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Cronaca

Fine indagine per la segretaria di Bersani: è accusata di truffa aggravata

A Zoia Veronesi, storica segretaria di Pierluigi Bersani, è stato notoficato l'avviso di fine indagine, atto che di solito precede la richiesta di rinvio a giudizio

Avviso di fine indagine a Zoia Veronesi, storica segretaria dell'ex leader del Pd Pierluigi Bersani, per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia-Romagna, un atto che di solito precede la richiesta di rinvio a giudizio. 

La truffa consisterebbe nel non aver svolto l'attività a cui Veronesi era stata chiamata. E l'ammontare del raggiro - per l'ipotesi di accusa - sarebbe quindi relativo alla retribuzione, circa 140 mila euro lordi di stipendio più i rimborsi, avuta dalla Regione (con un inquadramento da dirigente professionale), dal primo giugno 2008 al 28 marzo 2010, periodo in cui avrebbe lavorato per Bersani a Roma.

Si dimise dalla Regione e venne assunta dal Pd. Con lei c'è un altro indagato, Bruno Solaroli, ex capo di gabinetto di Errani, già parlamentare e sindaco di Imola. A mettere in moto l'inchiesta fu nel marzo 2010 un esposto dell'ex deputato Enzo Raisi.

Per l'avvocato Michele Facci, capogruppo Pdl in Comune, che preparò l'esposto firmato da Raisi, all'epoca collega di partito, la presenza di un avviso di fine indagine significa ''che la Procura ha ritenuto che gli elementi da noi portati all'attenzione fossero quanto meno pertinenti. Poi la presunzione d'innocenza - ha aggiunto - vale fino al terzo grado di giudizio''.

LA DIFESA.  "Alcun elemento di fondatezza delle accuse che respingiamo fermamente". Lo dice il legale di Zoia Veronesi, l'avvocato Paolo Trombetti, la quale "ha sempre svolto in modo corretto le funzioni assegnatele dalla Regione nella sua attività di raccordo con le istituzioni parlamentari. Non ha mai posto in essere alcunchè di illecito e siamo certi che la vicenda si concluderà con il pieno riconoscimento della'infondatezza dell'accusa".

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