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Erika Bertossi

Collaboratrice cronaca ed eventi

A Bologna c'è una mostra fotografica che è un pugno nello stomaco (ma bisogna vederla)

Il World Press Photo dal 1955 premia il meglio del fotogiornalismo proveniente da tutto il mondo: nel sottopasso di Piazza Re Enzo gli scatti migliori che raccontano la sofferenza delle guerre e non solo. Se ne esce diversi

C'è una mostra a Bologna, fino a domenica 25 febbraio, che non può lasciare indifferenti. È l'esposizione fotografica che ripercorre un anno di foto giornalismo, il 2023: gli scatti migliori del concorso mondiale World Press Photo sono appesi lì, sulle pareti del sottopasso di Piazza Re Enzo, e ognuna di esse racconta una storia. Le guerre dietro casa sono il colpo più duro che mi è stato inferto da quest'arte senza pudore e l'immagine di Iryna Kalinina (inevitabile) non se ne va più via dalla testa: una giovane donna incinta, trasportata su una barella fra le macerie di un ospedale di Mariupol, bombardato da un attacco aereo russo. Lo scatto, di Evgeniy Maloletka, è quello che si è aggiudicato il primo premio. Passa solo qualche attimo tra la contemplazione della fotografia e la brutale verità della didascalia: né lei e né il bambino che aveva in grembo sono sopravvissuti a quell'istante. 

World Press Photo a Bologna

E fra le tante c'è un'altra storia che resta impressa in modo indelebile ed è affidata un video: un'infermiera iraniana racconta il suo incontro con il giovane manifestante Reza e di come è riuscita a salvargli la vita quando le speranze erano praticamente nulle. Per fortuna qui il lieto fine c'è. Il ritmo è insostenibile e davanti a ogni frame si sente l'impulso di smettere di guardare lo schermo e volgere lo sguardo altrove per evitare di stare male, per distrarsi. Succede tutto in una notte e le immagini testimoniano la realtà dell'Iran nel contesto della rivoluzione innescata dall’uccisione di Mahsa Amini. Non è una mostra qualsiasi, diciamolo. Ma è una mostra che va assolutamente vista e sentita. 

Il World Press Photo dal 1955 premia il meglio del fotogiornalismo proveniente da tutto il mondo. A questa ultima edizione (la numero 66) hanno partecipato 3.752 fotografi di 127 paesi, per un totale di 60.448 fotografie. Da quest’anno, per un maggiore equilibrio geografico, impostazione e valutazione del concorso sono state rinnovate: le fotografie, suddivise nelle sei regioni in cui sono state scattate (Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, Sud America, Sud-Est Asiatico e Oceania), oltre che in quattro categorie (Singole, Storie, Progetti a lungo termine e Formato aperto), sono state giudicate in base alla regione e non alla nazionalità del fotografo.

World Press Photo (13)

Che cos'è il World Press Photo: il racconto visivo di guerre e storie 

Il World Press Photo è il più prestigioso concorso di fotogiornalismo del mondo. Premia i migliori scatti dell’ultimo anno, valutando sia la storia raccontata, sia la loro forza visiva. Il concorso è organizzato dalla World Press Photo Foundation, fondazione senza scopo di lucro nata nel 1955 ad Amsterdam. Il concorso è suddiviso in diverse categorie e i premi sono assegnati da una giuria formata da professionisti indipendenti che cambiano ogni anno. Le foto vincitrici sono raccolte in una mostra itinerante che viaggia in molti paesi del mondo, oltre a essere pubblicate in un volume tradotto in più lingue.

Le foto e il concorso: ecco le foto vincitrici di World Press Photo 2023

La giuria ha esaminato 60.000 fotografie di 3752 fotografi provenienti da 127 paesi. Sono stati decretati 24 vincitori regionali per ciascuna delle quattro categorie previste dal concorso (‘Foto Singole’, ‘Storie’, ‘Progetti a lungo termine’ e ‘Open Format’) per ognuna delle sei regioni del mondo: Africa, Asia, Europa, Nord e Centro America, America del Sud, Sud Est asiatico e Oceania.
Tra i vincitori regionali, la giuria ha selezionato quattro vincitori globali: la foto dell’anno è "Mariupol Maternity Hospital Airstrike di Evgeniy Maloletka, Associated Press", la storia dell'anno "The Price of Peace in Afghanistan di Mads Nissen, Politiken/Panos Pictures", il progetto a lungo termine dell’anno è "Battered Waters di Anush Babajanyan, VII Photo/National Geographic Society" e l'open format dell’anno è "Here, The Doors Don’t Know Me di Mohamed Mahdy, Magnum Foundation". 

Stesso ingresso per due mostre: con lo stesso biglietto si visita anche la "Bologna Fotografata"

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