delle mie difficoltà, le conosceva - sottolinea l'ex allieva -. Mi ha detto che avrebbe potuto aiutarmi, ma mi sarei dovuto affidare completamente a lui. Alla fine, non ha fatto altro che approfittarsi delle mie debolezze. Ancora oggi seguo un percorso di psicoterapia". La giovane è infatti riuscita a scappare dalla comunità di Qneud e di denunciare il maestro Lino.

Il processo a Gaeta

Il processo nasce anche dalla denuncia della madre di un'altra vittima, una 24enne che dopo essere entrata a far parte della comunità Qneud si è allontanata dalla famiglia. La donna è presidente anche di un'associazione nata per tutelare le vittime di sette e psicosette e si sta battendo per un disegno di legge per sconfiggere l'abuso di mezzi di manipolazione mentale. 

La figlia della donna sarebbe stata la "prescelta". "Avrebbe dovuto prendere - rivela la 25enne di Bologna - il posto del maestro Lino alla sua morte. Ma, dopo essersi fidanzata, è stata cacciata dalla comunità. Cacciata che, disse Lino, era stata suggerita da un angelo".

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